GLI AFFRESCHI‌
E LE ULTIME MEDITAZIONI

L’affresco non era una novità nella storia artistica di Annigoni; in realtà da ragazzo iniziò diversi tentativi su embrice.

Inoltre era per lui, come per Michelangelo, la vera sfida per un pittore. L’affresco non fa sconti a nessuno, non ci si può nascondere dietro ritocchi e ripensamenti continui, inoltre richiede una totale padronanza della tecnica e delle trasformazioni dei colori durante il processo chimico dell’intonaco che assorbe il colore; per Annigoni l’affresco è stato quasi totalmente una meditazione su Dio, sul sacro: «Io sono un nostalgico di Dio […] ho bisogno di sapere che in quelle chiese ci sono uomini che pregano […]. Interrogo me stesso serenamente, però, devo dire che il desiderio di una fede certa e rivelata nel Divino ha radici profonde nel mio spirito». In questo desiderio della fede, in questa sete d’assoluto, Annigoni è pienamente un uomo del Novecento, lacerato da una ricerca che il mondo intero rinnega, e i suoi affreschi religiosi esprimono questa lacerazione, questo grido verso Dio, come accade nei grandi film di Bergman o nelle parole del filosofo Nikolaj Berdjaev. Annigoni, dopo l’affresco nel convento fiorentino di San Marco del 1937 (ultimato nel 1941), affrontò il tema del sacro nella chiesa di San Martino a Castagno d’Andrea (Firenze), con il Crocefisso del 1958; ma sarà il 1967 l’anno in cui il maestro inizierà la grande sfida di un intero ciclo. La chiesa, il santuario della Madonna del Buonconsiglio (Ponte Buggianese, Pistoia), lo attraeva per via delle grandi pareti e della cupola. Annigoni eseguì sempre gratuitamente i suoi affreschi nelle chiese.


Anche a Montecassino (1978-1980) Annigoni affrontò grandi sfide, estetiche e anche dal punto di vista fisico. Di grande espressività restano i bozzetti, gli studi preparatori per gli affreschi; in essi Annigoni era totalmente libero e la sua anima volava, ben oltre la figurazione classica e oltre l’Informale moderno, scoprendo territori nuovi. Il suo ultimo ciclo di affreschi è a Padova, nella Basilica del santo (1978-1988). Lì il pittore ha cercato il dialogo con Dio, tendendogli la mano e l’anima. Occorre davvero un volume a parte per rendere giustizia a queste opere monumentali, ma vorrei concludere con l’ultimo affresco, dedicato alla parabola del figliol prodigo; nella chiesa di Padova Annigoni dipinge anche una pala d’altare dedicata a padre Kolbe, dove il corpo martirizzato del beato risente molto del confronto con Bacon, pittore che assai lo turbava.

Deposizione e Resurrezione di Cristo (1967); Ponte Buggianese (Pistoia), santuario della Madonna del Buon Consiglio.


Annigoni riesce a manifestare la grandezza del suo genio anche nel piccolo e semisconosciuto santuario della Madonna del Buonconsiglio di Ponte Buggianese in provincia di Pistoia, in cui si misura con straordinaria forza espansiva e per certi versi polemica, con la questione della fede in rapporto alla contemporaneità. Affreschi dell’abside e della cupola del santuario della Madonna del Buon Consiglio (1975-1978) a Ponte Buggianese (Pistoia).



Il miracolo della piscina probatica (1976) intero e particolare; Ponte Buggianese (Pistoia), santuario della Madonna del Buon Consiglio.


missioni. L’ultimo ritratto che dipinge è quello della seconda moglie Rossella Segreto, rifiutando le offerte di Paul Getty e di altri miliardari. La meditazione di Annigoni fu quella delle sanguigne, una fenomenologia del volto unica nella storia dell’arte. Le polemiche non lo interessano più. Quello che doveva dimostrare lo ha dimostrato in decenni di instancabile attività; ora può dedicarsi alla leggerezza, al sogno dei lievi paesaggi, agli autoritratti dell’anima. Il volto per Annigoni è cifra dell’infinito. Nei suoi ultimi volti disegnati col gessetto a sanguigna Annigoni tenta una mediazione impossibile tra la bellezza leonardesca e il figurale di Bacon? Di certo si tratta di una serie molto ampia e di vari formati.


Negli ultimissimi anni Annigoni si dedicò anche al paesaggio; era una vacanza, un vivere nella natura, un gioco… Con i colori a olio tracciò molti piccoli paesaggi, e coi colori che avanzavano ogni domenica faceva sempre un piccolo autoritratto. Dopo una lunga malattia, Annigoni muore a Firenze, nel 1988, sepolto nel cimitero monumentale delle Porte Sante. Lascia un’opera vastissima: migliaia di disegni, incisioni, dipinti, affreschi. Non è stato di certo solo il “pittore delle regine”, come alcuni avevano tentato di classificarlo. Bernard Berenson disse di lui: «Pietro Annigoni non è solo il più grande pittore di questo secolo ma è anche in grado di competere alla pari con i più grandi pittori di tutti i tempi. Egli rimarrà nella storia dell’arte come il contestatore di un’epoca buia»(46).

Volto di Cristo (1983). Le sanguigne costituiscono un aspetto importante della produzione di Annigoni, specie negli ultimi due decenni della vita del maestro. Infatti, alla necessità di soddisfare la forte richiesta di sue opere che proveniva dal mercato, egli rispondeva con la realizzazione veloce ed estemporanea di volti, maschili o femminili, perlopiù ripresi dalle sue precedenti ricerche e studi sulle forme per le composizioni sacre, eseguendo quindi di prima intenzione profili di fantasia con il gessetto a sanguigna su carta preparata a gesso.


Bozzetto per affresco (anni Ottanta). Analogamente alle modalità operative dell’artista in ogni tempo, così anche in Annigoni il bozzetto, che scaturisce da una prima forma mentale, è una prassi di espressione chiaramente più libera e non vincolante, per cui appare legittimo immaginare la possibilità che egli sia portato a esplorare territori figurativi e tematici alternativi, come spesso l’immediatezza e la rapidità del segno di molti suoi disegni preparatori lasciano intravedere.

ANNIGONI
ANNIGONI
Valentino Bellucci