Grandi mostre. 2
CÉZANNE A LONDRA

Da una mela
partì la suasfida

Schivo, rude, provocatore. e solitario, ma non sempre. così era Cézanne, dotato però di un rivoluzionario talento per la pittura: una vera e propria ossessione, abbracciata dall’artista di Aix-En-Provence con passione, anche nelle fasi più delicate della sua vita. trascorsa osservando costantemente la realtà: non per riprodurla ma per dare voce e forma alle sue sensazioni.

Valeria Caldelli

«Con una mela conquisterò Parigi». Un guanto di sfida ardito per un provinciale come Paul Cézanne, solitario e un po’ selvaggio, legato indissolubilmente alla nativa Aix-en-Provence, poco incline alla vita di società dei circoli intellettuali della metropoli della capitale francese. Lui, il provenzale dai modi burberi, consapevole della sua diversità, non era a suo agio nei caffè parigini, dove si riunivano gli impressionisti, e talvolta marcava l’accento del Sud e reagiva con violenza alle opinioni che lo urtavano. O lanciava provocazioni.


«Non vi do la mano, monsieur Manet», disse una sera al borghese e raffinato collega. «Non la lavo da otto giorni». D’altronde, anche la sua Moderna Olympia (1873-1874), piena di ironia e insolenza, con la donna nuda tra le coltri scoperta dalla serva nera e il cliente guardone, che assomiglia tanto allo stesso Cézanne, sembra essere una sfida lanciata a Manet e alla sua Olympia, pietra dello scandalo al Salon di Parigi del 1865.
Una mela, dunque. Una semplice e banale mela per riscattare l’ambizioso giovane della Provenza e compiere quella rivoluzione artistica di cui tutti i pittori parigini erano alla ricerca. Inutile individuare simboli o significati nascosti, dall’erotismo ai ricordi d’infanzia, in quel frutto ordinario e rotondo.
 
In realtà, le mele che appaiono nelle sue numerose nature morte e quella perentoria dichiarazione altro non erano che l’ennesima provocazione e il desiderio di sottolineare il suo talento e la sua volontà di cambiare il corso della pittura. «Non dimentichiamo che in quegli anni le nature morte erano considerate come il genere di pittura meno prestigioso. Era di moda dipingere scene di storie epiche, non oggetti umili come la frutta», spiega Michael Raymond, conservatore alla Tate Modern di Londra. «Ma alla fine le sue mele, e in generale i suoi dipinti, hanno conquistato non soltanto Parigi bensì il mondo intero», continua Raymond, assistente curatore della grande mostra londinese su Cézanne.

Con oltre ottanta opere si racconta la storia di questo pittore schivo e scontroso che, rompendo le regole della tradizione, è stato e rimane una delle figure centrali della pittura moderna. «Cézanne si trova in un singolare momento della storia dell’arte. È un interessante esercizio considerare se è uno degli ultimi pittori classici o il primo moderno», commenta Raymond. «Infatti, non abbandonò mai completamente la prospettiva lineare, né il tentativo di rappresentare il mondo intorno a lui. Tuttavia, spinse queste caratteristiche tradizionali fino al loro punto di rottura e anche oltre».
Così, se non rinunciò mai alla ricerca di un “motivo” o di un soggetto, siano questi alberi, montagne, frutta o persone, nello stesso tempo Cézanne non tentò mai di riprodurre esattamente la realtà. «Io dipingo come vedo, come sento e ho delle sensazioni molto forti», diceva ai giovani artisti che qualche volta riceveva nel suo atelier. Perché dipingere dalla natura per lui non era copiare l’oggetto, ma dare forma alle sensazioni. Una forma ottenuta dissociando completamente colore e disegno, rifiutando la linea e cercando invece un’armonia con la luce. Impresa non facile quella di coniugare materia e percezione, tanto è vero che per completare una natura morta gli erano necessarie almeno cento sedute di posa e centocinquanta per un ritratto.


Il cesto di mele (1893 circa), Chicago, Art Institute of Chicago.

RIFIUTARE LA LINEA E CERCARE UN’ARMONIA CON LA LUCE, CONIUGARE MATERIA E PERCEZIONE


E dunque eccole le mele della sfida, che in mostra ci appaiono in molte delle loro versioni. Quelle provenienti dall’Art Institute di Chicago, dal J. Paul Getty Museum di Los Angeles e dalla Courtauld Gallery di Londra. Alcune stanno sul tavolo, altre su piatti inclinati o tovaglie e non sembrano obbedire alle leggi della prospettiva, ma vivere di una vita propria. Ugualmente i toni azzurrini che creano scene un po’ crepuscolari non appartengono certo alla luce naturale. Così, in questo dibattito tra luce e colori proprio lui, Cézanne il selvaggio, apre alla modernità.
La mostra della Tate ci racconta dell’artista attraverso due diverse lenti d’ingrandimento. La prima riflette il suo percorso di vita, dalle opere dei vent’anni, quando la pennellata è vigorosa e i temi di violenza e di morte sono ricorrenti, fino ai primi anni del Novecento, in cui il tocco è più vibrante e fluido, con toni caldi affiancati ai toni freddi in un gioco di luci e colori a volte sfolgoranti. Da Il negro Scipio, appartenuto a Monet e oggi custodito al MASP - Museu de arte de São Paulo (nell’occasione della mostra ribattezzato solo Scipio in obbedienza al “politically correct”) a Uomo seduto, proveniente dal Museo Nacional Thysssen-Bornemisza di Madrid e dipinto poco prima di morire.

La strada per affermare il suo talento e rivoluzionare la pittura fu però lunga e dolorosa. Da una parte, un padre potente e autoritario lo avrebbe infatti voluto alla guida della banca da lui fondata ad Aix-en-Provence e considererà quindi un fallito il suo unico figlio. Dall’altra, il timido Cézanne subirà sempre il peso del giudizio paterno, al punto da nascondergli la lunga relazione con Marie-Hortense Fiquet, sua modella, e persino la nascita del figlio Paul. Certo, anche il suo pessimo carattere e la difficoltà nei rapporti con gli altri colleghi resero più impervio il cammino. Perché il mito dell’eremita di Aix non fu in realtà sempre vero. «Soprattutto nella prima fase della sua carriera, negli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento, Cézanne non può essere descritto come un artista solitario », sostiene Raymond. «In quel periodo lui lavorò strettamente con altri pittori, soprattutto con Pissarro, descritto come un padre e un maestro. E partecipò alla prima e alla terza esposizione degli impressionisti, nel 1874 e nel 1877». Con il gruppo degli innovatori Cézanne condivideva il rifiuto dell’accademismo e il lavoro en plein air, ma presto si allontanò dal loro progetto di catturare le fugaci impressioni della luce per una pittura più ponderata e riflessiva che dava forma alle sensazioni sprigionate dalla natura. Infine, disgustato dalle pesanti critiche e dai mancati riconoscimenti delle accademie parigine, tornò definitivamente in Provenza, isolandosi dal resto del mondo.


IL TEMA DEI BAGNANTI, UOMINI E DONNE, CON I TONI DEL VERDE, DELL’OCRA E DEL CELESTE CI RESTITUISCE UNA FUSIONE ARMONICA TRA UOMO E NATURA

 
È a questa fase, più tranquilla e meditativa, che la Tate Modern dedica la seconda parte dell’esposizione. Con la morte del padre, nel 1886, Cézanne eredita una notevole fortuna, ma non cambia abitudini e ritmi di vita. Ormai schiarita la tavolozza, individuata la tecnica pittorica e psicologicamente libero dall’autorità paterna, l’artista si concentra su alcuni temi, che diventano quasi ossessivi. Quello dei bagnanti, uomini e donne, è un motivo ripetuto anche negli anni precedenti, ma adesso il formato si ingrandisce, i toni del verde, dell’ocra e del celeste ci restituiscono una fusione armonica tra uomo e natura che forse è anche il segno della sua ritrovata serenità, personale e artistica.


Il bagnante (1885), New York, MoMA - Museum of Modern Art.

Bagnanti (1894-1905 circa), Londra, National Gallery.

La montagna Sainte-Victoire e il Castello nero sono gli altri due soggetti che in qualche modo lo perseguitano. Pur essendo il secondo soltanto una modesta casa di campagna costruita agli inizi dell’Ottocento, peraltro per niente nera, Cézanne sembra esserne affascinato e la riprodurrà almeno una dozzina di volte. La montagna Sainte-Victoire è invece l’emblema della Provenza e domina la campagna di Aix. Dal 1890 al 1906 le dedica almeno diciotto dipinti, più di uno all’anno, e altri già gliene aveva riservati prima. Il successo di Cézanne, tuttavia, arrivò dopo la morte.
Nella storia dell’arte è però forse l’unico pittore ad aver collezionato tanti giudizi positivi da parte degli artisti più famosi del suo tempo, nonostante lui non facesse mistero del suo disprezzo nei confronti di alcuni di loro. «È il più grande di tutti noi», sentenziò Monet. E persino Picasso lo indicò come il suo unico maestro. I suoi quadri entrarono nelle collezioni di tutti, o quasi, gli impressionisti e i post-impressionisti, ma la sua fama non raggiunse il grande pubblico, nemmeno nella stessa Aix-en-Provence.
Per quanto infastidito dai mancati riconoscimenti al suo lavoro, Cézanne, l’artista degli artisti, fece della pittura l’unica preoccupazione della sua esistenza, lavorando da solo, senza l’ammirazione della famiglia, del pubblico e delle giurie. Dipinse il giorno della morte della madre e dipinse a L’Estaque dove si era rifugiato nel 1870, durante la guerra franco-prussiana, mentre i gendarmi lo cercavano come disertore. E dipinse anche il 15 ottobre 1906 quando un violento temporale lo sorprese in campagna facendogli perdere conoscenza. Continuerà a dipingere ancora una settimana prima di essere ucciso da una congestione polmonare. E persino oggi – si sottolinea nella mostra – continua a plasmare la pittura e il suo futuro.

The EY Exhibition. Cézanne

a cura di Natalia Sidlina e Michael
Raymond (assistente curatore)
Londra, Tate Modern
fino al 12 marzo 2023
orario 10-18
catalogo The Art Institute
of Chicago
www.tate.org.uk

ART E DOSSIER N. 403
ART E DOSSIER N. 403
NOVEMBRE 2022
In questo numero: STORIE A STRISCE -  Nuove speranze per il fumetto di Sergio Rossi; BLOW UP: Civilization di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - L’arte inquieta a Reggio Emilia - Una, nessuna, centomila identità di Giorgio Bedoni; 2 - Cézanne a Londra - Da una mela partì la sua sfida di Valeria Caldelli; ....