Musei da conoscere
MUSEO FORTUNY A VENEZIA

La casa delle
meraviglie

verdeLa dimora-atelier di Mariano Fortuny Y Madrazo e della moglie e musa ispiratrice Henriette Nigrin, riaperta pochi mesi fa dopo importanti interventi conservativi e di restauro, diventa museo permanente con un riallestimento che restituisce sala per sala la memoria del geniale artista spagnolo.

Maurizia Tazartes

Una reggia, ma anche un luogo di lavoro straordinario, creato a Venezia da un personaggio geniale come Mariano Fortuny y Madrazo (Granada 1871 - Venezia 1949). Palazzo Pesaro degli Orfei, detto palazzo Fortuny dal suo ultimo proprietario, rivede la luce restaurato e riallestito per trasformarsi in museo permanente. Si trova nel cuore della città di Venezia, a San Marco, tra il rio di Ca’ Michiel e il campo di San Beneto. È una grande, elegante struttura tardogotica, ancora con le sue pietre antiche, piena di fascino e di atmosfera. L’aveva costruita tra il 1460 e il 1480 Benedetto Pesaro (Venezia 1433-1503), nobile comandante della marina veneziana, ma a dargli il volto attuale è stato lo spagnolo Mariano Fortuny y Madrazo, che all’inizio del Novecento ne aveva fatto, insieme alla moglie Henriette Nigrin, la propria dimora, raccogliendo in quegli enormi spazi tutta l’élite intellettuale europea.

Mariano Fortuny y Madrazo era un artista dalla complessa cultura. Figlio del noto pittore spagnolo Mariano Fortuny y Marsal e di Cecilia de Madrazo y Garreta, era nipote da parte materna di Federico de Madrazo y Kuntz (anche lui pittore), nominato alla sua morte (1894) direttore del Museo del Prado.
Orfano di padre a pochi anni, era stato educato a Parigi tra letterati, pittori, musicisti, scienziati internazionali. E a Parigi aveva studiato pittura nell’atelier di Benjamin Constant, dove era venuto in contatto con le varie tendenze artistiche europee. Diciottenne, si era trasferito con la madre a Venezia a palazzo Martinengo sul Canal grande, frequentando corsi serali di pittura all’Accademia di belle arti. La loro casa diventa luogo di ritrovo della migliore intellighenzia europea.
Mariano continua a studiare pittura, copiando i grandi maestri veneziani, sperimentando nuovi impasti di colore e l’incisione. Ma è attratto anche da musica, fotografia, teatro, scenografia.
Comincia a preparare bozzetti e scene per il teatro, come quelli per Tristano e Isotta di Richard Wagner suggeritigli dal drammaturgo Giuseppe Giacosa. È un artista eclettico, creativo, pieno di idee, e molto raffinato. E quando, nel 1898, si imbatte in palazzo Pesaro degli Orfei, decadente e degradato, ma bellissimo, ne rimane affascinato e decide di fare il proprio atelier nell’ampio sottotetto.



l’Atelier di pittura di Mariano Fortuny (I piano); esemplari del corredo funebre del duca di Lerma e dalmatica in velluto nero stampata in oro e argento con motivi ispirati al Rinascimento veneziano (1939).

Tra il 1899 e il 1906 acquisisce tutto l’edificio, iniziando un costante lavoro di recupero della struttura primitiva. Insieme alla moglie Henriette Nigrin, conosciuta a Parigi all’inizio del secolo, vi installa un piccolo laboratorio. Dopo pochi anni due interi piani del palazzo diventano laboratorio per la realizzazione e la stampa di abiti e tessuti in seta e velluto, diretto da Henriette, collaboratrice e musa dell’artista. Sono creazioni rivoluzionarie, nate da sperimentazioni su stoffe grezze, colori e materie prime compiute nel grande sottotetto. Ricorderà l’artista nel 1907: «Antichi frammenti tessili stampati, ritrovati in Grecia, mi hanno fatto venire l’idea di studiare delle tecniche di impressione su stoffa, così assieme a mia moglie abbiamo fondato in palazzo Orfei un atelier per la stampa secondo i nostri metodi». Il palazzo si trasforma in una fabbrica, con operai e operaie che entrano ogni mattina dal piccolo cortile e vanno a lavorare, nelle varie sale, ai telai di stampa, ai capi di abbigliamento. Ma continua a essere una dimora sofisticata e curata in ogni dettaglio, secondo scelte personalissime dei due coniugi, che lì vivono e ricevono i personaggi più importanti del tempo, poeti come D’Annunzio, scrittori come Ugo Ojetti, attrici come Eleonora Duse. Un cenacolo internazionale.

Dopo la morte di Mariano il 2 maggio 1949, la moglie dona il palazzo al Comune di Venezia perché venga «utilizzato perpetuamente come centro di cultura in rapporto con l’arte», e con l’impegno di mantenerne l’assetto originario e chiamarlo da allora in poi palazzo Fortuny. Morta Henriette nel 1965, la città prende possesso dell’immobile, per ospitarvi dal 1975 mostre temporanee. Gran parte degli arredi e degli oggetti rimangono nei magazzini o nei depositi dei musei civici veneziani. Il volto dato da Mariano e Henriette alla loro magnifica casa-atelier non poteva dunque essere più lo stesso.
Oggi un grande lavoro di ripristino e messa in sicurezza, durato due anni, seguito dal Comune di Venezia, e un allestimento ideato dal maestro Pier Luigi Pizzi con Gabriella Belli e Chiara Squarzina permettono di rivedere il luogo come l’aveva creato Mariano, le stesse stanze con le loro destinazioni e gli oggetti (moltissimi, anche se non tutti) al loro posto: dipinti, fotografie, arredi, libri, abiti, tessuti, stoffe, oggetti, brevetti. Proviamo a fare un giro nei vari ambienti: al primo piano, a sinistra del salone principale, è possibile riammirare il fascinoso Giardino d’inverno, un ambiente che accoglie una decorazione parietale di centoquaranta metri quadrati realizzata dall’artista dal 1915 al 1940 con una nuova tecnica, colori armoniosi, figure allegoriche, satiri, pappagalli, scimmie in un contesto architettonico floreale liberty, ricco di “trompe-l’oeil”. Nella stessa sala ci imbattiamo nel modello del Teatro delle feste progettato da Fortuny nel 1910 insieme a Gabriele d’Annunzio e all’architetto francese Lucien Hesse per l’esplanade des Invalides a Parigi. Mai realizzato, rappresenta la vera concezione teatrale dell’artista.


UNA DIMORA CURATA IN OGNI DETTAGLIO, DOVE I DUE CONIUGI RICEVONO I PERSONAGGI PIÙ IMPORTANTI DEL TEMPO


Preziosi tessuti e costumi antichi e orientali della collezione della mamma di Mariano Fortuny che ispirarono l’artista nella sua attività.

Sempre in questo primo piano si estende un salone di quarantadue metri quadrati, il cosiddetto Portego, arredato con gusto moresco, sete e stoffe lucenti prodotte a stampa, lampadari originali, divani zeppi di cuscini. Era l’ambiente di vita dell’artista e della moglie, con quadri alle pareti dal sapore simbolista e piccoli paesaggi, ricordo di viaggi fatti in Algeria, Marocco, nel Sud della Spagna, sistemati in un armadio-vetrina progettato da Mariano per accogliere tessuti. Tra gli arredi e gli oggetti preziosi colpiscono, al centro del salone, una dalmatica in velluto nero stampata in oro e argento di grande pregio, parte del corredo funerario del XIV duca di Lerma ucciso durante la guerra civile spagnola del 1936. Il corredo era stato commissionato dalla vedova a Fortuny, che l’aveva creato nel suo laboratorio. Molte le fotografie che sfilano sulle pareti raccontando al visitatore l’aspetto originale del salone e i volti dei protagonisti, del bruno Mariano, turbante e barba bianca, della bella moglie, colta nell’intimità e nel lavoro, di amici e familiari.
Una serie di salette laterali ci portano dentro l’attività dell’artista: lo studio del pittore con il suo cavalletto, le sue prove, i colori da lui stesso brevettati (quarantasei tempere e quattro preparatori). Le copie dall’antico, Tiepolo, Tintoretto, Goya, i quadri ispirati alle opere di Wagner, sua grande passione musicale, nudi femminili alle pareti e, nel centro, tre monumentali calchi in gesso, copie dal Torso del Belvedere e dal fregio del Partenone. «Mi sono sempre interessato a molte cose diverse, ma il mio vero mestiere è sempre rimasto la pittura: dipingo dall’età di sette anni», diceva l’artista. Percorriamo altre stanze, l’armeria, la sala della moda, con i famosi abiti di seta plissé ideati da Henriette, come il Delphos, veste in seta di forma semplice ed essenziale, ispirata alla statuaria antica, che si presenta come una tunica monocroma, caratterizzata da una finissima plissettatura. Lo scialle in seta stampata Knossos presentato a Berlino il 24 novembre 1907, indossato per l’occasione dalla ballerina Ruth St. Denis, era allora una strepitosa novità.
Se vogliamo curiosare nel secondo piano, troveremo in allestimento il vero e proprio laboratorio di Mariano con i macchinari per la stampa, la tipografia, i torchi, le macchine per la tessitura di abiti e stoffe, i modelli per il taglio. E ancora lo studio fotografico e una grande biblioteca. Tutto come allora, a dare l’impressione che in quelle grandi sale giri ancora l’artista a raccontarci il suo grande lavoro

Museo Fortuny

Venezia, San Marco 3958 (fermata Sant’Angelo)
orario 10-17, chiuso il martedì
www.visitmuve.it

ART E DOSSIER N. 400
ART E DOSSIER N. 400
LUGLIO-AGOSTO 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE - La Galleria rinasce con il suo duca di Federico D. Giannini; CORTOON - La corte notte degli Oscar di Luca Antoccia; BLOW UP - Brescia Photo Festival di Giovanna Ferri; DENTRO L’OPERA - Il dipinto come manufatto di Cristina Baldacci; XXI SECOLO - Małgorzata Mirga-Tas nel padiglione della Polonia alla Biennale di Venezia Incantesimi e sortilegi di Elena Agudio; GRANDI MOSTRE. 1 - Louise Nevelson a Venezia. Dare ordine alle cose perse di Lauretta Colonnelli; 2 - O’Keeffe fotografa a Denver. L’altro occhio di Georgia di Francesca Orsi; OUTSIDERS - Joseph Cornell: quanti ricordi entrano in una scatola? di Alfredo Accatino; GRANDI MOSTRE. 3 - Mondrian all’Aja. Parola d’ordine: sperimentare di Paola Testoni de Beaufort; 4 - Canova romantico a Treviso. Ambasciatore del gusto nuovo di Fabrizio Malachin; STUDI E RISCOPERTE. 1 - Canova e il patrimonio culturale. Un negoziatore pragmatico di Valerio Borgonuovo; LA PAGINA NERA - Ma quanto si è spenta la “città irredenta”? di Fabio Isman; MUSEI DA CONOSCERE - Museo Fortuny a Venezia. La casa delle meraviglie di Maurizia Tazartes; GRANDI MOSTRE. 5 - I Farnese a Parma. Tesori di famiglia di Marta Santacatterina; STUDI E RISCOPERTE. 2 - L’invenzione del bello ideale. Zeusi e le modelle di Crotone di Mauro Zanchi; ASTE E MERCATO a cura di Daniele Liberanome; IN TENDENZA - Jan Steen: la febbre del gioco di Daniele Liberanome; IL GUSTO DELL’ARTE - Ritratto di un salume in un interno di Ludovica Sebregondi; CATALOGHI E LIBRI a cura di Gloria Fossi; 100 MOSTRE a cura di Ilaria Rossi;86