INTERVISTA AD ALFREDO ACCATINO DI CLAUDIO PESCIO 


LE PARABOLE
DEI TALENTI


ALFREDO ACCATINO ESCE IN LIBRERIA CON DUE TITOLI : IL TERZO CAPITOLO DELLA SERIE OUTSIDERS E UN ROMANZO, LA LINEA E L’OMBRA. CI SIAMO FATT I RACCONTARE DALL’AUTORE COME FUNZIONA QUESTA SUA DOPPIA VOCAZIONE DI BIOGRAFO SERIALE E ROMANZIERE.

Alfredo Accatino è uno dei più noti e premiati creativi italiani. È autore di importanti eventi in tutto il mondo, dalle Cerimonie Olimpiche e Paralimpiche di Torino 2006 a Expo Milano 2015, ma anche di grandi show televisivi ed eventi live. Ha una vasta e singolarmente variegata produzione editoriale, parallela alla sua attività principale. Gestisce un blog di successo, “Outsiders”, e cura la rubrica omonima su “Art e Dossier”.

Il primo Outsiders è uscito nel 2017, il secondo nel 2019, il terzo – Outsiders 3 – è appena arrivato in libreria. Li ho contati, sono più o meno centoventi, gli Outsiders. E so che i tuoi archivi ne conservano molti altri. La tua definizione di un Outsider, cinque anni fa, era: «Schegge di creatività che lasciano sbalorditi, che non scelgono mai i luoghi e le date giuste per nascere, creare, amare, morire. Vivono in mondi paralleli. E hanno sempre l’indirizzo sbagliato». Ho visto che la riprendi nell’introduzione al terzo volume. Significa che le tue ricerche hanno confermato che i meccanismi dell’esclusione sono sempre gli stessi?

 
Al pari di un atleta ogni Outsider ha la sua specialità autodistruttiva, se non è stato falciato direttamente dalla storia. Il talento, a loro, non è bastato, anche perché critica, mostre e mercato editoriale hanno continuato a proporci sempre i soliti nomi anziché esplorare territori più complessi, a volte più rischiosi. Non è cosa di oggi, basti pensare a Caravaggio, riscoperto da Roberto Longhi dopo secoli di oblio. Per questo ringrazio “Art e Dossier” che, quando ancora mi presentavo come blogger anonimo, ha avuto il coraggio di guardare al di là delle solite cose ospitando la rubrica di un “perfetto sconosciuto”.
Outsiders ha finito per diventare una specie di serie: storie diverse unite da un unico filo. Un meccanismo che può spiegarne il successo?

 
Secondo me ciò che è stato apprezzato è stato l’approccio narrativo, quasi colloquiale, che mi ha permesso di far conoscere maestri mai sentiti, quasi stessi parlando di amici comuni, spaziando in libertà tra tecniche, stili, linguaggi espressivi. Credo che i lettori si siano immedesimati nella mia ricerca, ne abbiano apprezzato l’onestà intellettuale e la passione, e colto il mio invito: quello di poter iniziare a ripercorrere, anche da soli, questo tragitto di scoperta, sfruttando le incredibili potenzialità della rete.

Il romanzo La linea e l’ombra è ambientato perlopiù nel contesto del Bauhaus, nella Germania della seconda metà degli anni Venti, con una deviazione geografico-temporale nel finale. E ancora una volta il perno attorno a cui girano gli eventi, le biografie, le parole è il talento. Ci si riconoscono gli elementi costitutivi del tuo lavoro di scrittore: il Novecento e tutto quel che gira intorno al tema della creatività. È così? Assolutamente sì.


Da anni, in parallelo con questa ricerca, lavoro alla creazione di grandi eventi, e il tema della creatività è centrale nella mia vita e nelle mie paure: «Sarò abbastanza creativo? Ne sarò capace?». Apprezzo e rispetto la creatività in ogni sua forma, e a un certo punto mi sono chiesto cosa sarebbe successo se un ragazzo senza talento si fosse trovato a dover vivere nel luogo simbolo del talento, accanto a figure come Kandinskij, Klee, Gropius. È nato così un romanzo di formazione nel quale ho provato a ribaltare i canoni tradizionali e nel quale il protagonista anziché migliorare, per cercare di emergere, peggiora progressivamente, sino a distruggersi la vita. Al di là di lui, tutti i personaggi sono realmente esistiti.

 
Le storie di Outsiders sono caratterizzate da un linguaggio veloce, immediato, intessuto anche di considerazioni personali. Nel romanzo, La linea e l’ombra, riesci a cambiare registro apparentemente senza sforzo: la vicenda segue un intreccio più avvolgente e corale, una costruzione delle diverse personalità in gioco che avviene nel corso del tempo, un’attenzione al contesto storico e ideologico che evidenzia una ricerca specifica.


Non volevo scrivere un romanzo. La linea e l’ombra non è un progetto nato a tavolino. È stato un percorso che ha preso forma dopo aver soggiornato al Bauhaus di Dessau. Era il 2017. Ho cercato di capire cosa volesse dire vivere in quel luogo, chi fossero quei ragazzi giunti da ogni parte d’Europa, molti dei quali oggi persi nella ruota del tempo. La vita quotidiana del Bauhaus è un territorio praticamente inesplorato, ricco di illuminazioni, paradossi e contraddizioni. Ho anche cercato di “pulire” il linguaggio rendendo la prosa lineare come l’insegnamento che veniva impartito. Anche per questo ho voluto che l’editore adottasse il font Din, utilizzato per le pubblicazioni di quella scuola.
 
Mio padre, Enrico Accatino, che era un pittore, mi diceva: «Se sei espressivo, non ti sforzare di sembrare espressivo». E ora, come quei ragazzi, anche io a sessant’anni mi ritrovo a superare una soglia che mi spaventa e mi esalta. Con le stesse domande che si ponevano quei ragazzi: «Avrò fatto un buon lavoro?». Me lo chiedo da quando ho diciotto anni e lo farò sino alla morte.

ART E DOSSIER N. 402
ART E DOSSIER N. 402
OTTOBRE 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE - La Galleria nazionale dell’Umbria riparte di Federico D. Giannini; DENTRO L’OPERA - Riattivare la storia di Cristina Baldacci; GRANDI MOSTRE. 1 - Giovanni Chiaramonte ad Astino - L’infinito messo a fuoco di Corrado Benigni; 2 - L’occhio in gioco a Padova - Visioni in movimento: reali o immaginarie di Sileno Salvagnini; ....