Con i primi nudi eseguiti a Londra Sickert entra a piedi uniti in questo genere pittorico, sostiene il nudo realistico (“naked”) contro il nudo idealizzato (“nude”) e dipinge quadri memorabili come la sinistra Hollandaise (1906 circa), che deve probabilmente il suo titolo alla figura di una prostituta balzacchiana, l’olandese Sara Gobseck. La donna è rappresentata sul letto in un interno scuro, con le gambe accavallate, sorta di Olympia ruotata di novanta gradi; le stesse pennellate che danno luce e risalto al corpo cancellano le fattezze del volto. La figura è inserita in una rigorosa incastellatura ortogonale formata dal letto e dalla cornice dello specchio, di cui si vede solo una porzione, e serve a Sickert a inserire un elemento ulteriore di complessità spaziale, secondo modalità più sottili e fluide di quanto avvenga nel contemporaneo The Studio. The Painting of a Nude (1906), dove l’artista si raffigura nell’atelier, in un complesso gioco di riflessi, alle prese con una modella che posa nuda di fronte a lui. Nello stesso 1906, a Parigi, Sickert dipinge alcuni nudi in un linguaggio più sintetico (ad esempio La maigre Adeline, dove si avverte un lontano sapore fauve (Sickert aveva esposto nel 1905 al Salon d’Automne, dove Matisse e compagni si erano guadagnati quella etichetta).
Nel settembre del 1907, quando con ogni probabilità Sickert era ancora in Francia, come gli capitava ogni estate, Emily Dimmock, giovane e bella prostituta, veniva sgozzata a Camden Town, creando orrore e sensazione. Nei mesi seguenti venne catturato un presunto colpevole, processato e infine assolto. Quale migliore occasione per Sickert, amante dei bassifondi e delle storie di Jack lo Squartatore, per cavalcare a modo sua la storia e dipingere quattro quadri che hanno per oggetto, appunto, il “Camden Town Murder”? Sono dipinti che riprendono il tema veneziano delle due figure in una stanza spoglia e squallida. La figura maschile è vestita e sta in piedi o seduta sul letto; quella femminile, nuda, è distesa. In meno di un decennio, Sickert è diventato molto abile nel cucire le figure al contesto spaziale in cui si trovano, qui caratterizzato dalla struttura di ferro del letto e dalla carta da parati a losanghe. Dei quattro dipinti riferibili all’omicidio della povera Dimmock, tre vengono talvolta esposti sotto denominazioni che nulla hanno a che fare con quel fatto: uno di essi, per esempio, viene messo in mostra con il titolo The Camden Town Murder, o What Shall We Do for the Rent?, come se, invece che assassino e vittima, il quadro raffigurasse una coppia di poveri cristi senza soldi. I titoli hanno perciò funzione di didascalie e, a seconda dei casi, indirizzano il pensiero di chi guarda in una direzione o nell’altra. La possibilità di mantenere aperto il contenuto della storia è determinato dal fatto che in nessuno dei quattro dipinti la violenza è esplicita, ma tutti sono pervasi da una tensione latente, lo stesso carattere che si trova in Lo stupro (1869- 1870 circa), di Edgar Degas, cui i quadri dell’omicidio di Camden Town sono stati spesso accostati. Lo stupro, in particolare, è vicino a L’“Affaire” de Camden Town, dove la figura maschile, in piedi a braccia conserte, incombe su quella della donna, distesa sul letto nuda, con il sesso in vista e le braccia atteggiate in un gesto quasi difensivo. L’“Affaire” de Camden Town ha sempre mantenuto un riferimento univoco all’omicidio di Camden Town, eppure la sua genesi non ha nulla a che fare con il delitto: un bellissimo disegno, Conversation, mostra infatti che dapprincipio la composizione, sulla scia di Fille vénitienne allongée o simili opere veneziane, prevedeva non un uomo e una donna, ma due donne in una stanza, una nuda sul letto e una vestita in piedi. Il disegno giunse nelle collezioni del Royal College of Art nel 1950, anno in cui Francis Bacon vi insegnava in sostituzione di John Minton. Secondo Rebecca Daniels, l’ombra densa, quasi vischiosa, proiettata in Conversation dalla figura in piedi, fu il modello per l’analogo motivo presente in Painting, eseguito da Bacon proprio nel 1950 (Leeds City Art Gallery).