Quando nel 1829, a cinquantatré anni, sarà finalmente eletto membro alla Royal Academy e nominato “visitor” (ispettore), ottiene l’incarico di docente al Royal Institute.
Assai amato dagli studenti, la sua linea didattica si basava sulla regola, in tema di pittura di paesaggio, di non separare mai l’elemento scientifico da quello poetico. Sosteneva ardentemente che l’immaginazione, da sola, non può produrre arte perché non è in grado di reggere il confronto con la realtà.
Ne fa prova la lettera che invia a un certo Derby, collezionista francese interessato proprio a Il cavallo che salta: «Scene del Suffolk, sponde di un fiume navigabile […] Un cavallo da traino che salta su un vecchio ponte sotto cui c’è una paratia. Piante acquatiche ed erbacee, una gallinella d’acqua spaventata fugge dal suo nido. Vicino, nei prati, la bella torre gotica di Dedham». La descrizione è scandita con scrupolo scolastico e insieme appassionato, ogni elemento del quadro diventa un’immagine pensata.
Strepitoso il taglio della scena fluviale dove il fervore descrittivo del primo piano è come placato dal vasto respiro del cielo che questa volta ci gratifica, a est, di un triangolo di purissimo azzurro; mentre da ovest sta procedendo una nuvolaglia che presto cambierà, su tutto, l’assetto delle luci e delle ombre.
Nel Castello di Hadleigh (1829) la sconfinata profondità che si spalanca oltre le due torri mozze è in sé un tropo squisitamente romantico. Constable non può più opporsi. Evocatrici del Tempo e della sua dissipazione - «Grande Scultore», secondo Marguerite Yourcenar(19) -, le rovine diventano anche per lui metafora della fatalità del destino umano.
Lorrain e Hubert Robert avevano fatto grande uso delle rovine attraverso un repertorio preromantico che guardava d’obbligo all’antichità classica, in linea con le motivazioni sentimentali del Grand Tour. Constable, che non si era mai mosso dall’Inghilterra, è dalla propria terra che trae gli elementi per rispondere allo spirito del tempo. La trasfigurazione del paesaggio che si allarga intorno alle rovine del castello riesce a far sopravvivere, pur rarefatte, presenze che l’artista conosce, frequenta e ama: pastori, bovini, bianchi uccelli in volo, rassicuranti fondali di sempre. Se il romanticismo dovrà necessariamente fare a meno della realtà, Constable al contrario riesce qui a fare della realtà uno “strumento” romantico. Anche se più tardi, nel 1835, retrocedendo nel tempo fino a età che non sono ancora storiche, dipingerà Stonehenge che per il suo carattere di studio di volumi e l’assenza di sfondo diventa una sorta di astratta, levitante evocazione di luoghi favolosi.