Un primo esempio è la Giovane donna assopita, conservato al Metropolitan Museum of Art di New York, un olio su tela firmato a sinistra in alto «I V Meer», uno dei ventuno dipinti certi del pittore, venduto all’asta del 1696, con il numero 8, per il prezzo di 62 fiorini. L’elenco dei quadri di questa vendita rappresenta il corpus più antico noto del pittore, cui si sono aggiunte poche altre opere, ricordate da memorie e documenti. La documentazione sei-settecentesca è molto importante nel caso di Vermeer, considerato il gran numero di falsi circolanti tra Otto e Novecento. La prospettiva ancora un po’ incerta e alcuni pentimenti portano a suggerire per l’opera una data intorno al 1656, vicino a La mezzana della Gemäldegalerie di Dresda, firmata e datata «I V Meer. 1656».
Il genere è quello delle opere successive adottato da alcuni pittori contemporanei olandesi come Nicolaes Maes, autore di La serva pigra della National Gallery di Londra del 1655, un dipinto in cui compare una figura molto simile, ribaltata.
Nel 1653 Vermeer è «maestro pittore». Per diventarlo, secondo gli ordinamenti della gilda dei pittori e dei ceramisti del 1615 e del 1654, ci volevano sei anni, o poco meno nel caso di eccezionale bravura. Quindi Vermeer avrebbe dovuto essere apprendista verso il 1647-1649, tra i quindici e i diciassette anni. Non avrebbe avuto certo il tempo di andare a copiare una Santa Prassede in Italia. Inoltre i genitori ultraquarantenni si erano impegnati, alla nascita del figlio, a fargli frequentare una scuola che lo preparasse a un «mestiere adeguato». È logico pensare che Vermeer abbia affrontato lo studio della pittura nella stessa Delft, dove il padre, iscritto alla gilda cittadina, aveva un buon commercio di quadri.
Il primo maestro può essere stato proprio il padre, ottimo disegnatore di tessuti. Basta guardare la Giovane donna assopita o la Ragazza che legge una lettera davanti alla finestra, oggi nella Gemäldegalerie di Dresda, per capire che la consistenza e lo scintillio di stoffe e tappeti nascevano da una lunga abitudine a osservare i tessuti. Reynier era poi in contatto con vari pittori come Leonard Bramer, Willem van Aelst, che il ragazzo ha certamente conosciuto.
Un vero e proprio maestro di pittura però Vermeer deve averlo avuto. Spunta un nome interessante dalle ricerche di Montias: Gerard ter Borch (Zwolle 1617 - Deventer 1681), il pittore più noto e apprezzato di scene di genere e di interni nell’alta società. Due giorni dopo il suo matrimonio, il 22 aprile 1653, Vermeer e Ter Borch si trovano insieme a Delft a firmare un atto di fideiussione presso il notaio Willem de Langue. La presenza di Ter Borch a Delft, sino allora non nota, e in compagnia di Vermeer, potrebbe essere la spia di un rapporto precedente. Il trentaseienne Ter Borch, indicato dal notaio come «Monsieur Gerrit ter Borch», al culmine della sua carriera, dipingeva interni borghesi come quelli che a metà anni Cinquanta dipinge Vermeer: sottili rese psicologiche e stessi temi (lettere e incontri d’amore, lezioni di musica, scene di cucina, ritratti).
Quindici anni maggiore di Jan, Ter Borch, uomo di notevole cultura artistica, dopo gli studi ad Amsterdam, Haarlem, Utrecht e viaggi in Europa, nel 1644 era tornato in patria, stabilendosi nel 1648 ad Amsterdam, nel 1652-1653 all’Aja - distante solo qualche ora di viaggio da Delft - dove è presente nell’aprile 1653 e dove forse rimane sino a quando si trasferisce nel 1654 a Deventer. È possibile dunque che il pittore abbia avuto nel suo atelier, all’Aja o a Delft, Vermeer.
Insieme a Ter Borch altri artisti hanno avuto una notevole influenza sugli inizi di Vermeer, come Carel Fabritius, brillante discepolo di Rembrandt, documentato a Delft nel 1650, ma presente forse prima. O come gli specialisti di architetture dipinte Gerard Houckgeest e Emanuel de Witte, attivi in città. Certamente molti scambi sono avvenuti con Pieter de Hooch, a Delft nel 1652 e iscritto nella gilda dei pittori nel 1655. E con altri pittori dello stesso genere come Jan Steen, autore di episodi di vita quotidiana ambientati in esterni cittadini limpidi e luminosi. O come il ricordato Nicolaes Maes, in quegli anni Cinquanta del Seicento in contatto con Vermeer nella stessa Delft.
Ma Jan guarda anche fuori città, in altre parti del paese, a Leida e ad Amsterdam dove si distinguevano per raffinatezza e alta committenza Gabriel Metsu, autore di scene dai preziosi giochi di luce, a volte ispirati a opere dello stesso Vermeer, e Gerrit Dou, allievo di Rembrandt, bravissimo anche lui nel realizzare interni borghesi.
Insomma Delft e dintorni tra il 1650 e il 1660 avevano tutto ciò che a un artista olandese del genere di Vermeer poteva interessare. Per spiegare la sua grande arte e i suoi inizi non è dunque necessario ricorrere né alla pittura di storia né all’Italia, ma basta guardare in quel piccolo pezzo di Olanda e agli specialisti della pittura di interni.
Delft e dintorni tra il 1650 e il 1660 avevano tutto ciò che a un artista olandese del genere di Vermeer poteva interessare