Outsiders
Keith Haring a Pisa

IL FOTOGRAFO
DELL’INVISIBILE

Alfredo Accatino

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla scoperta di grandi artisti, opere e storie spesso dimenticate: Evgen Bavčar

Quando una volta proiettai i suoi lavori a un master per affrontare il tema “creatività e pensiero laterale”, sottolineando come sia fondamentale rompere gli schemi e ribaltare la realtà osservando il problema da un altro punto di vista, mi accorsi che gli studenti pensavano stessi scherzando.

Un fotografo cieco? Una contraddizione in termini, lo capisco. Anche io, quando mi ero imbattuto nelle sue immagini, avevo totalmente “cannato” l’approccio, perché la domanda che mi ero posto era stata semplicemente: «…ma come fa?».

La risposta che ha dato Evgen Bavčar, cieco dall’infanzia, mi ha fatto sentire, senza tanti giri di parole, un “pirla”. «Molti mi chiedono “come” fotografo, pochi mi chiedono “perché” fotografo».

Come tanti, avevo infatti compiuto un approccio esclusivamente fenomenologico, anziché fare quello che predico agli altri: guardare le immagini, leggerle, amarle o criticarle per quello che sono. Scoprirle e leggerle senza preconcetti. Ovviamente, non potendo vedere, Evgen opera con modalità differenti: misura con il tatto, condivide informazioni, parla con il soggetto, in un progetto partecipato, crea una rapporto complice e intenso. Un approccio collaborativo e allo stesso tempo “fisico” e mentale. Lui, poi, ne trae la sintesi, a dimostrazione che il processo “visivo” non è mai solo regolato dalla vista, ma è qualcosa di più complesso. E non è certo un caso che il termine “estetica” derivi dal greco “aisthesis”: sensazione.

«Scatto in rapporto ai rumori, ai profumi, e soprattutto in relazione alla mia esperienza della luce. Quando fotografo dico sempre: “io non ti vedo, ma ti faccio vedere agli altri…”.
Scelgo le foto facendomi consigliare da amici con lo sguardo libero e da mia nipote Veronica. L’ha scritto anche Lacan: amare è dare qualcosa che non si ha a qualcuno che non lo vuole.
Io lavoro con autofocus e infrarossi, perché il buio è lo spazio della mia esistenza, un’altra forma della luce». In fondo, fotografa semplicemente l’invisibile.

La cosa che più di tutte mi ha colpito è il fatto che ogni suo scatto, che sia un paesaggio, un ritratto, la rappresentazione di una scultura antica, un’immagine astratta, è assolutamente identificabile, a lui riconducibile, con uno stile personale che travalica l’aspetto formale, come l’utilizzo costante del bianco e nero o la non perfetta equilibratura del soggetto.

Evgen Bavčar nasce il 2 ottobre 1946 a Locavizza di Aidussina, a ventotto chilometri da Gorizia, un anno prima che il Comune in anni drammatici passasse dall’Italia alla Jugoslavia assumendo il nome di Lokavec, in una terra di confine che ha vissuto dopo la guerra gravi contrasti etnici, prima di diventare, nel 1991, parte della Slovenia.

Da bambino, due incidenti successivi lo portano a perdere la vista. A otto anni resta ferito da un ramo d’albero e perde un occhio, a dodici lo scoppio di un ordigno bellico trovato nella foresta completa il danno.


Immagine simbolo, ritratto.


Cancello con rondini

Dopo un periodo di adattamento, torna a seguire corsi per normovedenti. Quando è ancora adolescente riceve però dalla sorella un regalo inaspettato, una Zorki 6, una sorta di Leica comunista che anche io ho avuto il privilegio di possedere perché costava quasi nulla e aveva un’ottica splendida.

Prova a scattare foto, e si accorge che il miracolo può accadere. Studia flosofia e storia a Lubiana, ottiene un dottorato in Filosofia dell’arte ed estetica presso la Sorbona di Parigi e collabora con il Centre national de la recherche scientifique (CNRS), vive la sua vita in piena autonomia. A partire dagli anni Ottanta, l’attività fotografica diventa sempre più continua, parte integrante di un approccio filosofico all’estetica, approfondito con una lunga serie di scritti critici. Nel 1987 realizza la sua prima mostra personale, e l’anno successivo viene nominato fotografo ufficiale del Mese della fotografia a Parigi. Diventa così apprezzato da realizzare ritratti di Umberto Eco, Hanna Schygulla, Kristin Scott-Thomas. Dice: «Faccio uscire la bellezza dal buio assoluto. Io vivo nell’oscurità, e in questa oscurità io scatto foto. Mi sarebbe piaciuto ritrarre Brigitte Bardot, l’avrei baciata sulla bocca».

Il suo lavoro ha aperto una strada a un fenomeno espressivo che sta crescendo a livello mondiale coinvolgendo altri artisti non vedenti, in un percorso di continua rottura delle barriere.

Bavčar, naturalizzato francese, divide la sua vita tra Lokavec e Parigi. Compare nei film del regista belga Boris Lehman e in quello del suo amico Peter Handke, L’Absence (1992). Continua a fotografare e scrivere intorno al tema centrale della sua ricerca: “il visibile e l’invisibile”. Nel 1992 ha pubblicato l’autobiografia Le Voyeur absolu.

Poliglotta, parla tedesco, sloveno, francese, italiano, spagnolo, portoghese, croato. Potete scoprire in rete numerose sue interviste, anche in italiano. 

Secondo me si merita come omaggio una frase di Alejandro Jodorowsky, scrittore e regista cileno di un capolavoro come La montagna sacra (1973), che vorrei un giorno ospitare in queste pagine: «Chiudete gli occhi e ricominciate».


Bimba che corre (1993), opera che l’autore ha voluto sulla copertina del suo libro autobiografico Nostalgia della luce, 1995.


Evgen Bavˇcar alla mostra della Quicksilver Galerie nel 2005 negli Stati Uniti.

ART E DOSSIER N. 396
ART E DOSSIER N. 396
Marzo 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE - Poli opposti si attraggono; CORTOON - La strana coppia; BLOW UP - Biennale fotografia femminile; DENTRO L’OPERA - La pittura come specchio sul mondo; GRANDI MOSTRE. 1 Libero Spazio Libero a Bologna - Dalla parte delle donne; GRANDI MOSTRE. 2 Ruth Orkin a Bassano del Grappa - La freschezza dell’istante; XX SECOLO Gli autogrill di Angelo Bianchetti - Come ponti sul fiume di Laura Graziano; GRANDI MOSTRE. 3 Sophie Tauber-Arp a New York - L’incarnazione della modernità; OUTSIDERS - Evgen Bavčar: fotografo dell’invisibile; GRANDI MOSTRE. 4 Maria Maddalena a Forlì - La leggenda della santa peccatrice; GRANDI MOSTRE. 5 Plautilla Bricci a Roma - L’architettrice, la sua storia; PAGINA NERA - I sacelli di cultura hanno vita proprio dura; GRANDI MOSTRE. 6 Le donne nella pittura da Tiziano a Boldini, in due mostre a Milano e a Brescia - Un’ossessione dai mille volti; GRANDI MOSTRE. 7 La fabbrica del Rinascimento a Vicenza - Quattro eroi all’opera; STUDI E RISCOPERTE Il fuori campo nell’arte dal Trecento al Seicento - L’assenza presente; IN TENDENZA - Con Anguissola paga anche l’incertezza. GUSTO DELL’ARTE - Stinking rose.