LA FAMA: «VORREI ESSERE UNA STAR,
COSÌ BELLA, ARTIFICIALE E LUCENTE»

Marlene Dumas ha ritratto un grande numero di personaggi famosi, come si è visto, prendendo i loro ritratti dai tabloid o da fotoritratti in posa.

La galleria di star, sia della sfera mediatica che della letteratura, della storia della scienza o del pensiero, contiene in parte una dichiarazione di comunanza del suo sentire, come nel caso di Baudelaire o di Pasolini, in parte un rispecchiamento della sofferenza. La star è, per definizione, l’astro al quale si guarda con un senso di irraggiungibilità ma anche di identificazione. Molti scienziati hanno cambiato il mondo, ma solo la sofferenza di Alan Turing fa di lui un essere umano verso il quale sviluppiamo dei sentimenti empatici. Molti letterati hanno svelato lati dell’animo umano, ma solo avventure esistenziali come quella di Virginia Woolf ci toccano da vicino. Possiamo leggere in questa luce una serie come quella dei Great Men, iniziata contro le leggi omofobiche in Russia (2014-2015), in cui in cui sono raccolti i visi di molte personalità che sono state perseguitate per il loro orientamento sessuale, una tragedia ricorrente nella storia dell’umanità. 

 
Tra le personalità mediatiche che sono state inseguite dai tabloid, molte sono state dimenticate. Solo alcune, come Marilyn Monroe o Amy Winehouse, hanno pagato la loro notorietà e il loro talento in un modo così disperato da fare muovere la nostra umanità. Ma muovono anche le coscienze. Se Naomi Campbell appare tanto spesso e in modo così eroico, oltre che erotico, nei quadri di Marlene Dumas, probabilmente è perché viene interpretata come un punto di svolta per l’ingresso della femminilità nera nella sfera della dignità, e non solo in quella dello spettacolo animalesco con cui, indipendentemente dalla sua personalità, fu veicolata Joséphine Baker. Dumas le dedica un inchiostro nel 1997 in cui il suo viso diventa una maschera. In Naomi (1995) il volto esce da un rettangolo nero e si colora di azzurro e di viola, gli occhi chiusi e bocca provocante piegano un effetto cinematografico alla resa del fascino. 

Pasolini (2012).


Pasolini’s Mother (2012).

Guardiamo i due quadri dedicati a Pasolini e a sua madre. Marlene Dumas ci restituisce la similitudine dei loro sguardi, dei loro zigomi alti da friulani, la lucidità disperata di entrambi (Pasolini, 2012 e Pasolini’s Mother, 2012). Il figlio lo fu per la sua sorte di emarginato in quanto omosessuale, amante perdipiù dei “ragazzi di vita”, ma anche in quanto intellettuale che, nonostante l’adesione al marxismo, non riuscì mai a rendersi organico ad alcun partito. Un uomo controverso e disposto allo sbando, anche se ebbe la forza di imporsi come editorialista del maggiore quotidiano italiano e come presenza televisiva, pienamente inserita nel sistema mediatico. La madre si emarginò da sola per supportare l’amato Pieruti (così chiamava Pier Paolo secondo il dialetto della sua zona), il ragazzo per il quale lasciò il marito e il paese natale. Questa donna deve avere sentito di avere un figlio eccezionale, del quale non poteva comprendere i passi. Marlene Dumas, nei suoi due ritratti, ci restituisce questa relazione tra esseri umani diversi, cioè ci spiega che ogni vera relazione madre-figlio è complessa, perché non si può e non si deve risolvere in una semplice identificazione reciproca. La madre ama il figlio anche nei lati che a lei risultano incomprensibili, e viceversa, in modo incondizionato. 

Amy Pink (2011); Riehen (Basilea), Fondation Beyeler


Amy Blue (2011); Londra, National Portrait Gallery.

I due quadri Amy Pink (2011) e Amy Blue (2011) non sono stati concepiti come un dittico, tanto è vero che sono stati acquistati da collezioni diverse. Tuttavia rappresentano due maniere complementari per rappresentare la cantante poco prima della sua morte precoce. La Amy rosa ha le labbra e gli occhi chiusi. È rinserrata in se stessa in un momento di concentrazione. La Amy blu ha le labbra semiaperte, come cantasse, e gli occhi aperti verso quel vuoto denso che è il pubblico impersonale di un concerto. Tutta la sua sapienza di padrona del corpo, della voce e del palco, era stata acquisita in anni di training vocale ma anche in una ricerca personale di quale look assorbire. Scelse quello delle Ronettes guidate da Ronnie Spector, dopo una ricerca degna di una studiosa. I quadri di Marlene Dumas non ci mostrano i suoi famosi capelli cotonati o i suoi minivestiti stretti in vita. Per descrivere questa ricerca di un’identità costruita, alla pittrice basta ripercorrere il tratto esagerato di eyeliner che ha trasformato due occhi tondi da ebrea in due buchi neri da blues. Lo sforzo immane di dare il meglio di sé, di diventare un personaggio pubblico e al contempo di cercare di avere una vita privata, ha trasformato la cantante in una vittima sacrificale della fama. Ma non è forse questa privatezza negata, anzi questa debolezza esposta al giudizio della piazza, che cerchiamo in coloro con cui tendiamo a identificarci? Non ammiriamo forse in loro il coraggio di essere umani in modo esposto, fino alla macerazione del proprio corpo? 


A pochi artisti visivi è capitato questo livello di popolarità, quello per cui John Lennon è stato ucciso e Kurt Cobain si è ammazzato. Infatti la pittrice ha dedicato un disegno a Andy Warhol che mostra le ferite provocategli da Valerie Solanas (Wound. Beuys meets Warhol, 2002), unico caso di artista così popolare da rischiarci la pelle. 

Che si tratti di uno scrittore o di una cantante, ciò che Marlene Dumas ripercorre è il cocktail di ammirazione, finzione, verità e tragedia che sa indurre intere masse di umani a scegliere alcuni individui come rappresentanti ed epitomi delle proprie aspirazioni, ma anche delle paure, dei desideri inevasi e del patimento di vivere. E lo fa con il suo linguaggio di sovrapposizioni indebite, mai retoriche, mai politicamente o storicamente corrette. Parlando delle sue “Models”, così ci spiega le sue fonti e i suoi obiettivi: «Da una vecchia cartolina africana e le gambe di Naomi Campbell su Vogue, dalla città, dal suo amare le folle e odiare la solitudine. Da Giacometti, dal bordello di Avignone, da Maria d’Egitto, da qualsiasi posto in questi giorni»(41)

Oscar Wilde (2016); Londra, Tate. L’artista descrive l’umanità in modo accorato, partecipando alle tragedie che toccano sia le masse di individui ignoti che popolano le nostre strade, sia personaggi famosi. Questi ultimi sono scelti tra coloro che sono diventati punti di riferimento intellettuale e di ispirazione morale, ma che durante la loro vita sono stati vittime del moralismo, della smania di controllo, della paura causata dal loro pensiero.


Jean Genet (2016).

41 Frammento di testo di Marlene Dumas dal catalogo Models, Stoccarda 1995.

MARLENE DUMAS
MARLENE DUMAS
Angela Vettese
Marlene Dumas (Città del Capo 1953) è tra le più influenti artiste contemporanee.Nata in Sudafrica, si è formata e poi definitivamente trasferita in Olanda. Si esprime con la pittura e il disegno, con molta parsimonia di segni e colore. Sembra muoversi nell’ambito dell’espressionismo, anche se in modo decisamente personale. I temi toccati dalla sua arte spaziano dalla sessualità alla violenza, dal razzismo all’Africa, esprimono il desiderio e la sofferenza, in una dimensione ambigua e provocatoria. L’ambito dei suoi soggetti è circoscritto alla figura umana, trattata in termini essenziali, spesso nuda e violentata, con linee pulite e sobrie che raggiungono però effetti emotivi fortemente coinvolgenti.