L’incontro con il francese Joséphin Péladan (1858-1918) fu determinante. Scrittore, occultista, esteta e fondatore nel 1888 dell’Ordre kabbalistique de la Rose-Croix insieme allo studioso di occultismo Stanislas de Guaita (1861-1897), da quest’ultimo si separerà nel 1891 per dare alla nuova formazione un’impronta più tradizionalmente cattolica, fondando l’Ordre de la Rose-Croix catholique du Temple et du Graal. In veste di curatore e talent scout ante litteram, Péladan darà vita ai “gestes esthétiques”, eventi diremmo oggi multimediali, dove erano coinvolti musicisti, poeti, pittori e scultori, in un’ottica di “Gesamtkunstwerk” wagneriana volta a celebrare l’arte idealista, mistica dunque, contro il materialismo imperante dell’epoca. Al centro delle teorie estetiche di Péladan si trova l’artista, il nuovo profeta, in grado di sconfiggere la decadenza del periodo, privo di spiritualismo. Khnopff diventa dunque il secondo illustratore del Péladan romanziere, dopo Félicien Rops (illustra Le vice suprême, Istar, Femmes honnêtes, La Pantée) e uno dei principali intermediari con il Belgio, insieme a Delville. Un altro contatto è incarnato dal già citato Gustave Moreau, che Khnopff non conobbe personalmente. È alla sua pittura che bisogna risalire per comprendere il secondo lavoro importante dell’artista belga, Da Flaubert. La tentazione di sant’Antonio (1883), ispirato al romanzo dello scrittore francese del 1874. Esposto alla prima mostra dei XX nel 1884 col titolo Con Flaubert: la tentazione di sant’Antonio, è forse la prima opera “simbolista” di Khnopff che, se parte da Moreau, se ne distingue per una forte sintesi e una riduzione di toni – la regina di Saba non è completamente riconoscibile, è la sua testa di idolo orientale a emergere come presenza estraniante e conturbante. Sant’Antonio è invece rappresentato come il Battista: Khnopff iniziava a giocare con l’ibridazione di temi, anche incrociando la regina di Saba con Salomè e Giuditta.
In Il vizio supremo (1885), l’ibridazione di simboli, la sovrapposizione di motivi provenienti da varie culture si fa più marcata. La sfinge, con il corpo da puma, ha il capo coperto da una tiara a simboleggiare la Chiesa ed è preceduta da una scura icona della Vergine; entrambe si collocano sulla sommità, l’una su una roccia, l’altra su un pilastro o alto piedistallo. Quest’ultima raffigura l’eroina del romanzo, Leonora d’Este, come novella “Venus pudica” e piccolo idolo dal nimbo spropositato al tempo stesso; sulle sue gambe poggiano le tavolette di Sodoma e Gomorra, mentre sul pilastro, quasi obelisco egizio, appare un piccolo angelo dal volto di teschio alla Rops. Un altro angelo, dal nimbo dorato e dal corpo azzurro, spunta timidamente in basso a sinistra, accanto a una scritta esoterica, forse cabalistica – «caldo» –, riferimento alla teoria dei temperamenti in voga nei circoli esoterici brussellesi.