Grandi mostre. 4
Alexander Calder a Rotterdam

UN INNO
ALLA VITA

Dotato, per i suoi tempi, di una capacità inventiva eccezionale e rivoluzionaria, Calder, pioniere dell’arte cinetica, è fonte di ispirazione per molti esponenti della scena contemporanea, come rivela l’esposizione in corso alla Kunsthal, dove venti sculture dell’artista americano dialogano con opere di autori quali Olafur Eliasson, Monika Sosnowska ed Ernesto Neto.

Paola Testoni De Beaufort

Alexander Calder, o meglio l’influenza che l’artista statunitense ha avuto sull’arte contemporanea, questo è il tema di Calder Now, fino al 29 maggio presso la Kunsthal di Rotterdam. 


Il luminoso museo, progettato nel 1992 da Rem Koolhaas, ospita per la prima volta in Europa questa mostra che presenta ben venti sculture di Calder insieme ai lavori di dieci artisti contemporanei: Olafur Eliasson, Žilvinas Kempinas, Simone Leigh, Ernesto Neto, Carsten Nicolai, Roman Signer, Aki Sasamoto, Monika Sosnowska, Sarah Sze e Rirkrit Tiravanija. Installazioni immaginifiche che sembrano sfidare la legge di gravità, sculture che falsano l’ottica visiva e opere che fanno appello a tutti i sensi umani vengono esposte con lo scopo di stimolare lo spettatore a guardare alla produzione di Calder da una nuova prospettiva, cioè cogliendone gli aspetti che influenzeranno i futuri sviluppi dell’arte del XX e XXI secolo. 


INSTALLAZIONI IMMAGINIFICHE, SCULTURE CHE FALSANO L’OTTICA VISIVA E OPERE CHE FANNO APPELLO A TUTTI I SENSI UMANI. 
SCULTURE APPESE, RIMOSSE DAI LORO PIEDISTALLI, E CHE SEMBRANO FLUTTUARE NELL'ARIA


Alexander Calder (1898-1976) proveniva da una famiglia di artisti (sia il nonno che il padre erano noti scultori, mentre la madre era un’affermata ritrattista) ma, nonostante i genitori avessero incoraggiato la sua creatività quando era bambino, venne poi dissuaso dall’intraprendere una carriera artistica. Il giovane Calder decise così di studiare ingegneria e solo dopo la laurea, nel 1919, di iscriversi all’Art Students League di New York. Nel 1926 lo troviamo a Parigi dove, già affascinato dal tema del movimento, inizia a costruire i primi giocattoli cinetici e si iscrive all’Académie de la Grande Chaumière. È in questa città che incontrerà e diverrà amico di artisti del calibro di Joan Miró, Jean Arp e Marcel Duchamp. 


Qui comincia a manifestarsi la visione personale di Calder sulla scultura che sarà all’origine di un gran numero di innovazioni artistiche a dir poco rivoluzionarie per i suoi tempi. Nella ricerca appassionata di trascendere le tre dimensioni spaziali, Calder arriva ad aggiungere alle sue opere la quarta dimensione del movimento e la quinta del sonoro, aprendo così nuove strade all’arte scultorea. Sarà proprio lui che per primo rimuoverà le sculture dai loro piedistalli per appenderle, facendole sembrare così fluttuanti nell’aria. Questi “mobiles” che si muovono liberamente nello spazio - insieme alle opere di artisti come Duchamp e László Moholy-Nagy - rappresentano la prima produzione del movimento cinetico che venne poi consacrato nel 1955 dalla mostra parigina intitolata Le Mouvement.


Alexander Calder, Mobile sur deux plans (1962), Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou.


Alexander Calder, Blue Feather (1948 circa), New York, Calder Foundation.


Olafur Eliasson, The Lost Compass (2013).

Durante il suo soggiorno in Francia, Calder visitò anche lo studio di Piet Mondrian, un’esperienza che lo convinse ad abbracciare definitivamente l’arte astratta divenendo membro del gruppo Abstraction-Création. Accantonò quindi momentaneamente i “mobiles” (così aveva definito le sue opere cinetiche) per iniziare a sperimentare con sculture astratte autoportanti, chiamate “stabiles” su suggerimento dell’amico Jean Arp. Iniziò così una nuova produzione: vi erano opere motorizzate come Dancers and Sphere (1938), nuovi “mobiles” sospesi o in piedi come Blue Feather (1948 circa) e, a partire dagli anni Cinquanta, anche sculture monumentali come .125 per l’aeroporto Idlewild di New York (oggi aeroporto JFK); la Spirale per la sede Unesco di Parigi e Trois disques per l’Expo 1967 di Montreal. Ma la scultura più grande, alta 20,5 metri, resta El Sol Rojo creata da Calder appositamente per i Giochi olimpici di Città del Messico del 1968. 


Una delle sue sculture monumentali, Teodelapio, battezzata con lo stesso nome del duca longobardo di Spoleto, venne realizzata nel 1962 e donata alla città umbra in occasione del Festival dei due mondi. In acciaio verniciato di nero, la scultura, alta 18 metri, venne posta direttamente sull’asfalto davanti alla stazione ferroviaria in modo tale che il transito dei veicoli potesse partecipare alla sua dinamicità. 


Il riflesso, i materiali comuni, il coinvolgimento di tutti i sensi, il suono, il movimento, l’architettura, la transitorietà, la forza di gravità, la novità delle performance e la concezione del rapporto spazio-ombra come poli positivi e negativi: sono tutti elementi presenti nell’arte di Calder che avranno un fondamentale impatto sulle generazioni future. Lo testimoniano le opere degli artisti internazionali presenti nella mostra di Rotterdam, a cominciare dai lavori di Olafur Eliasson, che esplora la percezione umana attraverso fenomeni naturali come la luce, oppure le opere di Simone Leigh, che utilizza materiali semplici per raccontare storie sul passato della schiavitù americana. Presenti anche opere di Žilvinas Kempinas (vincitore del Calder Prize 2007), che possiamo collocare al confine tra installazione e arte cinetica, e quelle di Monika Sosnowska, capace di trasformare materiali architettonici in sculture che, sfidando la gravità, stabiliscono nuove connessioni visive tra arte e spazio espositivo. Troviamo, inoltre, un nuovo lavoro performativo che l’artista giapponese Aki Sasamoto ha creato appositamente per questa esposizione durante la sua residenza presso l’Atelier Calder, situato nell’ex studio e dimora dell’artista a Saché, in Francia. A cinquant’anni dalla sua scomparsa, possiamo ribadire che l’eredità di Calder continua a ispirare il lavoro pionieristico di molti esponenti della scena contemporanea.


IL RIFLESSO, I MATERIALI COMUNI, IL SUONO, IL MOVIMENTO, L’ARCHITETTURA, LA TRANSITORIETÀ, LA FORZA DI GRAVITÀ


Ernesto Neto, It Happens when the Body is Anatomy of Time (2000), Edimburgo, National Galleries of Scotland.


Monika Sosnowska, Gates 3 (2014).


Alexander Calder, Untitled (1938), maquette per New York World’s Fair 1939, New York, Calder Foundation.

Calder Now

a cura di Dieter Buchhart e Anna Karina
Hofbauer e Calder Foundation
Rotterdam, Kunsthal
fino al 29 maggio
orario 10-17, lunedì chiuso
catalogo Lannoo Publishers in collaborazione
con Calder Foundation e Kunsthal Rotterdam
www.kunsthal.nl

ART E DOSSIER N. 397
ART E DOSSIER N. 397
APRILE 2022
In questo numero: ARTE CONTEMPORANEA - Danh Vo, Isamu Noguchi, Park Seo-Bo; CAMERA CON VISTA - Sorrentiniano non è un aggettivo; STORIE A STRISCE - Diabolik, il re del terrore; BLOW UP - Maier; GRANDI MOSTRE. 1 - La 59* Biennale di Venezia. Oltre i confini dell’umano di Ilaria Ferraris con un’intervista; GRANDI MOSTRE. 2 - Marlene Dumas a Venezia.La fine è aperta; GRANDI MOSTRE. 3 - Architette da inizio Novecento a oggi a Roma.La curva invade gli edifici; XXI SECOLO - Intervista a Mark Steinmetz. Nel tempo, sospeso, qualcosa accade; GRANDI MOSTRE. 4 - Alexander Calder a Rotterdam.Sfidare la legge di gravità; PAGINA NERA - Della villa (un impero) resta solo un mistero; LETTURE ICONOLOGICHE - Il campo di grano con corvi di Van Gogh.Niente di sinistro in quel cielo tempestoso; GRANDI MOSTRE. 5 - Dai romantici a Segantini a Padova. Le scelte poetiche; STUDI E RISCOPERTE. 1 - Le figure di spalle.Verità nascoste; STUDI E RISCOPERTE. 2 - Il vuoto evocativo in Botticelli e Malevič. Il pieno nel vuoto; L’OGGETTO MISTERIOSO - Da Tonga a Stonehenge (passando per Malta); IN TENDENZA - Dumas, una mattatrice doc.