SECONDO PERIODO: I GRANDI PROGETTI
A FIRENZE (1516-1534)
Nel Rinascimento non vi erano accademie dove formarsi per la professione, l’architetto di solito era un autodidatta.
Sicuramente le difficoltà progettuali insite del sito non preoccupavano Michelangelo, anzi ne stimolavano la creatività perché gli permettevano di sperimentare forme e concetti inediti, il suo vero obiettivo come architetto era quello di creare modelli unici, prototipi rivoluzionari. Nel progetto della piccola libreria sono esaltate le virtù plastiche degli impaginati michelangioleschi grazie alle profonde nicchie angolari, agli incassi laterali e alle colonne “affogate” nel vivo del muro, motivo questo ripreso dal ricetto. La forza con cui Michelangelo definisce i muri della libreria triangolare prefigura oltre il periodo romano, il disegno delle fortificazioni di pochi anni posteriori. La pianta sembra “scavata”, scolpita “ex uno lapide”. Lo spazio doveva essere coronato da una cupola dove la luce scendeva dall’alto (le aperture poste sulla copertura sarebbero state incanalate verso il basso grazie ai piccoli vani triangolari indicati negli angoli della pianta) come un messaggero divino diffonde la grazia che accende delicatamente la scintilla del sapere: qui, a differenza che nel ricetto dove le tenebre regnano minacciose, la poca luce non prefigura inquietudine ma pacata serenità.
La forma triangolare della pianta venne usata da Michelangelo non solo perché costretto, probabilmente egli la scelse anche per motivi simbolici. Il triangolo è portatore di una serie quasi infinita di significati ma se restringiamo il campo alla specificità della funzione che la «pichola libreria» doveva svolgere, potremo avanzare delle ipotesi. Tale funzione era la consultazione di libri rarissimi esaminati quasi di nascosto nella sala che viene definita non a caso «segreta», possiamo dunque immaginare che i pochissimi che avrebbero avuto accesso a tale ambitissimo luogo dovevano per forza far parte di una specie di “club” che definire esclusivo è forse riduttivo. Solo un gruppo ristrettissimo di persone avrebbe potuto accedere a questo misterioso ambiente a forma di triangolo, geometria questa cara ai pitagorici, che nella “tetraktýs” vedevano rappresentato il susseguirsi dei primi quattro numeri naturali che potevano essere ordinati geometricamente in un triangolo equilatero in modo da formare una piramide. Inoltre la tetraktýs rappresenta a livello simbolico l’insieme dei quattro elementi: il primo punto nel vertice del triangolo, ovvero il numero uno, è il fuoco, i due punti personificano l’aria, i tre punti del livello successivo sono l’acqua e infine i quattro punti dell’ultimo livello rappresentano la terra. Se sovrapponiamo il triangolo pitagorico con quello michelangiolesco, vedremo delle analogie: procedendo dall’alto il primo punto coincide con il vertice ideale della libreria, i due punti corrispondono con le prime due nicchie dei muri laterali, i tre punti sono nella pianta michelangiolesca le successive due nicchie e il banco centrale, per finire i quattro punti pitagorici sarebbero nel progetto di Buonarroti gli altri due vertici del triangolo e le due nicchie del muro di confine con la sala di lettura.
Sappiamo che la libreria avrebbe accolto i rari volumi della collezione medicea dove il sapere degli antichi e degli autori neoplatonici tanto cari a Michelangelo venivano magnificati. Platone stesso riprenderà i concetti pitagorici rendendoli moderni, attuali al suo tempo, la stessa cosa accadde con i neoplatonici che Buonarroti ebbe la fortuna di frequentare grazie all’amicizia con Lorenzo il Magnifico. È suggestivo pensare che se pur fortemente condizionato dalle preesistenze del sito, Michelangelo racchiude, anche per libera scelta, in questa architettura-scrigno tutti i raffinati riferimenti simbolici della sua formazione giovanile, forse citando nell’originalissima pianta triangolare della «pichola libreria» il sapere pitagorico, il quale anticipa e preannuncia il pensiero platonico, neoplatonico e quindi michelangiolesco.
Le fortificazioni di Firenze
Nel 1527, dopo il Sacco di Roma da parte delle truppe di Carlo V, Clemente VII fu notevolmente indebolito politicamente, così nel maggio, a Firenze, dopo la cacciata dei Medici, venne istituito un nuovo governo repubblicano. Nel 1529 la Repubblica fiorentina si rivolse a Michelangelo per migliorare le fortificazioni della città in vista dell’assedio per ripristinare il potere mediceo. Questi progetti sono il prodotto di un periodo storico eccezionalmente drammatico che segnò per sempre la vita di Michelangelo. La sua ansia si tradusse in furia creativa, egli progettò e disegnò sentendo tutta l’impellenza e la responsabilità del caso, caricandosi il peso del grave compito a cui lui doveva trovare risposte efficaci, come il chirurgo che deve operare d’urgenza per salvare una vita. Ed era la vita della giovanissima Repubblica che era in gioco e i suoi valori di libertà intensamente condivisi da Buonarroti che si espose politicamente come non mai. Michelangelo non immaginò mere strutture di protezione ma micidiali organismi di offesa, ispirandosi innegabilmente a forme animali come quella del pipistrello o del granchio, atti a intimorire l’avversario fino a farlo desistere dall’attaccare. In essi la materia muraria si frattura preannunciando il caos imminente, quel caos che si scatena dalle contrapposte pulsioni tra gli attaccanti e i difensori. Mentre nell’altorilievo giovanile dei Centauri la mostruosità della guerra era stata restituita da Michelangelo attraverso l’aggrovigliarsi dei corpi e della materia che li compone, qui la violenza è resa visibile quasi concettualmente grazie alla destrutturazione delle masse murarie.
L’artista volle trasferire nei suoi disegni tutta la potenza minacciosa necessaria per respingere l’avversario, egli stesso attraverso questi elaborati sperò di esorcizzare la probabile sconfitta, forse più che spaventare i nemici voleva farsi coraggio.
Un sentimento di cui aveva bisogno in una Firenze attraversata da un clima di grandissima tensione emotiva tra il pathos repubblicano, i tradimenti, la confusione, l’entusiasmo, la grande concitazione generale. Nei progetti delle fortificazioni Michelangelo, per la prima volta nella sua attività architettonica, non si confrontò con “exempla” di origine classica, non si misurò con modelli tramandati dal mondo antico da reinventare come invece aveva fatto in passato, ma tenne probabilmente in considerazione gli studi precedenti di illustri colleghi quali Francesco di Giorgio Martini, Antonio da Sangallo il Giovane e Leonardo (a cui Michelangelo forse si ispirò per la natura “meccanica” e zoomorfa di alcune sue fortificazioni). Tutti personaggi questi che avevano a vario titolo grande esperienza nella messa a punto di sistemi difensivi, ma è innegabile che Michelangelo andò oltre la più avanzata edilizia militare di questi ultimi, rappresentando degli impianti architettonici completamente innovativi.
Nell’agosto del 1530 le truppe filomedicee entrarono in Firenze, Michelangelo che tanto si era speso per la Repubblica dopo qualche mese venne perdonato, Clemente VII aveva ancora bisogno di lui, il suo genio ineguagliabile sarebbe servito per portare a termine i lavori nel complesso laurenziano. Nelle intenzioni del papa l’arte del maestro doveva servire a celebrare, attraverso la creazione di opere immortali, la gloria della famiglia Medici e non quella della Repubblica. Non sappiamo quanto fu costruito delle idee militari michelangiolesche, oggi non c’è nessuna traccia riconoscibile anche perché per l’urgenza dei lavori di difesa forse le fortificazioni furono costruite nella debole terra battuta e non in muratura. Inoltre i disegni di Michelangelo appaiono molto complicati sotto l’aspetto funzionale e costruttivo; resta il fatto che costituiscono degli autentici capolavori della grafica architettonica
MICHELANGELO - L'ARCHITETTURA
Adriano Marinazzo
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Michelangelo Buonarroti (Caprese 1475 - Roma 1564) è celebrato universalmentecome scultore e pittore, ma la mole e l’importanza delle sue opere di architetturaè altrettanto straordinaria, anche se lui stesso non si considerava “architettore”.Le tre attività, per lui, erano strettamente legate fra loro dalla comune dipendenzadalla centralità della figura umana. È seguendo questa visione antropocentricache organizza tutti i suoi lavori. Il suo immenso talento lo condusse a lavorareper cinque papi, per Cosimo dei Medici e per la Repubblica fiorentina. In questodossier ripercorriamo le vicende costruttive di capolavori notissimi e meno noti,dalle finestre di palazzo Medici al progetto per un ponte in Turchia, dal tamburoper la cupola di Brunelleschi alla Biblioteca laurenziana, dal cantiere di San Pietroe alla sua cupola al Campidoglio.