Grandi mostre. 1 
OLAFUR ELIASSON A FIRENZE

OGNUNO
VEDE A MODO SUO

A Palazzo Strozzi, la più ampia esposizione realizzata in Italia da Eliasson con installazioni colorate, luminose e dai molteplici effetti percettivi assicura un’esperienza personale immersiva e avvolgente, unica e irripetibile.

Lauretta Colonnelli

Preparatevi a lasciare ogni certezza, se decidete di entrare a palazzo Strozzi per visitare la mostra di Olafur Eliasson. 

Preparatevi a scardinare l’idea che esiste una realtà oggettiva, diversa da quella percepita o rappresentata. Qui le opere sono visibili a tutti, ma ognuno le vede a modo suo. «Uno spettatore avrà una diversa esperienza della mostra se fuori piove o c’è il sole», scriveva Eliasson già nel 1997, quando aveva trent’anni e stava iniziando il suo viaggio di artista tra i più originali e visionari del mondo contemporaneo. Due anni dopo annotava nei cataloghi delle sue prime esposizioni: «Ciò che abbiamo in comune è che siamo diversi. Ecco il più grande fraintendimento: tutto è concepito come se fossimo identici». 

Da sempre le opere di Olafur Eliasson si interrogano sull’importanza dell’arte e sulla nostra percezione del mondo. Cresciuto in Islanda e in Danimarca, dove frequentò la Royal Danish Academy of Fine Arts, si trasferì nel 1995 a Berlino, dove fondò lo Studio Olafur Eliasson, che oggi accoglie architetti, artigiani, archivisti, amministratori, ricercatori, storici dell’arte. Cominciò a presentare installazioni, dipinti, sculture, fotografie e video nei più importanti musei internazionali. 

Ma fu The Weather Project, installato nel 2003 nella Turbine Hall della Tate Modern a Londra, a stupire gli oltre due milioni di visitatori. Aveva creato, con un grande soffitto di specchi, uno schermo semicircolare e una nebbia artificiale, l’illusione di un sole enorme avvolto in un manto di caligine e di un gigantesco, infinito tramonto. Da allora Eliasson è diventato famoso grazie ai suoi rifacimenti della natura, il cui fine ultimo non è ludico, ma politico: offrire ai visitatori una maggiore consapevolezza su alcune drammatiche contingenze. 

Usando come materiali dei suoi esperimenti artistici acqua e fuoco, lava e vapore, ghiaccio, vento e luce, ha ricreato gigantesche cascate lungo l’East River, a Versailles e alla Tate Modern. Ha colorato di verde con l’uranina, un pigmento fluorescente atossico, i fiumi di diverse città per attirare l’attenzione sul rapporto uomo-ambiente. Ha disseminato nelle piazze di Copenaghen, Parigi e Londra una ventina di “iceberg” già staccati dalla calotta glaciale della Groenlandia, per rendere a tutti concreta e visibile l’agonia dei ghiacciai che si stanno sciogliendo. Ha raccolto in Islanda, paese senza alberi, cinquanta giganteschi tronchi trascinati a riva dal vento e dalle onde, dalle correnti e dalle maree, scorticati dal sole e dal sale marino. Erano arrivati dalla Siberia, dal Nord America, addirittura dall’America del Sud, cavalcando la corrente del Golfo. Li ha trasferiti a Berlino e li ha collocati sui marciapiedi, nelle rotonde, nei parcheggi, come se fossero semplicemente approdati nella città, mischiandosi con il reticolato delle strade. «Ho cercato spazi in cui questi nomadi avrebbero potuto accendere dialoghi di attrito. Non familiari e allo stesso tempo reali, raccontano la storia della migrazione e delle forze naturali che li hanno spinti fin qua», dice.


Beauty (1993), veduta dell'installazione al Moderna Museet di Stoccolma nel 2015.


Your Timekeeping Window (2022).


Colour Spectrum Kaleidoscope (2003), particolare.

In questi esperimenti ingloba quasi sempre lo spettatore, che camminando dentro l’opera o girandovi intorno contribuisce a mutarla in continuazione, a renderla fluida e instabile. Mutevole diventa anche lo spazio in cui l’opera è contenuta, e il tempo in cui è immersa. Non a caso è intitolata Nel tuo tempo la mostra di palazzo Strozzi, la più grande mai realizzata da Eliasson in Italia. E Under the Weather, l’installazione nel cortile dell’edificio, costituita da una struttura ellittica di undici metri, sospesa a otto metri altezza, in cui l’artista utilizza il cosiddetto effetto “moiré”, fenomeno ottico che si determina quando due o più griglie sovrapposte creano un effetto di sfarfallio o di interferenza visiva. Mentre i visitatori si muovono nel cortile, l’opera sembra infatti trasformarsi davanti ai loro occhi, interagendo con ciascun individuo in modo diverso e destabilizzando la rigida architettura ortogonale del palazzo. E questo spiazzamento percettivo si verifica anche nelle installazioni sparse tra le sale del piano nobile e quelle della Strozzina, nel seminterrato. 

Arturo Galansino, curatore della mostra, ricorda che Eliasson visitò per la prima volta gli spazi di palazzo Strozzi nel 2015: «Non smetteva di osservare gli elementi architettonici rinascimentali, i capitelli e i portali in pietra serena, saliva i gradini per affacciarsi dalle bifore e gettare lo sguardo, oltre i vetri piombati spessi e irregolari, sulle strade adiacenti e sulla piazza antistante. Cominciava così una lunga conversazione tra l’artista e il palazzo rinascimentale che sarebbe diventato non solo il contenitore della mostra, ma il luogo d’incontro tra l’architettura e la sua storia, le opere e le persone, lo spazio e il tempo». 

Con gli interventi di Eliasson sulle finestre, le prime sale del piano nobile si sono trasformate in un palazzo di luce, che ricorda gli effetti delle vetrate gotiche, in cui si muovono ombre fugaci, riflessi, colori intensi. Continuando il percorso si incontrano installazioni con faretti, pellicole specchiate, schermi da retroproiezione, filtri di vetro colorato. A seconda del punto di osservazione, emergono diverse tonalità cromatiche dal blu all’arancione, e questa mutevolezza dei colori spinge i visitatori a muoversi nello spazio fino ad attivare una nuova consapevolezza sulla relazione tra il proprio corpo, lo spazio, la luce. 

In Your Timekeeping Window ventiquattro sfere di vetro sono disposte in cerchio sopra un pannello che copre una delle finestre del palazzo. La luce proveniente dall’esterno e lo spazio al di là della finestra diventano visibili solo nelle sfere, che agiscono come una lente, e attraverso un processo di riflessione ottica restituiscono ciascuna un frammento visivo capovolto dell’ambiente che si trova di fronte al palazzo, e tutte insieme creano un’immagine nuova e ignota di quest’ambiente. 

In How Do We Live Together? si entra nell’illusione di un gigantesco anello nero che attraversa in diagonale la sala, e dopo un po’ ci si accorge che le figure appese al soffitto a testa in giù sono in realtà le persone che in quel momento si muovono sul pavimento e allora si cerca lo specchio che raddoppia l’arco semicircolare e collega il mondo reale in basso con il suo doppio illusorio in alto.


Under the Weather (2022).


Room for One Colour (1997), veduta dell'installazione al 21st Century Museum of Contemporary Art di Kanazawa (Giappone) nel 2009.


L’illusione del colore: la stanza è di un giallo intenso ma quando si entra si scopre con stupore che non si diventa gialli, come ci si aspetterebbe

Ma è in Beauty che Eliasson incarna l’idea fondamentale della propria ricerca: ogni spettatore è sempre il co-produttore dell’opera d’arte. Qui ha creato - con acqua, ugelli, un tubo flessibile, una pompa e un faretto - una cortina di vapore. La luce proiettata dal faretto si rifrange nelle goccioline d’acqua e i visitatori che entrano nel vapore vedono l’arcobaleno. Ma nessun visitatore vedrà mai lo stesso, perché l’arcobaleno cambia a seconda della posizione e delle oscillazioni di chi l’osserva. 

Anche in Colour Spectrum Kaleidoscope è protagonista il pubblico. L’oggetto creato da Eliasson è un caleidoscopio esagonale, costituito da filtri di vetro colorato riflettenti, in sei diverse sfumature. Un’estremità del caleidoscopio termina con un’apertura stretta, l’altra con un’apertura larga. Se un visitatore accosta l’occhio all’estremità più larga, potrà osservare l’ambiente circostante e i movimenti degli altri visitatori riflessi in una miriade di colori e sfaccettature. 

In Room for One Colour si entra nell’illusione del colore. Lampade monofrequenza collocate sul soffitto irradiano nella stanza vuota un giallo intenso. Ma, quando si entra e ci si immerge nel giallo, si scopre con stupore che non si diventa gialli, come ci si aspetterebbe. È vero che la pelle e i vestiti hanno cambiato colore, ma nelle tonalità che variano dal grigio al nero. «Diventiamo consapevoli dell’esistenza di un filtro rappresentativo, improvvisamente ci accorgiamo che la nostra vista semplicemente non è oggettiva e riusciamo a vedere noi stessi sotto una luce diversa», avverte Eliasson. 

Il percorso finisce nella Strozzina, con Your View Matter, installazione di realtà virtuale, dove i visitatori - indossando uno speciale visore e accompagnati da una musica minimalista e pulsante - entrano in un mondo digitale costituito da sei spazi diversi: cinque hanno la forma dei solidi platonici (tetraedro, ottaedro, icosaedro, dodecaedro, cubo), il sesto di un’immensa sfera. Tutti avvolgono lo spettatore in un fantasmagorico mondo di forme e di colori. Purché non resti immobile.


You View Matter (2002).

Olafur Eliasson. Nel suo tempo

a cura di Arturo Galansino
Firenze, palazzo Strozzi
fino al 22 gennaio 2023
orario 10-20, giovedì 10-23
catalogo Marsilio
www.palazzostrozzi.org

ART E DOSSIER N. 404
ART E DOSSIER N. 404
DICEMBRE 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: Crivelli, una rivelazione di Federico D. Giannini; BLOW UP: Avedon - di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Olafur Eliasson a Firenze - Ognuno vede a modo suo di Lauretta Colonnelli; 2 - Freud a Londra - Quel senso di tragicità a fior di pelle di Valeria Caldelli; ....