Grandi mostre. 6
Il rinoceronte Clara ad Amsterdam

LA COSA
DELL’ALTRO MONDO

Alla metà del XVIII secolo l’esibizione itinerante di una giovane femmina di rinoceronte, Clara, attirò folle di visitatori in mezza Europa. fu oggetto di studio e venne ritratta da artisti di ogni paese. una mostra ad Amsterdam riprende la sua vicenda: una storia che a ben guardare ha a che fare con la divulgazione scientifica, l’affermarsi delle mostre come eventi di massa, la produzione di merchandising, i meccanismi della comunicazione e, non ultima, la tutela dell’ambiente e delle specie animali.

Claudio Pescio

Nel 1754 la principessa Wilhelmina di Bayreuth, in una lettera al fratello Federico il Grande, re di Prussia, dice di sentirsi «una creatura straordinaria, come un rinoceronte»; e questo dopo un viaggio in Francia in cui, ovunque, si trovava circondata da persone che erano lì per guardarla, per il solo fatto di essere sorella di cotanto fratello. Jean-Jacques Rousseau, nel 1776, infastidito dai troppi ammiratori, scrive: «Se vogliono vedere un rinoceronte vadano alla fiera più vicina, non a casa mia». Perché proprio un rinoceronte? Perché nei due decenni a cavallo della metà di quel secolo una giovane rinocerontessa indiana (con un solo corno, quindi) fu portata in giro per l’Europa come un fenomeno da baraccone (letteralmente), con grande successo di pubblico e una fama che arrivò alle maggiori corti del tempo.


Tutto ebbe inizio nel 1738 in una foresta dell’Assam, India nordorientale. In una battuta di caccia venne uccisa una femmina di rinoceronte; aveva una piccola di pochi mesi che venne data in dono a Jan Albert Sichterman, direttore della sede bengalese della VOC, la Compagnia olandese delle Indie orientali. Per qualche anno la cucciola fu la compagna di giochi dei suoi figli, con i quali si divertiva a rincorrersi attorno alla tavola. Ora, un rinoceronte di un paio d’anni pesa più di una tonnellata, e le porcellane di famiglia tremavano al suo passaggio. Per cui la piccola venne affidata al capitano della VOC Douwe Mout il quale, caricatala sulla Knappenhof, la condusse in un lungo viaggio via mare fino a Rotterdam, dove sbarcò nel luglio del 1741(*).


Da allora la vita della rinocerontessa cambiò radicalmente; i suoi spazi furono determinati da chi la gestiva; invece della foresta vedeva case ed esseri umani; stava chiusa in una gabbia e mangiava quel che l’uomo decideva che mangiasse; poteva fare pochi passi, perlopiù si muoveva su un carro lungo le dissestate strade di polvere dell’Europa del tempo: dapprima in Olanda, poi in decine di città e paesi, da Berlino a Parigi, a Vienna, Londra, Roma e Venezia. Nel frattempo era stata chiamata Clara: “Juffrouw” (signorina) Clara, per l’esattezza, secondo una denominazione frequente nei documenti che la riguarderanno da allora in poi. Che saranno tanti. Del tipo: «È arrivato il rinoceronte, è vivo! Accorrete gente. La bestia meravigliosa venuta da un mondo lontano vi aspetta. È enorme, e mangia con grande appetito». Fieno, mele, pane, soprattutto amava le carote, e la birra; fumava, anche, un’iniziativa, pare, già dei marinai che l’avevano portata in Europa.

Clara ispirò anche resoconti scientifici, che prendevano finalmente in considerazione, grazie all’osservazione diretta, la reale struttura anatomica dell’animale, del quale circolavano descrizioni più o meno fantasiose fin dall’antichità. Uno dei principali studiosi a occuparsene fu Petrus Camper, studente dell’Università di Leida che nel 1741 ne fece anche molti schizzi. Più tardi comparve in un atlante di anatomia di Bernhard Albinus con tavole di Jan Wandelaar, in una visione frontale accanto a uno scheletro umano.


Ma per la gente comune era un’aliena, un prodigio della natura, il Mostro, il biblico Behemoth del libro di Giobbe, il primo animale creato da Dio (spesso accostato a un ippopotamo). Un essere che in qualche caso provocò panico e incidenti. A volte invece si spaventava Clara, oppure sopraffatta dallo stress si agitava e sbatteva il muso contro le pareti delle recinzioni che la circondavano. Finì così per perdere il suo corno (con grande dispiacere del suo “padrone”, Mout, che conservò l’appendice per agitarla in mezzo al pubblico). Clara in realtà non “faceva” niente che non fosse semplicemente esistere. Era rara ed esotica, e tanto bastava. Voltaire in un suo scritto del 1770-1774, riportato nel volume a cura di Gijs van der Ham che accompagna la mostra, descrive con sottile perfidia i meccanismi sociali e psicologici che si mettono in moto in certi casi: «Qualche anno fa la gente restò ammaliata da un rinoceronte. Ce ne fossero stati diecimila riuniti in un luogo, la gente li avrebbe inseguiti solo per ucciderli».


Pieter-Antoon Verschaffelt (attribuito), Rinoceronte (Clara, 1760-1770), Waddesdon Manor, The Rothschild Foundation.


«È ARRIVATO IL RINOCERONTE, È VIVO! ACCORRETE GENTE. LA BESTIA MERAVIGLIOSA VENUTA DA UN MONDO LONTANO VI ASPETTA»


Una delle testimonianze più curiose è in un immaginario dialogo fra Clara e una locusta. L’autore è Christoph Gottlieb Richter, scrittore di Norimberga autore di alcuni “dialoghi fra animali”. Nel 1750 immagina che Clara racconti all’insetto di essere annoiata e infastidita dalle attenzioni non richieste che le arrivano da una folla di estranei, spesso arroganti, convinti di essere migliori degli animali: «Dovessi mai tornare nel mio mondo, libera dalla schiavitù in cui mi trovo, vorrei mostrare ai miei simili un essere umano nello stesso modo in cui vengo esposta io. Sono certa che lo troverebbero meraviglioso e lo tratterebbero meglio».


A Parigi Mout cercò di vendere Clara a Luigi XV per il suo bestiario di Versailles, ma la richiesta di centomila scudi risultò eccessiva anche per il re di Francia. I giornali locali parlano di “follia” diffusa per l’animale; vennero inventate perfino acconciature per signora “alla rinoceronte”. In quell’occasione Jean-Baptiste Oudry ne realizzò un ritratto a grandezza naturale (circa quattro metri e mezzo per tre). A Roma fu presentata per l’Anno santo 1750, in una gabbia sistemata nelle Terme di Diocleziano.

Un ruolo importante ebbero gli artisti. La civiltà dell’immagine era al lavoro da tempo, e viva la consapevolezza che niente supera in efficacia la riproduzione di un soggetto per dare forza a un messaggio, qualunque sia la merce in vendita, comprese idee politiche o religiose, o spettacoli ed eventi come quello di un rinoceronte presso un pubblico che non ha mai visto niente del genere. Una mostra – anche al suo livello più elementare – ha bisogno di manifesti e opuscoli, trafiletti sui giornali, strilloni nelle strade. Il resto lo fa il passaparola. Mout stesso fece riprodurre l'effigie di Clara in stampe destinate anche alla vendita. Più tardi si inventò dei prodigiosi “sali di rinoceronte” che potevano curare praticamente ogni male. Presto si diffusero raffigurazioni tridimensionali, in porcellana, in marmo e in metallo, anche orologi. Una delle più realistiche versioni di Clara è proprio in marmo, realizzata da Pieter-Antoon Verschaffelt per l’elettore del Palatinato.

 
Più di due secoli prima di Clara, un altro rinoceronte si era affacciato brevemente in Europa, in Portogallo. Sulla base di una descrizione di quell’animale Albrecht Dürer nel 1515 produsse una delle sue incisioni più fortunate (casualmente è sulla copertina del numero scorso di “Art e Dossier”).

 
Il rinoceronte di Dürer ha delle evidenti incongruenze rispetto alla realtà, per esempio un secondo, inesistente corno al livello delle spalle. Eppure, la sua versione è rimasta a lungo una delle più copiate anche dopo Clara, che aveva dato modo di effettuare riproduzioni più corrette. La qualità grafica e l’efficacia mediatica del mostro catafratto di Dürer avevano evidentemente una potenza difficile da scalzare. In tempi più remoti troviamo il rinoceronte citato in Strabone, Plinio il Vecchio e Marco Polo, che sgombrò il campo da ogni tentazione di assimilarlo all’unicorno.


Scheletro e rinoceronte (Clara), tavola di Jan Wandelaar per l'atlante di anatomia di Bernhard Albinus (1749).

Alessandro Longhi, Il rinoceronte Clara (1751 circa), New York, Metropolitan Museum of Art.


Esemppio di stampa-souvenir di una tappa del tour di Clara prodotto da Douwe Mout (Mannheim, novembre 1747).


Jean-Baptiste Oudry, Rinoceronte (1749), Schwerin (Germania), Staatliches Museum.

Clara, in effetti, non somigliava alla docile e candida bestiola cara alle fanciulle. Pietro Longhi la ritrasse due volte nella tappa veneziana del tour. La bestia è di profilo, scurissima, un bel po’ di fieno davanti al muso e un cumulo di letame dietro di lei. L’occasione, come ricaviamo dalle maschere che assistono allo spettacolo, è il carnevale del 1751, tra loro Douwe Mout impugna il corno staccato. Lo vediamo anche nella versione incisa dal figlio di Pietro, Alessandro Longhi. Clara morì il 14 aprile 1758. Aveva ventuno anni.

In mostra è anche un’opera del 2016, di Rossella Biscotti, un'installazione ispirata alla vicenda di Clara che vuole essere un avvertimento e un monito contro lo sfruttamento degli animali e del loro ambiente naturale. L’uomo si è impadronito della vita di Clara come se fosse stata di sua proprietà. Oggi il genere umano insidia l’habitat e la sopravvivenza di tutti gli animali, non solo di una rinocerontina golosa di carote.

LA BELLEZZA DEL ROSPO

Quando è accaduto (se mai è accaduto) che gli insetti sono diventati belli? È il tema di una mostra al Rijksmuseum di Amsterdam, Onderkruipsels (Creature striscianti) che racconta il passaggio di ragni, cavallette, rospi da animali associati all’inferno o alla morte a esseri indagati prima con curiosità da artisti e scienziati, per finire nelle wunderkammer più aggiornate e poi diventare possibili soggetti di rappresentazione artistica. La loro dimensione estetica è stata dapprima collegata alla comunque meravigliosa bellezza del creato, poi è sembrata sufficiente di per sé ad artisti dei secoli XVI-XVII come Dürer, Otto Marseus van Schrieck, Jan van Kessel, Maria Sibilla Merian. Un interessante controcanto alla vicenda di Clara raccontata nella stessa istituzione e con le stesse date.

IN BREVE:

Clara de neushoorn. Een 18e-eeuws fenomeen
a cura di Gijs van der Ham
Onderkruipsels
Amsterdam, Rijksmuseum;
dal 30 settembre 2022 al 15 gennaio 2023
www.rijksmuseum.nl

ART E DOSSIER N. 402
ART E DOSSIER N. 402
OTTOBRE 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE - La Galleria nazionale dell’Umbria riparte di Federico D. Giannini; DENTRO L’OPERA - Riattivare la storia di Cristina Baldacci; GRANDI MOSTRE. 1 - Giovanni Chiaramonte ad Astino - L’infinito messo a fuoco di Corrado Benigni; 2 - L’occhio in gioco a Padova - Visioni in movimento: reali o immaginarie di Sileno Salvagnini; ....