SESSO:
«COSA C’È DI PIÙ EROTICO
DI UN CORPO CON SEX APPEAL?»

L’artista ci ha abituato a quadri in cui ci sono genitali in forte evidenza.

Alcuni protagonisti sono maschi. In 10 Inch (1999), un’immagine di onanismo, l’ano viene raggiunto dalle dita mentre si pongono al centro della scena uno scroto violaceo e un pene rosso, che quasi tocca la bocca del soggetto. In D-Rection (1999) un ragazzo ritratto di profilo, nascosto da un casco di capelli neri, guarda il suo organo eretto ed elevato verso l’alto. Il pene è dipinto in un blu evidente, in contrasto con i colori rosa-grigi del corpo. Non sono due scene di piacere estatico, di godimento passivo in preda a qualche fantasia: anzi, notiamo atteggiamenti che coinvolgono la carne in modo eccitato ma non del tutto abbandonato al piacere. I protagonisti che godono, nelle immagini- fonte dei quadri, si espongono per il commercio del voyeurismo nell’industria pornografica(37)


Con le donne Marlene Dumas mostra di avere più confidenza, avendole ritratte anche col corpo deformato dalla gravidanza o ridotte a meri frammenti come l’area del pube. In quanto soggetti del desiderio - più che oggetti - le ha riprese in molte pose audaci: durante una fellatio, per esempio, prendendo in giro il machismo degli astrattisti in Female Artist Thinking About (Abstract) Art (1990); oppure in serie di Pin-ups smaliziate (1996) e in versioni varie di Magdalena (1996) in cui c’è tutta l’inquietudine del sesso ma anche il tentativo di sdrammatizzare il peccato. Le sue donne mostrano spesso stati alterati di coscienza, come la Blue Marilyn mostrata a occhi chiusi mentre beve da una bottiglia (2008) o la donna dal viso giallo acido e dagli occhi socchiusi che compare in Intoxication (2018). La donna ubriaca è un topos delle figurazioni dedicate alla miseria del cuore, come in L’assenzio di Edgar Degas e tra le prostitute di Henri de Toulouse-Lautrec. Nella maggior parte dei casi, però, vengono ritratti soggetti tratti da un gruppo sociale forse schiavo ma consapevole di ciò che fa: quello delle lavoratrici del sesso. 

Accanto alle fonti mediatiche ovvie, non cessano comunque di agire le opere dei pittori del passato, magari scorrendo sottotraccia come un fiume carsico che emerge ogni tanto. Molti sono però i ritratti di figure senza vita che non sembrano rimandare a una tradizione cattolica. In qualche caso siamo di fronte a gruppi, tratti di solito dalle fotografie scolastiche, ma anche da momenti più ironici: si pesi alla sfilata di posteriori che ci esibiscono le donne di Groupshow (1993), un’opera che allude alle mostre collettive raffazzonate. In realtà, dietro allo scherzo, si può vedere anche una fonte classica nel ripetersi del corpo nudo femminile come in un fregio di baccanti o di bagnanti. 

Hierarchy (1992). Il corpo femminile viene sondato in tutti i suoi aspetti, da una sessualità ispirata alla pornografia in cui la donna si dimostra parte attiva, dominante e non vittima, a una monumentalità statuaria in cui si espone con orgoglio, fino al bisogno di autodistruzione solitaria. I momenti ritratti sono sempre di forte impatto emotivo ma evitano il sentimentalismo. Ciascuna decide per sé.



Magdalena (Manet’s Queen / Queen of Spades) (1995); Amsterdam, Stedelijk Museum.

Sentiamo come l’artista racconta la genesi di un nudo: «Delacroix ha fatto un dipinto intitolato Le donne di Algeri (1834). Donne rilassate in un harem tranquillo. Picasso (1954) fece (uno tra i tanti) dipinti sensuali ispirati alla sua fonte africana-francese. Sapeva poco di dove sarebbe giunto in seguito questo orientalismo. Nel 2000 ho visto una foto di una ragazza in piedi nuda, tenuta in esposizione tra due soldati francesi in posa. Era stata scattata ad Algeri nel 1960. Ho dipinto la mia Woman of Algiers nel 2001»(38). L’intero processo ricorda con sarcasmo le atrocità della guerra coloniale in Algeria e la vulnerabilità in quel contesto delle giovani donne. I due blocchi di nero che coprono seno e genitali della ragazza alludono alla censura del regime. Tuttavia, accade anche che le donne di Marlene Dumas siano davvero immerse nel piacere sessuale, ricordando sia i dipinti di François Boucher sia un’ottica femminista: lo vediamo nel piccolo Hierarchy (1992), la cui fonte sta nel film L’empire des senses (1976) di Nagira Oshima. In Fingers (1999) una donna mostra le natiche chiare, verdognole, aperte da un ventaglio di dita scure. In Miss Pompadour (1999) le natiche restano in primo piano ma senza alcuna copertura, a mostrare vagina e ano, mentre un viso sporge da dietro con uno sguardo seducente. In Turkish Girl (1999) una donna bruna immersa nel rosso espone il suo corpo viola con le mani incrociate all’altezza delle ginocchia, che tengono dritte le gambe; noi le vediamo dal retro mentre il viso sbuca dal fondo.

Intoxication (2018)


Fingers (1999).


Miss Pompadour (1999).

Nel primissimo piano di Tongues (2018) la bocca della protagonista è impegnata a imporre un bacio a un amante quasi invisibile, mentre in Teeth (2018) incontriamo la stessa aggressività implicita nel mostrare i denti che troviamo nella Marilyn di Andy Warhol (1962) e nella Giuditta di Klimt (1901), ma qui l’aggressione è più esplicita. Non stupisce che nelle due coppie dipinte nel 2020, i due grandi quadri The Making of e Time and Chimera, si trovino sagome di donne che mostrano un movimento più evidente dei loro compagni maschi. Avviene anche, del resto, nelle serie di illustrazioni per lo Shakespeare di Venus & Adonis, (2015-2016), in inchiostro e acrilico metallico su tela, e nella sagome in coppia dipinte interpretando Le Spleen de Paris di Charles Baudelaire. Marlene Dumas ci porta a «una presentazione della femmina come complessa e consapevole»(39). Queste donne vivono ciò che Judith Butler definirebbe una continua condizione performativa, mettendo in atto quelle “pratiche della parodia” che non designano parità, ma ancora e sempre un problema(40)

Miss Pompadour (1999).


Turkish Girl (1999). La tematica del corpo femminile si interseca con quella del linguaggio della pittura, non solo perché l’artista è una donna, ma anche come riferimento a una dea madre che dà corpo sia alla vita sia alle immagini. Una figura ne crea un’altra mostrando il processo del generare figurazioni. Questa creazione può essere aiutata non solo dalla revisione di fotografie ed elementi della cultura di massa, ma anche da brani di storia dell’arte, come la rivisitazione di temi classici come le bagnanti o l’harem turco.


Time and Chimera (2020).

37 Cfr. I. Schnaffer, Dial 970-Muse: Marlene Dumas’s Pornographic Mirror, in “Parkett”, 1, 38, 1993. 
38 Cfr. Marlene Dumas: Measuring Your Own Grave, cit., p. 177. 
39 Cfr. A Portrait of the Artist as a Young Woman, a cura di M. Winzen, in Marlene Dumas Female, Colonia 2005, p. 35. 
40 Cfr. J. Butler, Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità, Roma-Bari 2017, p. 152.

MARLENE DUMAS
MARLENE DUMAS
Angela Vettese
Marlene Dumas (Città del Capo 1953) è tra le più influenti artiste contemporanee.Nata in Sudafrica, si è formata e poi definitivamente trasferita in Olanda. Si esprime con la pittura e il disegno, con molta parsimonia di segni e colore. Sembra muoversi nell’ambito dell’espressionismo, anche se in modo decisamente personale. I temi toccati dalla sua arte spaziano dalla sessualità alla violenza, dal razzismo all’Africa, esprimono il desiderio e la sofferenza, in una dimensione ambigua e provocatoria. L’ambito dei suoi soggetti è circoscritto alla figura umana, trattata in termini essenziali, spesso nuda e violentata, con linee pulite e sobrie che raggiungono però effetti emotivi fortemente coinvolgenti.