Così, Caroto «riuscì valente uomo» facendosi strada con un carattere assai dinamico e poliedrico, nutrito di amore per la letteratura e le scienze naturali, colto e spiritoso, capace di mescolare nel colorismo tutto veronese il sentimentalismo di Liberale da Verona col sublime magistero sull’antico di Mantegna, il classicismo degli emiliani dello studiolo di Mantova con la maestria dei fiamminghi nell’arte del ritratto e del dipingere paesaggi, la lezione sullo sfumato e il naturalismo di Leonardo da Vinci con le sperimentazioni di Bramantino e di Bernardino Luini, con le forme di Raffaello e Michelangelo, fino a lasciare il passo alla generazione di Domenico Brusasorzi e Paolo Veronese, che seppe far tesoro delle sue molteplici esperienze, della sua curiosità e apertura di visione verso altri mondi.
Caroto viaggiò molto, è vero, senza però mai tagliare i ponti con Verona. Lavorò nella Mantova dei Gonzaga sotto la guida di Mantegna, a Milano al servizio di Antonio Visconti e a Casale Monferrato (Alessandria) alla corte del marchese Guglielmo IX Paleologo. Rientrato più stabilmente nella città veneta all’apice della fama, conteso dalle alte committenze religiose, pubbliche e private, specialmente per la sua bravura nella pittura di ritratti e di paesaggi, aprì una spezieria in piazza delle Erbe da gestire con il figlio, ma non abbandonò mai la produzione pittorica. Tutto questo spiega anche perché oggi le sue numerose opere sono sparse in collezioni private e musei di tutto il mondo.
L’allestimento della mostra, caratterizzato dal colore ottanio alle pareti, valorizza per la prima volta nei saloni del Palazzo della Gran guardia la luce naturale proveniente dai finestroni dell’edificio. Il percorso di visita, ibrido e fortemente innovativo, alterna modalità espositive tradizionali a una serie di stanze multimediali dove convivono la realtà virtuale e gli oggetti materiali: la prima di queste stanze è dedicata a una esplorazione del procedimento pittorico usato da Caroto nel 1508 per il celebre affresco con l’Annunciazione della chiesa San Girolamo; la seconda è dedicata all’immagine della Verona romana vista con gli occhi e la penna del fratello Giovanni Caroto; la terza propone una ricostruzione immersiva di uno dei più antichi musei naturalistici del mondo, quello del naturalista Francesco Calzolari.
Nello spazio permeabile della Gran guardia si fondono delicatamente l’interno e l’esterno e dalla luce di una finestra si intravede, come un quadro nel quadro, la meravigliosa città antica e la maestosa presenza dell’anfiteatro Arena, ancora sorprendentemente uguale a quello ritratto dai Caroto cinquecento anni or sono. Il percorso si prolunga quindi nella passeggiata per le strade di Verona, dove si dispiega una rete di itinerari artistici dedicati al pittore e al suo contesto, segnalati in loco da pannelli informativi.
Questo progetto, infatti, vuole distaccarsi dall’intrinseca dimensione effimera dell’evento espositivo, che dura pochi mesi, investendo sul rinnovo a medio e lungo termine dei musei veronesi, con l’obiettivo di generare un capitale di valore duraturo per la conoscenza del patrimonio culturale e per lo sviluppo della comunità di riferimento.
In questo senso, hanno guidato ogni aspetto della progettazione e della collaborazione con il coproduttore Civita mostre e musei i principi della sostenibilità, dell’accessibilità, della continuità della ricerca, della contaminazione dei saperi, dell’equilibrio tra tradizione e innovazione, dell’attualità della memoria e della sperimentazione di nuovi linguaggi. Basti pensare che, al termine della mostra, quattro degli otto musei del sistema museale cittadino potranno beneficiare del riuso di apparecchiature per l’efficienza energetica, per il confort ambientale e cognitivo e di un importante arricchimento degli allestimenti permanenti e delle proposte per i visitatori grazie alla ricollocazione delle stanze multimediali e di altri prodotti realizzati per la mostra con gli strumenti delle più avanzate tecnologie digitali.