Estetica dovunque non è soltanto il titolo dell’ultimo libro di Gillo Dorfles, uscito nella collana “Tascabili saggistica” di Bompiani in una rinnovata riedizione dei suoi scritti. Con l’introduzione di Massimo Cacciari e due interventi, un inedito di Umberto Eco e un mio lungo dialogo con Gillo, focalizzato sulla sua ricerca, il volume, con la collaborazione dell’Associazione culturale Gillo Dorfles, costituisce il primo appuntamento di un lungo viaggio – attraverso una serie di pubblicazioni edite da Bompiani(*) – che è anche una sorta di “diffusa” autobiografia, tra la cronaca e la storia, tra l’Italia e il mondo, perché il suo campo d’azione era tutto ciò che accadeva sotto la dimensione estetica, intesa nel suo significato fondamentale: “esperire la dimensione estetica”. Ovvero, come definisce con chiarezza e lucidità teoretica Cacciari nell’introduzione, l’approccio del filosofo e critico d’arte è «un approccio alle arti non dal punto di vista di categorie generali, ma della “cosa” che è l’arte, del suo essere pragma: l’arte nella specificità del suo fare e nelle diversità tra le sue varie espressioni».
È stata questa apertura sul mondo che ha consentito a Dorfles di navigare a vista per quasi tutto il Novecento, dai primi scritti che datano 1930 fino al giorno della sua scomparsa, 2 marzo 2018, quando insieme stavamo organizzando la presentazione del suo ultimo libro, La mia America, a cura di Luigi Sansone, presentazione che comunque avvenne il 10 aprile dello stesso anno, negli spazi di una delle istituzioni più amate, la Triennale di Milano.
Estetica dovunque è una bussola di quasi ottocento pagine – credo insostituibile per orientare il nostro gusto, attraverso la possibilità di avere sottomano un indice analitico e una bibliografia –, originale e soprattutto internazionale, in grado di declinare il grande tema della dimensione estetica attraverso quattro saggi fondamentali, riuniti qui per la prima volta, ricerche che costituiscono un percorso unico: Artificio e natura (1968), tra i primi testi al mondo dedicati al tema della “sostenibilità”; Intervallo perduto (1980), che fa riferimento al fenomeno sempre più diffuso dell’assenza di uno spazio, fisico e concettuale, tra un’esperienza e un’altra; Elogio della disarmonia (1986), nel significato di andare al di là dell’ordine apparente che il mondo e il suo sistema simbolico ci presenta; infine Horror Pleni (2008), un’analisi che va alla profondità del nostro sistema di relazioni culturali e antropologiche che stanno minando la capacità di scegliere perché «tutto appare identico a se stesso».