Grandi mostre. 3
Sophie Taeuber-Arp a New York

L’INCARNAZIONE
DELLA MODERNITÀ

Al MoMA, l’ampia retrospettiva dedicata all’artista svizzera Sophie Taeuber-Arp. Appassionata dell’arts and crafts e delle arti applicate, dimostra la sua creatività dirompente e la sua tenace volontà di sperimentare e assorbire nel proprio lavoro gli stimoli delle avanguardie dei primi decenni del novecento.

Riccarda Mandrini

Tre istituzioni, il Kunstmuseum Basel di Basilea, la Tate Modern di Londra e il MoMA - Museum of Modern Art di New York, insieme, per presentare Sophie Taeuber-Arp: Living Abstraction, mostra dedicata al lavoro e alla storia personale dell’artista svizzera.

Figura emblematica, Taeuber-Arp fece dell’Arts and Crafts e delle arti applicate un “medium” di valore, rispettato, nel bel mezzo di una scena artistica europea che consegnava al mondo e alla storia dell’arte alcuni tra i più importanti movimenti d’avanguardia dei primi quarant’anni del secolo scorso.

Sophie fu l’incarnazione perfetta della modernità come donna e artista. Nata a Davos, in Svizzera, il 19 gennaio 1889, da una famiglia della media borghesia, dopo la scuola primaria scelse di proseguire gli studi all’Istituto per disegnatori e progettisti di San Gallo e là scoprì la passione per l’Arts and Crafts e gli altri movimenti di arte applicata.

Determinata ad approfondire questo suo interesse, nel 1910 è a Monaco per studiare alla Debschitz-Schule, fondata dall’artista Wilhelm von Debschitz e dallo scultore svizzero Hermann Obrist, uno dei massimi esponenti dello Jugendstil tedesco, movimento di cui Monaco, a partire dalla fine del XIX secolo, fu il centro d’irradiazione più vivo della Germania. La città tedesca era anche l’epicentro di una fervida realtà culturale europea. Nel 1909, Vasilij Kandinskij vi aveva fondato la Neue Künstlervereinigung München (Nuova associazione degli artisti di Monaco) e nel 1911, insieme a Franz Marc, formalizzerà la nascita e la prima mostra del gruppo Der Blaue Reiter (Il Cavaliere azzurro), alla quale parteciperanno, oltre a Kandinskij e Marc, Paul Klee, August Macke, Alexej von Jawlensky, Marianne von Werefkin e Gabriele Münter.

Presto Taeuber-Arp fece sua la lezione di Kandinskij sulla spiritualità nell’arte, sulle forme astratte e sull’uso del colore come medium. Come Living Abstraction rende evidente, l’artista cercò l’astrazione nelle strutture geometriche, e l’uso del colore divenne per lei ausilio della forma e filo conduttore della narrazione dell’opera stessa.
Visse tutta la vita del proprio lavoro.

A Monaco, per sostenersi economicamente, avviò una serie di atelier per la sperimentazione e l’insegnamento delle arti applicate, mentre poneva allo studio la progettazione di maschere e costumi di scena, ambiti che svilupperà in seguito e che diventeranno una parte fondamentale della sua produzione artistica, a cui la mostra dedica una ampia sezione.

Nel 1914 le tensioni politiche e i venti di guerra la spinsero a ritornare in Svizzera. Scelse Zurigo, città cosmopolita, culturalmente viva, meta e rifugio di emigrati politici, affaristi, agenti segreti, artisti, poeti. Ancora una volta un luogo al centro delle istanze culturali del tempo. Là, nel 1915, lo studente di architettura Tristan Tzara, Hugo Ball e il poeta e artista Jean Arp (Strasburgo 1887 - Basilea 1966) - che divenne compagno e poi marito di Sophie - fondavano il movimento Dada, una delle massime espressioni delle avanguardie artistiche del Novecento. Mentre lavorava nel suo atelier dove produceva oggetti d’arredo decorati, tappeti, addobbi, borse ricamate con perline, collane - prodotti amati dalla ricca clientela del negozio delle sorelle Savarin a Zurigo - Taeuber-Arp frequentava i corsi di danza di Rudolf Laban, una figura emblematica della danza espressionista. Grazie alle lezioni del maestro ungherese riuscì a trovare nuovi stimoli per il suo lavoro. Già ben introdotta nel movimento Dada, Sophie, insieme a Mary Wigman, massima esponente della danza libera tedesca, creò una serie di performance per le “soirées” dadaiste.

RICERCÒ L’ASTRAZIONE NELLE STRUTTURE GEOMETRICHE E L’UTILIZZO DEL COLORE DIVENNE PER LEI AUSILIO DELLA FORMA E FILO CONDUTTORE DELLA NARRAZIONE



Nic Aluf, Sophie Taeuber con la sua Testa dada (1920), Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou.


Quattro spazi con croce spezzata (1932), Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou.


Pannello di cuscino (1916), Zurigo, Museum für Gestaltung, Zürcher Hochschule der Künste.

La sezione dei documenti e degli scritti personali esposti al MoMA rende evidente come questa artista fosse una persona colta, eclettica, intenzionata a percorrere il mondo dell’arte nella pienezza della sua trasversalità creativa, spesso trasformando le suggestioni in occasioni. Ed è così che per i balletti dadaisti scelse di realizzare anche i costumi di scena, convertendo l’incontro con il teatro in un nuovo fruttuoso capitolo del suo lavoro. Nel 1918, il direttore della Scuola di arti applicate di Zurigo (dove Taeuber-Arp insegnò dal 1916 al 1929) la incaricò di realizzare le marionette per lo spettacolo King Stag (Re cervo), ispirato alla commedia di Carlo Gozzi, evento presentato al Swiss Marionette Theater della stessa città. Dalla rassegna americana emerge chiaramente come Sophie concepì lo “stage” di King Stag in un spazio profondamente vivo, animato da burattini stilizzati, delicati e da animali dalle forme strane, insieme interpreti di un mondo fantastico a tratti surreale, creato per cercare di dare attimi di felicità alla gente, fuggita o stremata dalla guerra, in un inizio di secolo, il Novecento, da ricostruire culturalmente e spiritualmente.

Ben documentata la sezione riferita agli anni parigini in cui, mentre Jean Arp partecipava alla mostra dei surrealisti alla Galerie Pierre, Sophie riceveva da Paul e André Horn l’incarico per la ristrutturazione di un’ala dello storico palazzo dell’Aubette di Strasburgo e la riprogettazione di parte dell’edificio come spazio multimediale e “café-dansant”. Un’esperienza, realizzata in collaborazione con il marito e l’artista olandese Theo van Doesburg, che le offre la possibilità di dialogare con vasti spazi e tirare le somme del suo lavoro.

In mostra sono diverse le opere che attestano un passaggio di stile che va dalla narrazione libera, perfino anarchica delle Figure estese degli anni Venti, alle forme rigide e modulari delle Composizioni multispazio e delle Composizioni schematichefrutto delle tematiche costruttiviste degli anni successivi.

Ma nulla poteva essere leggero o spensierato, alla fine degli anni Trenta. L’Europa stava per entrare in un’altra guerra.

Quando il 10 maggio 1940 i tedeschi invadono Parigi, Sophie e Jean Arp riparano a Grasse nel Sud della Francia. Non avendo ottenuto il visto per gli Stati Uniti, tornano a Zurigo, dove Sophie nel 1943 perde la vita, una notte, accidentalmente, a causa delle esalazioni di una stufa a gas.


Testa dada (1920), Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou.


Composizione (Due dischi tagliati da una linea) (1931), Aarau (Svizzera), Aargauer Kunsthaus.

Guardie (marionette per King Stag) (1918), Zurigo, Museum für Gestaltung, Zürcher Hochschule der Künste.


Cadaqués (1932), Locarno (Svizzera), Fondazione Marguerite Arp.


Cinque figure estese (1926).

COLTA, ECLETTICA, INTENZIONATA A PERCORRERE IL MONDO DELL’ARTE NELLA PIENEZZA DELLA SUA TRASVERSALITÀ CREATIVA, SPESSO TRASFORMANDO LE SUGGESTIONI IN OCCASIONI


Come Living Abstraction dimostra, Taeuber-Arp fu parte di un mondo straordinariamente dinamico. Si trovò o fece in modo di trovarsi sempre al posto giusto al momento giusto, capace ogni volta di affermare il proprio lavoro. Il testo introduttivo del catalogo della mostra inizia con una sua frase:
«Solo se scaviamo in noi stessi e cerchiamo di essere completamente veri con noi stessi, riusciamo a fare cose di valore, vive, e solo così riusciamo a creare uno stile nuovo e che ci appartiene realmente». Questo è stato esattamente quello che Sophie Taeuber-Arp fece nella sua vita, come donna e come artista, percorrendo a modo suo le strade tracciate dalle avanguardie artistiche del suo tempo.


Aubette 127, disegno realizzato per Five-O’Clock, sala da tè del palazzo Aubette di Strasburgo, Musée d’Art Moderne et Contemporain de Strasbourg.


Gradazione (1934).

Sophie Taeuber-Arp: Living Abstraction

a cura di Anne Umland, Walburga Krupp, Eva Reifert,
Natalia Sidlina e Laura Braverman (assistente curatoriale)
New York, MoMA - Museum of Modern Art
fino al 12 marzo
catalogo Museum of Modern Art
www.moma.org

ART E DOSSIER N. 396
ART E DOSSIER N. 396
Marzo 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE - Poli opposti si attraggono; CORTOON - La strana coppia; BLOW UP - Biennale fotografia femminile; DENTRO L’OPERA - La pittura come specchio sul mondo; GRANDI MOSTRE. 1 Libero Spazio Libero a Bologna - Dalla parte delle donne; GRANDI MOSTRE. 2 Ruth Orkin a Bassano del Grappa - La freschezza dell’istante; XX SECOLO Gli autogrill di Angelo Bianchetti - Come ponti sul fiume di Laura Graziano; GRANDI MOSTRE. 3 Sophie Tauber-Arp a New York - L’incarnazione della modernità; OUTSIDERS - Evgen Bavčar: fotografo dell’invisibile; GRANDI MOSTRE. 4 Maria Maddalena a Forlì - La leggenda della santa peccatrice; GRANDI MOSTRE. 5 Plautilla Bricci a Roma - L’architettrice, la sua storia; PAGINA NERA - I sacelli di cultura hanno vita proprio dura; GRANDI MOSTRE. 6 Le donne nella pittura da Tiziano a Boldini, in due mostre a Milano e a Brescia - Un’ossessione dai mille volti; GRANDI MOSTRE. 7 La fabbrica del Rinascimento a Vicenza - Quattro eroi all’opera; STUDI E RISCOPERTE Il fuori campo nell’arte dal Trecento al Seicento - L’assenza presente; IN TENDENZA - Con Anguissola paga anche l’incertezza. GUSTO DELL’ARTE - Stinking rose.