ARCHITETTURA PER L’ARTE

IL BELLO DIFFUSO


ESTETICA DOVUNQUE
, VOLUME PUBBLICATO POCHI MESI FA DA BOMPIANI, CI DÀ LO SPUNTO PER PARLARE DEL SUO AUTORE, GILLO DORFLES, SCOMPARSO QUATTRO ANNI FA, MAESTRO NEL COGLIERE CON SPIRITO CRITICO IN OGNI FENOMENO E IN OGNI MOMENTO STORICO LE DIVERSE ESPERIENZE LEGATE AL MONDO DELL’ARTE.

Aldo Colonetti

Estetica dovunque non è soltanto il titolo dell’ultimo libro di Gillo Dorfles, uscito nella collana “Tascabili saggistica” di Bompiani in una rinnovata riedizione dei suoi scritti. Con l’introduzione di Massimo Cacciari e due interventi, un inedito di Umberto Eco e un mio lungo dialogo con Gillo, focalizzato sulla sua ricerca, il volume, con la collaborazione dell’Associazione culturale Gillo Dorfles, costituisce il primo appuntamento di un lungo viaggio – attraverso una serie di pubblicazioni edite da Bompiani(*) – che è anche una sorta di “diffusa” autobiografia, tra la cronaca e la storia, tra l’Italia e il mondo, perché il suo campo d’azione era tutto ciò che accadeva sotto la dimensione estetica, intesa nel suo significato fondamentale: “esperire la dimensione estetica”. Ovvero, come definisce con chiarezza e lucidità teoretica Cacciari nell’introduzione, l’approccio del filosofo e critico d’arte è «un approccio alle arti non dal punto di vista di categorie generali, ma della “cosa” che è l’arte, del suo essere pragma: l’arte nella specificità del suo fare e nelle diversità tra le sue varie espressioni».

 
È stata questa apertura sul mondo che ha consentito a Dorfles di navigare a vista per quasi tutto il Novecento, dai primi scritti che datano 1930 fino al giorno della sua scomparsa, 2 marzo 2018, quando insieme stavamo organizzando la presentazione del suo ultimo libro, La mia America, a cura di Luigi Sansone, presentazione che comunque avvenne il 10 aprile dello stesso anno, negli spazi di una delle istituzioni più amate, la Triennale di Milano.

 
Estetica dovunque è una bussola di quasi ottocento pagine – credo insostituibile per orientare il nostro gusto, attraverso la possibilità di avere sottomano un indice analitico e una bibliografia –, originale e soprattutto internazionale, in grado di declinare il grande tema della dimensione estetica attraverso quattro saggi fondamentali, riuniti qui per la prima volta, ricerche che costituiscono un percorso unico: Artificio e natura (1968), tra i primi testi al mondo dedicati al tema della “sostenibilità”; Intervallo perduto (1980), che fa riferimento al fenomeno sempre più diffuso dell’assenza di uno spazio, fisico e concettuale, tra un’esperienza e un’altra; Elogio della disarmonia (1986), nel significato di andare al di là dell’ordine apparente che il mondo e il suo sistema simbolico ci presenta; infine Horror Pleni (2008), un’analisi che va alla profondità del nostro sistema di relazioni culturali e antropologiche che stanno minando la capacità di scegliere perché «tutto appare identico a se stesso».

Dorfles è stato per molte generazioni di artisti, architetti, designer, stilisti, filosofi e critici un maestro nel cogliere in qualsiasi fenomeno che accadeva “empiricamente”, la “parte” all’interno di un “tutto”, o meglio di un sistema aperto, certamente capace di modificarsi, ma che per quel determinato momento storico rappresentava l’unica via di uscita per dare un significato più profondo alle nostre esperienze estetiche e simboliche.


ESTETICA DOVUNQUE È UNA BUSSOLA PER ORIENTARE IL NOSTRO GUSTO

 
Due passaggi brevi ma intensi per comprendere il suo modo di lavorare: innanzitutto il ruolo del sentimento e delle emozioni rispetto al quale, citando il fondatore dell’estetica moderna, Alexander Gottlieb Baumgarten, scriveva che «sarà sempre la “cognitio sensitiva”, ovvero quella emozionale, accanto a quella razionale a farci conoscere il mondo, mettendo al centro lo studio dei sentimenti che sono spesso alla base della creatività artistica». Un debito costante col suo Carl Gustav Jung.


Gillo Dorfles nel 2015 mentre firma il catalogo dell’artista Donato di Zio.


Ma è anche fondamentale, in secondo luogo, il suo modello interpretativo, messo in atto nel famoso saggio dedicato al kitsch, Antologia del cattivo gusto (1968); nel 2012, in occasione di una mostra, Kitsch: oggi il kitsch, da lui curata e ospitata alla Triennale di Milano, scrive che «bisogna affermare che oggi il kitsch, nel suo significato più ampio, fa parte di tutti i livelli socioeconomici, perché ha saputo entrare in sintonia, attraverso un’empatia simbolica e culturale, con tutta la società. L’arte in generale ha saputo o voluto servirsi di un elemento di cattivo gusto, proprio per parlare a un numero più ampio di spettatori».
 
Ecco il Gillo “chirurgo” che guarda, osserva, registra, come un grande fenomenologo, essendo comunque consapevole di essere, lui stesso, all’interno del proprio tempo. Non è possibile separarsi dal proprio tempo; bisogna saperlo leggere in tutti suoi anfratti perché «l’estetica è dovunque».

Gillo Dorfles al centro tra Giancarlo Iliprandi, a sinistra, e Gianluigi Colin, a destra, alla Fondazione Marconi di Milano (Gianluigi Colin. Mitografie, aprile-maggio 2012).

ART E DOSSIER N. 405
ART E DOSSIER N. 405
GENNAIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Accendere la speranza di Sergio Rossi; BLOW UP: Klein e De Martiis di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Ri-Materializzazione del linguaggio a Bolzano - Parola di donna di Marcella Vanzo; 2 - Ernst a Milano - Gli allegri mostri di Lauretta Colonnelli; ....