Studi e riscoperte 1 
CANOVA E IL PATRIMONIO CULTURALE

UN NEGOZIATORE
PRAGMATICO

Tra gli eventi dedicati ad AntonioCanova nel bicentenario della morte – arricchiti dal sorprendente reperimento di un suo capolavoro perduto, la Maddalena Giacente –, la mostra conclusa pochi mesi fa a Bbologna ci permette di ricordare l’abilità “diplomatica” dello scultore veneto dimostrata nel riportare in Italia gran parte delle opere trafugate da napoleone.

Valerio Borgonovo

Le numerose iniziative promosse in Italia in occasione della celebrazione del bicentenario della morte di Antonio Canova (Possagno, Treviso, 1757 - Venezia, 1822) – nonché il sensazionale ritrovamento in Inghilterra della Maddalena giacente, capolavoro in marmo bianco risalente al 1819-1822 e per anni dato per disperso – ci hanno ricordato la statura di uno scultore, il cui valore come artista oggi più che mai risulta inscindibile da quello personale di uomo di relazioni, sempre pronto (o chi per lui) a documentare per iscritto quanto gli stava accadendo (come testimoniato dal Fondo manoscritti di Canova, oggi fruibile da tutti grazie alla recente digitalizzazione da parte della Biblioteca civica di Bassano del Grappa); tanto più quando lo scultore venne a trovarsi al centro di una delle più straordinarie imprese diplomatiche della storia moderna.

Tra il 1792 e il 1815 i Paesi Bassi, l’Egitto, la Prussia, la Spagna, l’Austria e soprattutto l’Italia furono vittime di una drammatica serie di saccheggi (dapprima) e di cessioni forzate (successivamente) dei propri archivi e delle collezioni archeologiche e storico-artistiche per mano dell’esercito napoleonico, terminale operativo di quell’ambizioso progetto enciclopedico di “museo universale” in cui far confluire a Parigi il meglio che l’arte aveva prodotto nei secoli.


CANOVA, PER RINGRAZIARE I SUOI SOSTENITORI, APPRONTÒ QUATTRO TESTE FEMMINILI IDEALI DI DIAFANA BELLEZZA


Una forma di «razzismo intellettuale» – così come l’ha definita l’antropologa americana Kirsten Scheid – si manifestò all’epoca a Parigi anche tra i suoi artisti i quali, di fronte all’ondata di indignazione internazionale, giustificarono il saccheggio appellandosi, sulla “Gazette Nationale”, alla pigrizia e alla superstizione dei romani «che non rispettavano né meritavano i loro tesori». Nel sottrarre il patrimonio culturale e quindi identitario di quei popoli ritenuti non più degni di esserne in possesso, si andò così palesando un’inquietante “doppia autorità” dell’arte, sia come simbolo di una pretesa superiorità politica che come fondamento di nuovi sistemi culturali i quali, a loro volta, avrebbero supportato il potere politico.

Dopo Roma, la città più colpita da tali spoliazioni fu Bologna, dove si è recentemente tenuta presso la Pinacoteca nazionale la mostra Antonio Canova e Bologna. Le origini della Pinacoteca (4 dicembre 2021 - 20 febbraio 2022, catalogo Electa), incentrata sull’intenso rapporto intercorso tra la città emiliana e lo scultore veneto, che lì soggiornò svariate volte fin dalla giovane età, saldando nel tempo una fitta rete di contatti con tutte le maggiori personalità intellettuali e artistiche locali, e contribuendo direttamente e indirettamente alla nascita nel 1817 della nuova Pinacoteca pontificia di Bologna, oggi Pinacoteca nazionale.


Testa ideale (Elena) (1811), Bassano del Grappa (Vicenza), Museo civico.

La mostra bolognese è stata però un’occasione anche per ricordarci, tra le altre cose, che la sconfitta dell’esercito francese nella battaglia di Waterloo del 18 giugno 1815 a opera dell’esercito britannico e di quello prussiano pose fine ai sogni napoleonici di dominio sul mondo, conducendo a Parigi tra settembre e ottobre di quell’anno tutte le principali potenze europee. Nella capitale francese fu inviato su incarico di papa Pio VII anche Antonio Canova in qualità di capo della delegazione pontificia, allo scopo di recuperare quelle opere di cui il Congresso di Vienna aveva appena sancito l’immediata restituzione poiché sottratte senza alcun negoziato diplomatico, e dunque in contrasto con le regole della guerra moderna. Ciononostante, a Canova dovette sembrare oltremodo insperata quella restituzione se rileggiamo quanto scrive da Parigi all’amico, biografo ed esegeta Leopoldo Cicognara il 2 ottobre di quel fatidico anno «in mezzo alle imprecazioni di un popolo irritato» , le ostilità dei diplomatici francesi e dello zar Alessandro I di Russia, lamentandosi della impreparazione di chi lo aveva mandato allo sbaraglio: «I primi capi di scultura stanno in mie mani, anzi in una caserma austriaca e s’incassano coi quadri migliori che ho potuto ricuperare di Roma e dello Stato, senz’averne pure una nota precisa, com’era necessario, e come l’aspetto da Roma ad ogni momento. Se qualcosa si lascia o si perde, la colpa non è mia; colpa di chi mi ha mandato senza una speranza di frutto, e senza un documento solo di ciò che si doveva reclamare. Eppure il meglio si è tolto; e tutto per forza di bajonette prussiane, austriache e inglesi».


PER PRIMO ASSECONDÒ L’IDEA CHE NON POTEVA ESSERCI IDENTITÀ CULTURALE DI UN POPOLO SENZA IL RICONOSCIMENTO DI UN PATRIMONIO COMUNE DI VALORI E DI PRINCIPI DA SALVAGUARDARE

 
Ciononostante, l’inatteso favore dimostratogli dalla delegazione britannica – dovuto principalmente all’amicizia tra Canova e William Richard Hamilton, allora sottosegretario di Stato agli Affari esteri britannico – e l’intervento del diplomatico austriaco Klemens von Metternich permisero all’emissario pontificio di riuscire in quell’impresa il cui esito favorevole solo pochi mesi prima era sembrato impossibile. Fu così che il 24 ottobre del 1815 buona parte dei tesori «di Roma e dello Stato» – a eccezione di alcune sculture e dipinti già destinati a chiese o palazzi del governo come dono del papa per stabilire buoni rapporti diplomatici con la ricostituita monarchia francese – ripartirono verso l’Italia all’interno di quarantuno carri trainati da duecento cavalli e con la protezione di due squadre di soldati tedeschi a cavallo, mentre l’artista di Possagno si dirigeva a Londra in segno di riconoscimento per il determinante aiuto offerto dagli inglesi.

Per ringraziare i suoi sostenitori (che furono in realtà numerosi), tra il 1816 e il 1817 Canova approntò quattro teste femminili ideali di diafana bellezza e di altissima qualità esecutiva, segnando l’inizio di un rapporto privilegiato con la società inglese, ma anche una svolta epocale nella riapertura dopo secoli di un canale di dialogo tra la Chiesa di Roma e il Regno Unito.
Durante il soggiorno londinese Canova ebbe modo di ammirare i marmi del Partenone appena asportati dall’acropoli di Atene, e presentati in quei giorni alla società inglese dal diplomatico britannico Thomas Bruce, VII conte di Elgin, che aveva diretto la campagna in Grecia. Canova conosceva già quelle statue e quei bassorilievi, di cui gli furono mostrati a Roma disegni e calchi in gesso proprio da lord Elgin con la speranza che il più grande scultore d’Europa accettasse l’incarico di restauro degli stessi. Nonostante Canova fin da subito si fosse mostrato riluttante a qualsiasi intervento di quel genere, il suo entusiasmo per quelle opere straordinarie, espresso ad amici e conoscenti, si rafforzò quando potè finalmente vederle dal vivo a Londra, fino a esercitare una decisiva influenza sull’opinione pubblica inglese dapprima scettica e successivamente propensa all’acquisto dei marmi da parte del Parlamento (atto il cui valore legale è oggi messo fortemente in discussione) affinché potessero entrare nelle raccolte del British Museum.


Maddalena giacente (1819-1822), particolare.

Tra le lettere di Canova degne di menzione vi è senz’altro quella del 9 novembre indirizzata a Quatremère de Quincy, ma anche e soprattutto una lettera per lo stesso lord Elgin che risulta molto indicativa dello spirito pragmatico che guidò in quei giorni lo scultore di Possagno il quale, esprimendo l’entusiasmo provato di fronte a quei «preziosi marmi recati qui dalla Grecia», scriveva: «Grand’obbligo e riconoscenza dovranno a voi, o Milord, gli amatori e gli artisti per aver trasportato vicino a noi queste memorabili e stupende sculture».
È con queste parole decisamente sorprendenti per il loro cinismo, ma in realtà frutto delle consolidate capacità diplomatiche di Canova, che si chiudeva idealmente quell’impresa e si apriva un nuovo capitolo all’alba degli Stati moderni europei, alla cui origine è anche quel concetto tuttora dibattuto di patrimonio culturale che ebbe per protagonista Antonio Canova, artista già contemporaneo che per primo assecondò l’idea che non poteva esserci identità culturale di un popolo senza il riconoscimento di un patrimonio comune di valori e di principi da salvaguardare; e che non può esserci salvezza e gloria senza una buona dose di realpolitik.

ART E DOSSIER N. 400
ART E DOSSIER N. 400
LUGLIO-AGOSTO 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE - La Galleria rinasce con il suo duca di Federico D. Giannini; CORTOON - La corte notte degli Oscar di Luca Antoccia; BLOW UP - Brescia Photo Festival di Giovanna Ferri; DENTRO L’OPERA - Il dipinto come manufatto di Cristina Baldacci; XXI SECOLO - Małgorzata Mirga-Tas nel padiglione della Polonia alla Biennale di Venezia Incantesimi e sortilegi di Elena Agudio; GRANDI MOSTRE. 1 - Louise Nevelson a Venezia. Dare ordine alle cose perse di Lauretta Colonnelli; 2 - O’Keeffe fotografa a Denver. L’altro occhio di Georgia di Francesca Orsi; OUTSIDERS - Joseph Cornell: quanti ricordi entrano in una scatola? di Alfredo Accatino; GRANDI MOSTRE. 3 - Mondrian all’Aja. Parola d’ordine: sperimentare di Paola Testoni de Beaufort; 4 - Canova romantico a Treviso. Ambasciatore del gusto nuovo di Fabrizio Malachin; STUDI E RISCOPERTE. 1 - Canova e il patrimonio culturale. Un negoziatore pragmatico di Valerio Borgonuovo; LA PAGINA NERA - Ma quanto si è spenta la “città irredenta”? di Fabio Isman; MUSEI DA CONOSCERE - Museo Fortuny a Venezia. La casa delle meraviglie di Maurizia Tazartes; GRANDI MOSTRE. 5 - I Farnese a Parma. Tesori di famiglia di Marta Santacatterina; STUDI E RISCOPERTE. 2 - L’invenzione del bello ideale. Zeusi e le modelle di Crotone di Mauro Zanchi; ASTE E MERCATO a cura di Daniele Liberanome; IN TENDENZA - Jan Steen: la febbre del gioco di Daniele Liberanome; IL GUSTO DELL’ARTE - Ritratto di un salume in un interno di Ludovica Sebregondi; CATALOGHI E LIBRI a cura di Gloria Fossi; 100 MOSTRE a cura di Ilaria Rossi;86