Dai manufatti provenienti dal “nuovo mondo” ed entrati nelle collezioni farnesiane, il visitatore viene proiettato nella Roma del XVI secolo: sullo scenario della storia si stagliano tre celebri dipinti di Tiziano provenienti dal Museo e Real bosco di Capodimonte di Napoli, dai ritratti di Paolo III e di Pier Luigi Farnese alla sensuale Danae, probabilmente un omaggio all’amante del cardinale Alessandro Farnese il Giovane. Qualche altro esempio? La Cassetta Farnese, opera rappresentativa del lusso e della raffinatezza delle corti rinascimentali italiane, e l’altrettanto sorprendente Tazza Farnese, un grande cammeo in agata sardonica di epoca ellenistica collezionato da Lorenzo il Magnifico e in seguito ereditato dai Farnese. E poi preziosi oggetti in cristallo di rocca, pietre dure, avorio.
Un approfondimento è dedicato a Paolo Giovio, esponente di spicco della corte umanistica farnesiana e ispiratore di un nuovo metodo collezionistico che la casata adottò sia a Roma sia nella più piccola e periferica Parma dove, dal 1660, il duca Ranuccio II trasferì molti dei tesori fino ad allora conservati nel palazzo romano. Ulteriori tematiche si incrociano in altri ambienti della Pilotta: ovviamente non può mancare la visita del teatro Farnese, con le testimonianze che ne ricordano la genesi e le funzioni, oltre ad altri apparati effimeri secenteschi i quali, in occasione di matrimoni, funerali, nascite, cambiavano temporaneamente il volto delle città.
Si svela anche l’“Armeria secreta” che a Parma nel 1731 comprendeva ben duemiladuecentosettantotto armi e accessori: uno straordinario documento di come i Farnese cercassero di legittimare la loro autorità attraverso l’estetica del valore militare; poi la cartografia che illustra la colonizzazione dei territori di Parma e di Piacenza. Infine, una piccola sala è dedicata alla musica ai tempi del ducato. Curiosando tra vasti saloni, corridoi, passerelle della Galleria nazionale, una particolare “caccia al tesoro” consente inoltre di rintracciare numerosi altri segni del dominio farnesiano a Parma: per esempio diversi ritratti dei duchi la cui vita fu ricca di episodi avvincenti, talvolta inquietanti o scandalosi. Si tratta di dipinti che fanno parte della collezione permanente e rappresentano ulteriori “manifesti” di una vicenda che, tra la metà del Cinquecento e gli anni Trenta del Settecento, vide il ducato di Parma e Piacenza inserito appieno nella storia italiana, europea e addirittura mondiale, come intende comunicare l’impostazione critica orientata verso la “Global History” a cui fa riferimento il progetto espositivo.