Il gusto dell'arte 

Un tempo, solo per l’élite

Ludovica Sebregondi

Alla ricerca di preparazioni alimentari e prodotti che trovano nell’arte puntuali riferimenti, al di là di epoche, luoghi e tradizioni: la cioccolata

Cioccolato o cioccolata? In italiano i due termini si dividono le diverse regioni, sebbene ovunque la versione femminile indichi quella sorbita sotto forma di bevanda. Difformità sul nome a parte, unanime è l’apprezzamento che ha riscosso e riscuote questo straordinario prodotto originato dai semi dei frutti dell’albero di cacao. La pianta - insieme a molte specie che hanno poi arricchito abitudini alimentari, gastronomia ed economia europea - è stata fatta conoscere al di qua dell’oceano intorno al 1528 da Hernán Cortés, che riferì della pozione altamente corroborante e medicinale che ne ricavavano i popoli del Centro America, presso i quali veniva chiamata “xocoatl”, parola poi transitata nello spagnolo “chocolate”. L’uso era limitato alle “élites”: sovrani, nobili, guerrieri. 

In Europa, dove l’originario sapore amaro venne corretto con l’aggiunta di dolcificanti e aromi, il prodotto ebbe uno straordinario successo: lo testimonia anche Natura morta con vasellame e scatola di “chioccolata fina”, attribuita a uno specialista del genere, il modenese Agostino Stringa (1641-1699). L’autore, a lungo anonimo, fu definito «Maestro della chioccolata fina» proprio per l’inconsueta cassetta dalla scritta in evidenza. La scatola di legno chiaro attira immediatamente l’attenzione, appoggiata direttamente sul terreno e stagliata su un paesaggio indistinto e sul cielo plumbeo. Accanto sono disposti, raggruppati per tipologia, frutti e ortaggi autunnali - melagrane, pannocchie, pere forse cotogne, mele cotogne e di altre varietà, cipolle e agli - e da un piatto di peltro si innalzano bottiglie di vetro scuro. Un orciolo in ceramica marezzato quasi si confonde con lo sfondo, mentre sul coperchio della cassetta un piatto di peltro, su cui sono ammucchiate delle noci, condivide lo spazio con un grande pane biondo e bitorzoluto tipicamente emiliano, che mostra l’impasto chiaro. 

Un abbinamento semplice, pane e noci, che fa parte di una tradizione millenaria, a cui si contrappone la scatola con la dicitura a caratteri capitali, postillata da un elegante svolazzo: cibi “rustici” si accompagnano alla raffinata rarità esotica, la cui presenza non stupisce in un pittore apprezzato anche alla corte estense per la materia pittorica preziosa e l’alternarsi sapiente di luci e ombre. 

Un ambiente di estetismo ricercato, privo di indulgenza per il quotidiano campagnolo, è invece quello della nobile famiglia fiorentina dei Martelli, i cui membri si sono fatti ritrarre nel 1777 dal lucchese Giovan Battista Benigni (1736-1800) nel salone di Cerere del loro palazzo. Secondo il criterio della quadreria, attento all’estetica e alla simmetria senza criteri cronologici o di scuola, sul parato verde-azzurro si alternano ritratti e dipinti di storia, scene sacre e paesaggi. Una delle opere scultoree più significative della straordinaria collezione, il San Giovannino attribuito a Donatello oggi al Bargello, è oggetto di studio da parte di due conoscitori. 

Tre uomini e due donne, tutti della casata, attendono di sorbire la cioccolata che il servitore in livrea regge su un vassoio dove è già distribuita in cinque chicchere, le piccole tazze di porcellana usate anche per il caffè. 

Un parente seduto a destra (di ciascuno degli effigiati è nota l’identità) sta già sorseggiando la sua bevanda ristoratrice, che non sappiamo se venisse offerta anche ai bambini, perché le due figure infantili sono state aggiunte nel 1783. 

In questa “conversation piece”, studiatissima in tutti i dettagli per fermare un “gruppo di famiglia in un interno”, viene messa in scena una sofisticata convivialità, all’insegna della bevanda ancora limitata alle classi sociali più elevate. Ma il suo successo era inarrestabile, e già durante il pellegrinaggio sacro a Roma in occasione del Giubileo del 1750, i membri della confraternita fiorentina delle Stimmate di San Francesco si fermarono nelle città incontrate sul percorso intrattenendosi con «copiosi rinfreschi» a base di cioccolata in un alternarsi di sacro e profano, contrizione e piacere.


Giovan Battista Benigni, La famiglia Martelli (1777 e 1783), particolare, Firenze, Musei del Bargello, Museo di Casa Martelli.


Agostino Stringa (attribuito), Natura morta con vasellame e scatola di “chioccolata fina” (fine del XVII secolo), Modena, Museo civico.

ART E DOSSIER N. 404
ART E DOSSIER N. 404
DICEMBRE 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: Crivelli, una rivelazione di Federico D. Giannini; BLOW UP: Avedon - di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Olafur Eliasson a Firenze - Ognuno vede a modo suo di Lauretta Colonnelli; 2 - Freud a Londra - Quel senso di tragicità a fior di pelle di Valeria Caldelli; ....