GLI ULTIMI ANNI

Nell’ultima parte della sua vita e della sua carriera Lautrec si trova a dover combattere con un problema molto serio: il vizio del bere.

Una cattiva abitudine di cui probabilmente non c’è molto da stupirsi data la vita condotta dall’artista, che tutte le sere frequentava i locali di Montmartre dove l’alcol scorreva a fiumi e astenersene era praticamente impossibile.


Tra le bevande più consumate, anche il micidiale assenzio, un liquore per il suo colore detto anche la “fata verde”, che era tossico per l’organismo e creava dipendenza come una droga, tanto che poi se ne vietò l’uso. Gli alcolizzati della Butte, di cui Lautrec aveva più volte ritratto i volti inebetiti, ne conoscevano bene gli effetti devastanti ma anche lo stordimento consolatorio che ne poteva derivare. Un felice ottundimento che rendeva il consumo della deleteria bevanda per così dire “trasversale”, la sua diffusione molto vasta nella Francia di fine Ottocento e la sua popolarità molto grande anche fra gli artisti. Oltre a Lautrec, bevitori accaniti di assenzio furono per esempio Daumier, Van Gogh, Gauguin, Modigliani e anche molti scrittori, primo fra tutti Baudelaire che anzi riteneva questo e altri allucinogeni utili alla sua fantasia creativa.


Esame alla Facoltà di medicina (1901); Albi, Musée Toulouse-Lautrec.

Jane Avril (1899).


Madame Cocyte in “La Belle Hélène” (1900); Albi, Musée Toulouse-Lautrec.


Zamboula-Polka (1900-1901).

Alla fine del 1897, Lautrec è già dipendente dall’alcol in modo irreversibile. Il suo carattere peggiora di giorno in giorno, diventa irascibile, sospettoso e tirannico. Scoppi di collera si alternano a risate isteriche e a momenti di completa ebetudine durante i quali resta quasi incosciente. Oltre a ciò, comincia a soffrire di allucinazioni e fantasie paranoidi. Il ronzio delle mosche lo esaspera, dorme col bastone da passeggio sul letto, pronto a difendersi da possibili aggressori, una volta spara con un fucile a un ragno sul muro. È sempre più confuso, parla a fatica, scivola senza scampo nel delirium tremens. In tutto questo, l’assunzione di alcol è sempre massiccia, anzi in aumento. Come se non bastasse, forse fa anche uso di oppio. La situazione precipita, sopravvengono ripetute crisi di etilismo, finché, nel marzo del 1899, è costretto al ricovero nella clinica per malattie mentali del dottor Semelaigne a Neuilly, subito fuori Parigi. Incredibilmente, la stampa si getta sulla notizia scatenando contro questo artista ormai noto e inviso ai benpensanti una feroce campagna denigratoria. In clinica tuttavia, una volta smesso di bere, Lautrec sembra ristabilirsi rapidamente. Per convincere i medici della propria sanità mentale e del buon funzionamento della sua memoria, disegna a mente una serie di pastelli sul circo, con i quali dimostra di ricordare alla perfezione numeri e personaggi di cui è stato spettatore più di dieci anni prima al Nouveau Cirque, al circo Fernando o al Medrano, per non ricordare che i circhi più famosi: «Ho comprato la mia libertà con i miei disegni», ama ripetere quando viene dimesso dopo solo tre mesi di cura.

Il clown, il cavallo e la scimmia cavallerizza, dalla serie Il circo (1899); Chicago, Art Institute.


Cha-U-Kao cavallerizza, dalla serie Il circo (1899); Cambridge (Massachusetts), Harvard University.


Al circo. Il pagliaccio ammaestratore Footit, dalla serie Il circo (1899); Copenaghen, Statens Museum for Kunst.

La rivisitazione del tema del circo, già affrontato nei suoi primi anni a Montmartre in tele come Al circo Fernando: cavallerizza, del 1888, fa il paio col riapparire degli animali nelle opere tarde di Lautrec. Questi erano stati uno dei soggetti preferiti della sua prima giovinezza. Al tempo della scuola, i disegni di animali riempivano i margini dei suoi quaderni o dei suoi libri di testo. Poi gli animali erano entrati a far parte delle sue prime prove d’artista, soprattutto i cavalli. Ed è appunto questo animale da lui molto amato a tornare prepotentemente nelle ultime opere, come nella splendida litografia acquerellata Il fantino, del 1899. Ma a testimoniare l’amore di Lautrec per le bestie anche nell’ultima parte della sua vita non c’è soltanto la sua arte, ma pure episodi di vita vissuta. Nel 1898, per esempio, pare che l’artista si fosse molto affezionato a un pony di un maneggio in rue Fontaine che spesso lo portava in giro in calesse. Da Philibert, questo il nome del cavallo, Lautrec sembra si recasse per molti mesi ogni mattina portandogli sempre uno zuccherino. Paméla era invece la sua cagnetta bastarda che lo seguiva ovunque, compresi i bar dove l’artista si ubriacava regolarmente. Un’altra sua passione erano poi i cormorani, con i quali amava pescare e nuotare quando era al mare a Taussat, sull’Atlantico, verso Bordeaux, e anzi pare che ne avesse perfino ammaestrato uno con cui se ne andava sempre in giro.


Nel 1899 esce un’edizione delle Storie naturali di Jules Renard illustrata da Lautrec con ventidue disegni di animali. Per studiare da vicino alcuni esemplari, l’artista si era recato spesso al Jardin d’Acclimatation del Bois de Boulogne, oppure al Jardin des Plantes. Là sedeva davanti alle gabbie e disegnava. Gli piacevano soprattutto i pellicani, i gabbiani, i pinguini, i cormorani e i pappagalli («Caracollano come me. Sono stupendi eh?», diceva ridendo) ed era incuriosito da scimmie e lama. Dei suoi animali preferiti chiedeva sempre notizie ai guardiani ogni volta che tornava a vederli. Proprio in quel periodo, inoltre, si era fatto anche spedire un rospo, poi scappato via, che teneva in casa prodigandogli cure e attenzioni.


Il fantino (1899).

Le litografie per le Storie naturali vanno ad accrescere la scarsa produzione di Lautrec nei suoi ultimi anni. «Mi è impossibile fare il minimo sforzo. La mia pittura ne soffre [...] inoltre non ho idee», scrive l’artista alla madre all’inizio del 1898. Quasi sempre ubriaco, Lautrec lavora poco. Tra i suoi ultimi lavori, qualche altra opera litografica degna di nota, come il secondo album su Yvette Guilbert, del 1898, la citata litografia acquerellata Il fantino (1899) e manifesti come la nuova affiche per Jane Avril (ancora del 1899) o La Gitane (1900); ma anche un capolavoro come la tela Una saletta privata al Rat Mort, pure questo del 1899, vari ritratti degli amici più frequentati in quest’ultimo periodo, tra cui Paul Viaud, che nel periodo finale della sua vita sarà il suo “angelo custode”, e ancora qualche altro ritratto di prostituta come Madame Poupoule alla toeletta (1898), o un estremo omaggio al mondo dello spettacolo di varietà e a quello del teatro in opere come il ritratto L’inglese dello Star a Le Havre (1899) o come le tele su Messalina (1900-1901). Il suo ultimo dipinto è Esame alla Facoltà di medicina, del 1901, che esaspera i tipici colori sordi e cupi e gli impasti pesanti dell’ultimissima produzione.


Lautrec muore nel settembre del 1901.


La dimissione dalla clinica di Neuilly, nel maggio 1899, è in realtà l’inizio della fine. Appena fuori, l’artista passa un periodo di convalescenza prima ad Albi, poi a Le Crotoy, Le Havre e Bordeaux, la città d’origine di Paul Viaud, un ex ammiraglio che sua madre gli mette accanto per evitargli ricadute nell’antico vizio. Dopo un ulteriore soggiorno a Taussat, i due rientrano a Parigi dove Lautrec però riprende a bere eludendo la sorveglianza dell’amico. Nel 1900, dopo una nuova vacanza a Taussat, in autunno Lautrec si stabilisce con Viaud a Bordeaux e qui, nel marzo 1901, ha un ictus che gli lascia le gambe paralizzate. Torna quindi a Parigi per tre mesi, mette ordine nelle sue cose e fa testamento. Il 15 luglio va ancora a Taussat con Viaud ma un mese dopo ha un attacco apoplettico. Il 20 agosto la madre lo porta al castello di Malromé dove l’artista muore la notte del 9 settembre.

Madame Poupoule alla toilette (1898); Albi, Musée Toulouse-Lautrec.


L’inglese dello Star a Le Havre (1899); Albi, Musée Toulouse-Lautrec.


Messalina in trono (1900-1901); Princeton, University Art Museum.

TOULOUSE-LAUTREC
TOULOUSE-LAUTREC
Enrica Crispino
Un dossier dedicato a Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901). In sommario: Da aristocratico ad artista bohémien; I manifesti del successo; Un autore scandaloso; Gli ultimi anni. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utile quadro cronologico e di una ricca bibliografia.