Molte di queste componenti sono presenti, fra IV e III millennio a.C., nello spettacolare santuario di Pranu Mutteddu in località Goni (Cagliari): è il più grande della preistoria dell’isola. Al centro è una domus de janas, detta Genna Accas, a più ambienti (evidentemente la sepoltura di un eminente personaggio), scavata entro un grande masso di trachite; intorno si sviluppano tre circoli megalitici concentrici, attraverso i quali penetra un corridoio di ingresso alla tomba, preceduto da una grande statua-menhir. Numerosi altri menhir sono distribuiti qua e là per il sito, talvolta in allineamenti talvolta in gruppi. Ancora più grande e complesso, anzi un caso unico, è il monumento di monte d’Accoddi (Sassari). Per dire meglio, un susseguirsi di monumenti: tutto era cominciato con un villaggio di capanne a pianta circolare, nel cui ambito era compresa un’area sacra assai singolare, con pietre infisse nel terreno, lastre di pietra probabilmente per sacrifici, due enormi sfere pure di pietra, forse simboli del Sole e della Luna (4000-3500 a.C.). Siamo nell’ambito della cultura di Ozieri, durante cui, ma più tardi, a quel complesso si sovrappose una piramide tronca; sulla sommità di quest’ultima, accessibile mediante una rampa esterna, si elevava una struttura parallelepipedale chiamata Tempio rosso (in quanto dipinto con ocra). In ulteriore prosieguo di tempo, intorno al 2800 a.C., nell’Età del rame, a questa struttura si sovrappose una nuova piramide tronca alta dieci metri e rivestita di grandi blocchi di pietra, anch’essa dotata di rampa che obliterava la precedente: si è parlato di “tempio a gradoni” e si sono suggeriti confronti (nell’ambito di una grande circolazione di idee e di influssi) con le ziqqurat mesopotamiche. La vita del luogo di culto e del villaggio si protrasse fino all’inizio dell’Età del bronzo.
Meritano certamente un approfondimento i menhir antropomorfi, o statue menhir, che ci accompagnano verso l’Età del rame (3500-2300 a.C.). Un importante allineamento era presente nella già ricordata località di Pranu Mutteddu, ma un sito fondamentale è quello di Laconi (Oristano): in località Gedillis sorge un grande esemplare solitario, ma soprattutto si conservano in notevole quantità menhir antropomorfi e/o statue-menhir. Sugli alti pietroni, nella parte superiore sono raffigurati sommariamente, e per la verità neppure sempre, i lineamenti (naso, sopracciglia), mentre sotto sono scolpiti in basso ma nitido rilievo “doppi pugnali” (singolari armi con due lame e un manico) e “capovolti”, cioè un motivo a tridente interpretato come figura divina “in tuffo” verso la Terra con le braccia arcuate e con la testa, in basso, raffigurata sommariamente. Figure del genere compaiono anche come incisioni parietali in domus de janas come quella detta “dell’Emiciclo” in località Sas Concas presso Oniferi (Nuoro). Ma torniamo a Laconi: qui è stato creato nel 2010, in collaborazione con altri sei Comuni dell’Oristanese, il Menhir Museum, o Museo della statuaria preistorica della Sardegna. Ai menhir maschili con pugnale e “capovolto” si aggiungono menhir femminili come quello rinvenuto in località Piscina ’e Salis, con naso triangolare e piccoli seni e, in basso, una falsa porta come quelle presenti all’interno delle domus de janas. La produzione di ceramica vascolare abbonda sia nel Neolitico sia nell’Età del rame, o Eneolitico: quella del Neolitico è più variata e raffinata nelle forme e nella decorazione, ma quella dell’Eneolitico, a partire dalla fine del III millennio, è forse più facilmente caratterizzabile grazie alla diffusione della Cultura del vaso campaniforme (vasi piuttosto semplici, a forma di campana rovesciata), inquadrabile in una tipologia che (come altre già esaminate, monumentali o artigianali) è testimoniata in gran parte d’Europa. Nell’Eneolitico evoluto e cioè fra il 2600 e il 2200 a.C., il Campidano e l’Iglesiente sono l’area di diffusione della Cultura di monte Claro, caratterizzata da ceramica con scanalature, mentre a Nord, nell’ambito della Cultura di Abealzu-Filigosa, la ceramica stessa presenta forme paragonabili a quelle delle Culture di Rinaldone in Toscana e di Artenac in Francia.