Tra le opere in mostra, per restare ai soli gruppi eroici, l’inedito Cavallo preparatorio per il famoso gruppo con Teseo in lotta con il centauro, il marmo oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna, mentre il gesso è nella gipsoteca di Possagno. Per il corpo del centauro, Canova studiò un cavallo in fin di vita il cui gesso, conservato nella Accademia di belle arti di Ravenna, viene esposto in una mostra per la prima volta.
Antico, bellezza, natura, ma soprattutto sentimento. Tra i tanti capolavori presentati, un focus di rara efficacia nel campo del sentimento e della ricerca in atto nei primi decenni dell’Ottocento è riservato al tema di Venere con tre opere messe a confronto, tre capolavori assoluti: la canoviana Venere che esce dal bagno, nell’inedita versione dei Musei civici, e le due tele pensate come “pendant” dal committente Girolamo Malfatti con Venere che scherza con due colombe di Francesco Hayez e Diana cacciatrice di Pelagio Pelagi. La Venere di Hayez è una risposta all’invenzione del maestro di Possagno, e il paragone tra le due dee nelle tele manifesta direttamente come la fuga in avanti del “campione” del romanticismo verso il realismo non fosse ancora stata condivisa dall’amico Palagi qualche anno dopo, restando questi fedele al principio del bello ideale. La ricchezza della mostra di Treviso si svela poi in una adunata di capolavori per emozionare il pubblico: oltre centocinquanta le opere esposte. Ecco i vertici romantici, in opere come la Maddalena penitente, la Testa di Elena, l’Endimione dormiente o la Danzatrice con il dito al mento, e il pathos della Stele funeraria di Giovanni Falier e della Stele funeraria di Giovanni Volpato, e ancora inediti come i bassorilievi con la Morte di Priamo e la Danza degli figli di Alcinoo.
La logica conclusione del percorso è la raccolta dell’Ottocento che esce per la prima volta dai depositi per trovare la sua sede permanente. Autentiche perle, opere dei maggiori protagonisti del periodo: Hayez, Appiani, Lawrence, Lipparini, Grigoletti, Kauffmann, Angeli Pascoli e molti altri fino a Caffi. Ma la visita riserva altre sorprese. Una “mostra nella mostra”: una selezione di trenta straordinari scatti artistici canoviani del fotografo Fabio Zonta: le immagini paiono procedere in sintonia con le celebri indicazioni winckelmanniane di “imitare”, creando i lavori dalle ragioni che hanno originato l’opera canoviana e trasformandole nelle proprie, sulla strada del sublime soggettivo e universale.
E poi gli interventi creativi di Anderson Tegon con la tecnica “illusionistica” del “Pepper’s Ghost” attraverso le nuove tecnologie multimediali che, tra gioco e sperimentazione, rendono la mostra, e i musei , più accattivanti e accessibili. Il nuovo Museo Luigi Bailo si rivela così un luogo di contaminazione tra le arti, fedele al compito di valorizzare il patrimonio civico, ma con una forte attenzione alle nuove tendenze, mai rinunciando alle fondamentali basi scientifiche