L'oggetto misterioso

DA TONGA A STONEHENGE
(PASSANDO PER MALTA)

Gloria Fossi

Un vulcano sottomarino ha devastato la capitale delle isole tonga, nel pacifico, un mese prima che a Londra s’inaugurasse la grande mostra su stonehenge.
Quali enigmi legano il famoso sito preistorico al trilite corallino che si erge, vicino al mare, dall’altra parte del mondo? E poi, perché per capirci qualcosa vale la pena andare anche a malta?

Tempo fa - prima che il 15 gennaio scorso l’isola di Tongatapu nell’oceano Pacifico fosse devastata da un’eruzione sottomarina epocale - un social internazionale di viaggi pubblicava giudizi non entusiasti sull’antico trilite di Ha‘amonga‘a Maui: erto fra le palme, a pochi passi dal mare, si trova proprio a Tongatapu, minuscola isola capitale del regno di Tonga, non più grande della nostra Elba. Mentre scrivo, i collegamenti sono difficili e non è noto se il trilite sia stato danneggiato, ma è verosimile sia ancora in piedi, visto che ha resistito per secoli a uragani e altre calamità. Dunque, nel web diversi turisti (non italiani) giudicano insignificante il monumento megalitico, altri scrivono che basta sostarci pochi minuti. È vero che in quel social milioni di persone cercano principalmente dove si mangi il migliore “chips and fish” o quali siano le spiagge più paradisiache al mondo. Non c’è niente di male ma spesso, nel caso si tratti d’arte o d’archeologia, i giudizi altrui, per quanto da rispettare, sono fuorvianti. 


La visita al sito di Ha‘amonga‘a Maui non può essere paragonata all’impatto visivo che si prova dinanzi a una cattedrale medievale; l’epoca è forse la stessa, fra XI e XIV secolo, ma ci sono ipotesi che il trilite risalga fino a tremila anni fa, quando nel Pacifico sarebbe giunto da est, dalle Sonda, il misterioso popolo navigatore dei lapita, insediatisi dapprima, a quanto si crede, in Nuova Caledonia. Decine di arcipelaghi polinesiani - Samoa, Figi, Tonga - si contendono il mitico primato di quale sia stata la prima isola colonizzata(1). Pur ammettendo una datazione tarda, corrispondente al nostro Medioevo, il trilite tongano, per quanto si sappia, è un unicum in Oceania, l’ultima vastissima area del nostro pianeta, in ordine di tempo, a essere stata abitata da esseri umani. Se ci si avvicina alla sua storia, allora sì, vi si può sostare a lungo o rimanere intrigati, come spero possa accadere a chi legge queste righe, anche senza andarci (non è dietro l’angolo).


IL TRILITE DI HA‘AMONGA‘A MAUI: ERTO FRA LE PALME, A POCHI PASSI DAL MARE, SI TROVA A TONGATAPU, MINUSCOLA ISOLA CAPITALE DEL REGNO DI TONGA. PER QUANTO SI SAPPIA, È UN UNICUM IN OCEANIA, L’ULTIMA VASTISSIMA AREA DEL NOSTRO PIANETA, IN ORDINE DI TEMPO, A ESSERE STATA ABITATA DA ESSERI UMANI




Thomas Bowen, Il porto di Tongataboo (oggi isola di Tongatapu), incisione acquerellata a mano da un disegno realizzato nel 1777 da William Bligh, Londra 1784.


Ha‘amonga‘a Maui (Trilite di Maui) (XI-XIV secolo circa ?), Heketa (Niutoua), isola di Tongatapu, arcipelago del regno di Tonga, 30 aprile 2010.

Procediamo come sempre per gradi, per capire cosa sia accaduto il 15 gennaio scorso e quali nessi legano Ha‘amonga‘a Maui al celebre cerchio preistorico di Stonehenge(2) e al tempio megalitico di Mnajdra nel sito ancor più antico di Ħaġar Qim nell’isola di Malta. 


Premessa: due secoli fa gli europei andavano ai Tropici per cercare il Paradiso perduto e vi trovavano labili tracce di ataviche culture che la dominazione coloniale in breve ha spazzato via. Oggi gli “expat” (gli espatriati) si scontrano con gli effetti del riscaldamento globale e dell’inquinamento dei mari. Nonostante tutto vi restano, attratti da ritmi di vita meno frenetici e da una natura di struggente bellezza. Proprio una giovane “expat” inglese è l’unica vittima, a quanto pare, dell’inondazione di Tongatapu del 15 gennaio scorso. Il vulcano sottomarino di Hunga Tonga-Hunga Ha‘apai, una trentina di chilometri al largo dell’isola, ha scatenato un’esplosione stimata dalle trecento alle cinquecento volte superiore per potenza distruttiva alla bomba di Hiroshima. Non distante da lì, l’arcipelago tongano di Ha’apai, in una vastissima area sismogenica, era stato testimone dello storico ammutinamento del Bounty. Il 28 aprile 1789, davanti alla costa della minuscola isola vulcanica di Tofua, gli ammutinati avevano abbandonato il capitano William Bligh su una lancia di sette metri, assieme a diciotto fra marinai e ufficiali. Bligh conosceva bene questi arcipelaghi per averli visitati nel 1777 al seguito del capitano Cook. Anzi, è il primo occidentale ad aver fatto un disegno dettagliato del porto di Tongatapu (quello oggi devastato, tuttora principale attracco dell’isola), poi acquerellato e riprodotto nel giornale di Cook(3). Dopo l’ammutinamento, Bligh tentò di far provviste sull’isola oggi deserta, allora abitata da cannibali. Riuscì a fuggire perdendo solo un uomo, lapidato dagli indigeni e, con eccezionale maestria di navigante e molto coraggio, fu in grado di mettere in salvo la sua ciurma nell’isola malese di Timor, dopo due mesi di navigazione a vista. Anni fa mi ero messa in testa di capire come ci fosse riuscito, e nel 2008 ho sorvolato la zona con due piloti neozelandesi. Mi dissero che era un’impresa disperata fotografare il vulcano, sempre coperto da nuvole. Ebbi fortuna e non lo dimenticherò mai, come quando anni prima, decollando dall’aeroporto di Tokyo, mi era apparso fra le nuvole il Fujiyama. Fortuna, anche lì, mi dissero gli amici giapponesi. Pare non accada spesso. Il vulcano di Tofua, al tramonto, apparve come per miracolo, un po’ sinistro, a pensarci ora. Se avesse eruttato all’improvviso, nel 1789, Bligh e i suoi uomini non avrebbero avuto scampo. Né forse l’avremmo avuto noi, nel 2008, sull’aeroplanino. Quando è giunta la notizia dell’eruzione del vulcano sottomarino, non lontano da Tofua, ho ripescato la fotografia un po’ sfocata (il vetro della cabina non era terso). Pare che il 15 gennaio scorso i tongani abbiano avvertito un boato, subito accompagnato dall’eruzione sottomarina. Ho pensato che per un bizzarro caso la catastrofe è avvenuta un mese prima che dall’altra parte del mondo, precisamente a diciottomilaquattrocentonovantasei chilometri di distanza, il British Museum inaugurasse a Londra una grande mostra su Stonehenge(4)


Cosa c’entra? C’entra, perché il trilite somiglia parecchio a quelli che compongono il cerchio preistorico inglese. E c’entrano anche Cook e Bligh, per converso: ambedue menzionano le antiche tombe a piramide tronca dei re tongani, poco distanti dal trilite, ma di quest’ultimo non fanno cenno. Anche loro, forse, lo considerarono insignificante. O forse non lo videro, perché anche gli indigeni che li accompagnarono a visitare l’isola lo ignoravano. Oppure, anche se è alto oltre cinque metri, forse nel Settecento era coperto dalla vegetazione. I due blocchi verticali pesano trenta-quaranta tonnellate ciascuno. Quello orizzontale è lungo sei metri. Qui, per certo, nel XIII secolo, si trovava il recinto reale di Heketa, allora capitale. La più fantasiosa teoria vuole che il trilite fosse l’accesso al recinto reale, e che le due pietre verticali simboleggiassero i figli del re, Lafa e Talaiha’apepe, mentre l’architrave suggellasse il vincolo fraterno (Ha’amonga significa fardello portato da due uomini). Del monumento tongano - così simile a quelli che compongono il cerchio di Stonehenge che si data, nella sua fase più arcaica, a circa cinquemila anni fa - non ci sono fonti scritte, solo qualche fotografia coloniale in bianco e nero. È opinione suggestiva, ma tutta da provare, che il sito risalga a un’epoca assai più remota del Medioevo. Trattandosi di una struttura antichissima, si sarebbe persa memoria della sua originaria funzione. Una cosa pare certa: doveva essere luogo di cremazione dei dignitari defunti, come Stonehenge, che sappiamo legato a riti funebri. Inoltre, orientato com’è sull’asse est-ovest, il trilite tongano aveva il ruolo di calendario astronomico, come testimoniano le tacche incise sull’architrave, che indicano i due solstizi annuali. Era orientato anche l’antichissimo sito di Malta (3200 a.C.) dove all’equinozio di primavera - spettacolo affascinante - il primo raggio di sole va a colpire una pietra verticale sull’altare del tempio. E come avviene a Stonehenge (3100 a.C., nella fase più arcaica), nel solstizio di estate. Lo stesso fenomeno si avverte a Tonga, nel solstizio di estate. Non mi pare così insignificante.


DAVANTI ALLA COSTA DELLA MINUSCOLA ISOLA VULCANICA DI TOFUA, GLI AMMUTINATI DEL BOUNTY AVEVANO ABBANDONATO IL CAPITANO WILLIAM BLIGH. IL VULCANO APPARVE COME PER MIRACOLO, UN PO’ SINISTRO. SE AVESSE ERUTTATO NEL 1789, BLIGH E I SUOI UOMINI NON AVREBBERO AVUTO SCAMPO




Il sito di Stonehenge (3100 a.C. circa, e datazioni successive), piana di Salisbury (Wiltshire, Regno Unito).


Ha‘amonga‘a Maui, fotografato nel 1880 circa. Brisbane, University of Queensland, Father Edward Leo Hayes Collection.


ll vulcano di Tofua, nell’arcipelago tongano di Ha’apai, veduta aerea, 20 maggio 2008.

ART E DOSSIER N. 397
ART E DOSSIER N. 397
APRILE 2022
In questo numero: ARTE CONTEMPORANEA - Danh Vo, Isamu Noguchi, Park Seo-Bo; CAMERA CON VISTA - Sorrentiniano non è un aggettivo; STORIE A STRISCE - Diabolik, il re del terrore; BLOW UP - Maier; GRANDI MOSTRE. 1 - La 59* Biennale di Venezia. Oltre i confini dell’umano di Ilaria Ferraris con un’intervista; GRANDI MOSTRE. 2 - Marlene Dumas a Venezia.La fine è aperta; GRANDI MOSTRE. 3 - Architette da inizio Novecento a oggi a Roma.La curva invade gli edifici; XXI SECOLO - Intervista a Mark Steinmetz. Nel tempo, sospeso, qualcosa accade; GRANDI MOSTRE. 4 - Alexander Calder a Rotterdam.Sfidare la legge di gravità; PAGINA NERA - Della villa (un impero) resta solo un mistero; LETTURE ICONOLOGICHE - Il campo di grano con corvi di Van Gogh.Niente di sinistro in quel cielo tempestoso; GRANDI MOSTRE. 5 - Dai romantici a Segantini a Padova. Le scelte poetiche; STUDI E RISCOPERTE. 1 - Le figure di spalle.Verità nascoste; STUDI E RISCOPERTE. 2 - Il vuoto evocativo in Botticelli e Malevič. Il pieno nel vuoto; L’OGGETTO MISTERIOSO - Da Tonga a Stonehenge (passando per Malta); IN TENDENZA - Dumas, una mattatrice doc.