Un aUtore scanDaLoso

Spicca nella produzione di Lautrec un corpus di opere che non si limitano a praticare la trasgressione di un linguaggio innovativo che non scende a patti coi gusti convenzionali del pubblico borghese ma sommano a un tale linguaggio una spregiudicatezza di contenuti che all’epoca suscitò non solo scandalo ma una vera e propria riprovazione verso quel tipo di proposta.

Èil caso dei dipinti e delle litografie sulla vita nei bordelli parigini. In queste opere, Lautrec raggiunge il massimo dell’anticonformismo, pagandone però lo scotto con un clamoroso fiasco di critica e di pubblico (forse accolto da parte sua, paradossalmente, con una punta di autocompiacimento). Prima di approdare a questi esiti estremi, una tappa decisiva del “viaggio” di Lautrec verso la trasgressione è rappresentata dal suo trapianto a Montmartre e dalla sua integrazione con l’ambiente della Butte. Qui il giovane Henri trova finalmente il vero se stesso, sentendosi a suo agio in quel quartiere di artisti, di locali equivoci e di emarginati. Da un lato, Montmartre lo fa sentire diverso tra i diversi distraendolo dal suo handicap, dall’altro il mondo della Butte tira fuori la sua voglia di distinguersi dai compassati personaggi del suo ambiente di provenienza e dai borghesi benpensanti.


L’aria della Butte libera la mente e l’arte di Lautrec che qui comincia a interessarsi agli umili, ai perdenti, agli sconfitti, agli “sbandati” che consumano la loro vita tra bettole e balere. In gran parte sono ritratti di donne, creature distrutte dall’alcol e dalla vita grama, che siedono col volto sciupato e lo sguardo vuoto davanti a un bicchiere di assenzio. Sono opere che in apparenza sembrano riproporre una pittura sociale alla Millet, invece è ancora una volta l’anticonformismo di Lautrec a fargli prendere in considerazione soggetti che la pittura accademica e un pubblico “di classe” disdegnavano.

Le sue rappresentazioni di un mondo di miserabili non vogliono infatti essere opere di denuncia: né morale, come invece accadeva per molti lavori del contemporaneo Van Gogh, né sociale; e tantomeno vogliono collegarsi a rivendicazioni politiche di segno socialista, o più semplicemente essere opere “populiste” o “popolari”, come per esempio quelle di Jean-François Raffaëlli, che difendeva anche sul piano teorico un’arte di impegno sociale.


Lautrec non è insomma un artista “engagé”, non è impegnato nella lotta politica e sociale. Una conferma indiretta viene anche dal suo silenzio in merito all’“affare Dreyfus”, il clamoroso caso giudiziario che negli ultimi anni dell’Ottocento divise in due la Francia, opponendo la sinistra socialista e radicale alla destra nazionalista, con la discesa in campo di molti e prestigiosi protagonisti della politica e della cultura, tra cui Zola che lanciò il suo celebre “J’accuse” in difesa dell’ufficiale di origine ebraica. In realtà, la protesta di Lautrec è di natura esclusivamente individuale e il suo atteggiamento conserva quel tanto di aristocratico disprezzo che contraddistingue lo snob, o ancora meglio il dandy (a uno dei più celebri rappresentanti della categoria, Oscar Wilde, non a caso l’artista francese dedicherà un ritratto), un personaggio che paradossalmente è una tipica espressione di quello stesso mondo da cui Lautrec vuole marcare il suo distacco.


A Grenelle, l’attesa (1887); Williamstown (Massachusetts), Sterling and Francine Clark Art Institute.

Dopo una sbornia (1887-1888 circa); Cambridge (Massachusetts), Fogg Art Museum.


il divano (1893); San Paolo, Museu de Arte.

Per Lautrec, è soprattutto una questione di temperamento, di uno stile di vita e un modo di essere originale ed esclusivo. Tanto è vero che le sue scelte sono solitarie ed elitarie, non maturando in seno a un gruppo e meno che mai all’interno di un movimento artistico. Né egli intende fondarne uno o avere dei discepoli. Da parte sua non ci sono proclami o manifesti programmatici: la sua è un’arte che non ha rilevanza ideologica e tantomeno politica.


Il bacio (1892).


Il letto (1892 circa); Parigi, Musée d’Orsay

Ma la vera pietra dello scandalo nell’arte di Lautrec furono, per i suoi contemporanei, le già citate opere ambientate nelle case chiuse (Lautrec fu assiduo delle case di tolleranza dove abitò perfino qualche tempo), una quarantina di dipinti eseguiti nella prima metà degli anni Novanta, a partire dal 1893, e un album di litografie (Elles) realizzato nel 1896. A scatenare contro l’artista la maggior parte di critica e pubblico non fu tanto il tema scelto ma il modo in cui questo veniva affrontato. La prostituzione e la prostituta erano infatti soggetti ben noti e collaudati del realismo ottocentesco, e negli ultimi anni del XIX secolo il bordello era diventato uno dei luoghi più frequentati della narrativa, da Marthe, storia di una prostituta di Huysmans a La prostituta Elisa di Goncourt, a Nana di Zola, La maison Tellier di Maupassant, Chair molle di Paul Adam. Quello che urtò i contemporanei di Lautrec e che fece gridare allo scandalo fu in sostanza il suo approccio disincantato all’argomento e scevro da qualunque giudizio morale, la presentazione di una realtà per come effettivamente era, senza abbellimenti e senza compiacimenti di sorta.


Le due amiche (1895).

Le due amiche (1894-1895); Zurigo, collezione Bührle.


A letto. Il bacio (1892), Parigi, Musée d’Orsay. Nell’ambito di una serie di opere dedicate alla vita nei bordelli parigini, Lautrec viene alle prese con un materiale particolarmente scottante: i rapporti “particolari” che legavano molte ragazze delle “case”. Il soggetto è trattato in modo inequivocabile attirandosi lo sdegno dei benpensanti che bollano l’artista come depravato.

In un certo qual modo, si ripeteva adesso per Lautrec quello che era accaduto a Manet quando nei primi anni Sessanta dell’Ottocento aveva esposto il Déjeuner sur l’herbe e l’Olympia (quest’ultima accolta al Louvre solo nel 1890), dipinti che attualizzavano e demitizzavano in modo troppo crudo i nudi presentati, destando inquietudine e turbamento profondi seguiti, com’era prevedibile, da un netto rifiuto. Allo stesso modo, le prostitute di Lautrec appaiono improponibili al pubblico dei contemporanei. Tanto più che opere come Le due amiche, Il letto, Il bacio e altre ancora affrontano il tema particolarmente scottante dei rapporti lesbici, una realtà piuttosto frequente nei bordelli, dove le ragazze vivevano solitamente due a due in una stessa camera, tendendo a stabilire legami affettivi più con le loro compagne di reclusione che non con i clienti.


Nel realizzare queste opere sul mondo della prostituzione, Lautrec risente essenzialmente dell’influenza di due fonti da cui è peraltro ispirato, quando più quando meno, nell’intera sua produzione: da una parte Degas, dall’altra le stampe giapponesi. Col primo il rapporto è palese, visto che l’argomento trattato non può non rimandare ai nudi a pastello che Degas aveva esposto a Parigi nel 1886, all’ultima mostra degli impressionisti, una serie presentata come «nudi di donne che fanno il bagno, che si lavano, che si asciugano, si pettinano o si fanno pettinare». Ma se i pastelli del maestro impressionista conservano una notevole carica erotica, pur senza compiacimenti prettamente voyeuristici, le opere di Lautrec di erotico non hanno assolutamente niente ed è appunto questo, come si è visto, il motivo alla base del loro insuccesso e, paradossalmente, anche della loro condanna.

Nonostante i soggetti scabrosi, infatti, Lautrec non concede nulla alla pornografia, rinunciando a immagini volgarmente esplicite che potevano tranquillamente contare su un pubblico di “amatori”. Né, d’altra parte, indulge all’accademismo, evitando raffigurazioni di maniera come quelle di cui abbondava la pittura tradizionale dove per esempio si alludeva alla realtà della prostituzione e delle case di piacere con la complicità di ambientazioni esotiche o di altri camuffamenti tematici ed “estetici”. In simili dipinti il nudo non appariva mai volgare ma si mostravano corpi dalla sensualità raffinata ed elegante, che spesso fanno pensare a nudi “patinati” ante litteram.


Il senso profondo delle osteggiate immagini di Lautrec è invece colto con grande sensibilità da un altro grande artista, Renoir, che a proposito delle stampe di Elles afferma: «Sono spesso pornografiche, ma sempre disperatamente tristi». È appunto la tristezza, insieme allo squallore, il sentimento che prevale in queste opere. Nei dipinti, e soprattutto nelle litografie di Elles, la vita quotidiana delle prostitute è illustrata mettendo in luce gli aspetti ordinari di un’esistenza fatta di giornate che si trascinano nella noia e nella banalità di una routine abbrutente. E non ci sono corpi sensuali o provocanti a solleticare il morboso interesse dello spettatore, bensì corpi stanchi che rivelano i propri difetti, pose sciatte, sguardi vuoti. Non stupisce che davanti a queste scene che mettevano il pubblico di fronte alla propria cattiva coscienza, la reazione dominante sia stata di irritazione e di rigetto. Nel 1896 Elles si rivelò un assoluto fiasco editoriale e quando, quello stesso anno, Maurice Joyant organizzò nella galleria aperta con Michel Manzi un’importante mostra delle opere dell’amico Lautrec, esponendo anche i quadri ambientati nelle case di tolleranza, un coro di proteste e di critiche negative si alzò contro l’artista, bollandolo come depravato. Solo alcuni critici furono pronti a difenderlo, tra questi Clemenceau, Arsène Alexandre, Francis Jourdain, Thadée Natanson, Gustave Geffroy e Octave Mirbeau che, acutamente, scrisse: «La preoccupazione per la verità la fa qui da padrona, più forte di tutte le curiosità e tutte le intenzioni di quelli che guardano. Senza fantasmagoria e senza incubi, con la sola proscrizione della menzogna e la volontà di dire le cose come stanno, Lautrec ha creato opere terrificanti, proiettato la più crudele delle luci su uno degli inferni di miseria e di vizio che sono al riparo dietro la nostra facciata di civilizzazione. Mai la povera furberia, la stupidità passiva, l’incoscienza animale e anche, cosa ancora più triste, la possibilità per tante e tante donne dal volto ingenuo di una vita felice e regolare, semplice, mai tutto ciò era stato espresso con una chiarezza simile, con una tranquillità così aspra».


Donna che si pettina (L’acconciatura), dall’album Elles; (1896).

Donna a letto (Il risveglio), dall’album Elles (1896).

Quanto alle stampe giapponesi, l’altra fonte di Lautrec, in particolare per le litografie di Elles, artisti come Utamaro, Hokkei, Harunobu avevano eseguito splendide serie ambientate nelle “case da tè”, ovvero i bordelli di quelle terre lontane. Utamaro, in particolare, in Le dodici ore delle Case verdi, racconta i vari momenti della giornata di una geisha ed è significativo che proprio su questo artista fosse uscito nel 1891 un volume di Edmond de Goncourt (Outamaro, le peintre des Maisons vertes) e che nel 1894, due anni prima della pubblicazione di Elles, il gallerista Durand-Ruel avesse organizzato una mostra delle sue opere. A proposito di Goncourt, è anzi sorprendente vedere come molti degli atteggiamenti e dei gesti che lo scrittore descrive parlando dei personaggi di Utamaro possano attribuirsi anche alle prostitute ritratte da Lautrec. Scrive per esempio Goncourt riferendosi a una delle ospiti delle “case da tè”: «L’appoggiarsi della testa sul dorso della mano, quando ella riflette,[...] le palme delle mani appoggiate sulle cosce, quando ella ascolta [...] la vedete mentre fa toilette tenendo in mano, davanti a sé, il suo piccolo specchio di metallo».

A questo proposito, sono però ancora più impressionanti, per la loro straordinaria aderenza alle immagini di Elles, le osservazioni di Baudelaire nel saggio Il pittore della vita moderna (1863) dove a proposito delle prostitute si legge: «Appaiono prostrate in atteggiamento di noia disperata, in un’indolenza da sala da attesa, di un cinismo mascolino, fumando qualche sigaretta per ingannare il tempo, con la rassegnazione del fatalismo orientale [...] La sensazione generale che emana da tutto quel cafarnao contiene più tristezza che allegria». Anche per Baudelaire, come per Renoir, è dunque la tristezza il dato che emerge dallo spettacolo di queste infelici creature.


Donna in corsetto (Conquista di passaggio), dall’album Elles (1896).


Nel 1896 Lautrec, che tra l’altro conosce bene l’ambiente delle case chiuse per averle frequentate assiduamente e averci addirittura vissuto per qualche tempo, pubblica un album di litografie sulla vita quotidiana delle prostitute, senza nulla concedere a un facile voyeurismo né a rappresentazioni di maniera. Forse proprio per questo Elles (“Loro”) così si intitola l’opera - si rivelerà un assoluto fiasco editoriale.

TOULOUSE-LAUTREC
TOULOUSE-LAUTREC
Enrica Crispino
Un dossier dedicato a Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901). In sommario: Da aristocratico ad artista bohémien; I manifesti del successo; Un autore scandaloso; Gli ultimi anni. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utile quadro cronologico e di una ricca bibliografia.