CATALOGHI E LIBRI

FEBBRAIO 2022

SOMAINI

L’imponente volume è dedicato alla scultura di Francesco Somaini (1925-2005). L’edizione bilingue, italiana e inglese, con oltre duemilacinquecento opere documentate criticamente, e un saggio di Enrico Crispolti (scomparso nel 2018), è frutto di un’impegnativa catalogazione, schedatura, revisione dell’archivio dell’artista, diretto dalla figlia Luisa. Somaini debutta alla Quadriennale di Roma nel 1948, partecipa poi, due anni dopo, alla Biennale di Venezia, con sculture in conglomerato di ferro che costituiranno un preludio alla sua fase informale, caratterizzata da un’indagine originalissima sui materiali. Da allora è un susseguirsi di sperimentazioni, per giungere al sorpasso dell’Informale, a favore di nuovi studi sul movimento: come le Tracce ottenute rotolando una matrice su un materiale morbido. Adotta anche una nuova tecnica, che gli permette di scolpire con potenti gettiti di sabbia a pressione. Le sue opere sono oggi in musei e collezioni di tutto il mondo.

A cura di Enrico Crispolti e Luisa Somaini Skira, Milano 2021 740 pp., oltre 2500 ill. colore e b.n. € 280

DA 1 A 1

Valerio Eletti, grande amico di tutti noi di “Art e Dossier”, è stato sulla fine degli anni Ottanta il primo direttore editoriale della rivista, e a lui ci legano molti ricordi di quegli anni, quando si cominciò a lavorare, con uno spirito che sapeva di avventura e di entusiasmo. La sua proteiforme figura di artista e di grafico si era già manifestata, a partire dalla metà degli anni Settanta, per quotidiani e riviste come “la Repubblica”, “L’Espresso”, “Panorama”, “Ulisse 2000”, “Qui Touring”. Prima ancora Valerio, che in quei frangenti siglava i suoi lavori V’Eletti, “faceva” il pittore. Esponeva le sue opere, e aveva pure fondato assieme ad altri una galleria e una rivista sul contemporaneo, “Spazioarte”. Poi si era occupato di rubriche radiofoniche per Rai Radio 3, fino a dirigere l’ufficio copertine dell’“Espresso”, che come si ricorderà all’epoca spesso facevano scalpore. Insomma, bei tempi… e comunque Eletti non ha perso la sua vitalità e il suo sguardo attento sul mondo. Ha fatto bene un altro amico, Paolo Bernacca, a pubblicare adesso con la sua sigla, Bernacca immagine, cinquantacinque tavole che Valerio aveva disegnato a china su carta cotone fra il 1979 e il 1981: negli anni clou del postmoderno (ma anche, ci pare, con un pizzico di Dada), dopo quarant’anni ecco ripubblicato questo progetto intrigante che avrebbe dovuto costituire un album di cento tavole che poi non vide le stampe. Avrebbe dovuto intitolarsi Da 1 a 1, passando per l’infinito, Hollywood e le maschere. Nello spirito così sagace e ricco di rimandi che sempre abbiamo riconosciuto nel suo autore, le tavole seguono una sequenza solo in apparenza surreale, fatta com’è per associazioni di idee, le sue, ma ben comprensibili anche a chi non appartenga alla sua generazione. Un po’ come le pedine del domino: ne tocchi una, se ne muovono altre, a catena. Da 1 a 1, passando per l’infinito, spiega l’autore nel saggio finale, apparteneva a quel postmoderno «che siglò il passaggio da una visione dell’arte d’avanguardia come progresso lineare e continuo, a una concezione più ampia complessa, reticolare». In altre parole, come si spiegava all’epoca, il passaggio dal percorso fluviale verso un’unica direzione, alla navigazione “random” sullo specchio di un lago. Ne riparleremo.


Valerio Eletti Bernacca immagine, Roma 2021 55 tavv. b.n. € 22

I GRECI E L’ARTE
DI FARE I CONTI

Con questo piccolo, grande libro di Giovanni Marginesu, non poteva riprendere meglio l’indimenticabile collana degli “Struzzi”, che inaugura una nuova serie diretta da un eccellente autore come Ernesto Franco. La collana, che promette di accogliere saggi di vario genere, vanta il progetto grafico di Ugo Nespolo, di cui si è parlato a novembre scorso (n. 393). In copertina, al posto del famoso struzzo («che non ha mai nascosto la testa», come scrisse Bobbio), c’è una civetta, figura inconfondibile che unita all’immagine di Atena comparve nelle monete ateniesi attorno al 525 a.C., e ormai è gadget di ogni genere nei negozi di Atene. Veniamo al saggio di Marginesu, brillante archeologo, studioso e docente universitario a Sassari (l’ordine è casuale), e in questo caso anche autore che sa abbinare al proprio sapere accademico una scrittura invidiabile per chiarezza, scioltezza, piacevolezza. Dopo il suo Il costo del Partenone (Salerno, Roma 2020), che recensimmo a suo tempo, eccoci di nuovo, ma in modo diverso, a sentir parlare di Pericle e della sua accortezza, quanto a gestione del patrimonio pubblico, che in famiglia pare si trasformasse in avarizia. Lo afferma Plutarco, con un simpatico aneddoto qui riportato, e non si fatica a credergli, considerato tutto ciò che poi ci racconta questo libro. Attraverso una narrazione dove perfino l’aneddoto assume rilevanza storica, Marginesu rievoca, come mai prima d’ora, sotto aspetti indagati con personali intuiti, l’età d’oro al tempo di Pericle, morto nella peste di Atene del 429 a.C. A proposito, è utile anche la sintetica cronologia degli eventi, per chi abbia dimenticato le date che dovremmo ricordare come una litania dai libri di scuola. A Pericle - ce lo spiega Marginesu con splendida “acribia” (termine che nel libro ha un forte significato, di precisione e freddo giudizio) - non solo dobbiamo la bellezza dell’Acropoli, dei suoi templi, dei suoi rilievi e delle sue sculture, ma anche un’amministrazione del bene pubblico che forse non guasterebbe ai nostri politici. L’immenso corpus documentario di rendiconti economici, che fu redatto in varie forme e con un linguaggio chiaro e innovativo, potrebbe servire da esempio anche oggi. Nel V secolo a.C. i greci i conti li sapevano fare, e bene, grazie a un sistema democratico che avrebbe costituito il primo, «genetico nucleo della finanza».

Giovanni Marginesu Einaudi, Torino 2021 132 pp. € 12,50

NELLA TERRA
DEL GENIO

Si legge con interesse questo nuovo libro di Marco Pellegrini, studioso del Rinascimento, incomparabile «fenomeno italiano», come recita il sottotitolo. Il saggio esce nella collana “Aculei” dell’editore Salerno, diretta da Alessandro Barbero, con uno slogan significativo: «Una visione pungente della storia. Quando il passato torna a trafiggere come una lama». Che il Rinascimento sia italiano non è affermazione banale. La rinascita dell’antica Roma, la “renovatio Urbis” si era affacciata nelle molteplici rinascite, non solo italiane, a partire dal XII secolo, come insegnò, fra i primi, Erwin Panofsky. Nella scultura e nell’architettura romanica e gotica non fu sporadico il riuso dell’antico. Il recupero dell’antichità era già agognato da un umanista come Petrarca, per citare un nome eccellente. Questa nuova luce, «la luce che rispunta», nessun letterato o filosofo o artista del tempo l’avrebbe mai chiamata “rinascimento”, termine che nacque solo nel XIX secolo. Tuttavia quello che oggi s’intende per Rinascimento vide piena affermazione, se non vera e propria codificazione, nel primo Quattrocento, con umanisti come Niccolò Niccoli, Poggio Bracciolini, Leonardo Bruni, Lorenzo Valla e molti altri, tutti già consapevoli, a differenza di Petrarca, che l’antichità non era più inavvicinabile e irripetibile. Con quali modalità il Rinascimento nacque, quali furono i meccanismi che dai primi sintomi avvisabili nel Trecento avrebbero determinato mutamenti di sostanza in ogni campo delle arti, della società, della politica, dell’economia, della scienza, della religione, di questo Pellegrini tratta con acutezza e nuove aperture in un libro che credo sarebbe piaciuto a Eugenio Garin, indagatore magistrale della filosofia e in genere del mondo del Rinascimento. Se questo fenomeno ha radici lontane e dilagò presto oltre i confini toscani e le frontiere della penisola, e se molte furono le congiunture che portarono alla sua fortuna per almeno due secoli, esso sorse in un territorio vasto e frammentato, dilaniato da rivalità e contese. Eppure fu la nostra penisola, «la terra del genio», a rappresentare, per dirla con Pellegrini, «la palestra della creatività rinascimentale», il gigantesco parco della memoria» di una remota antichità ben assimilata dagli uomini del Quattrocento.


Marco Pellegrini Salerno, Roma 2021 304 pp. € 22

ART E DOSSIER N. 395
ART E DOSSIER N. 395
FEBBRAIO 2022
In questo numero: INCROCI AL CINEMA: Beuys e Richter; Un museo per Fellini. PITTURE PALEOLITICHE: La grotta degli spiriti. IN MOSTRA: A Milano: Steinberg; Gnoli; Divisionismo. Haring a Pisa, Ghirri a Polignano a mare. DILEMMI RIPRODUTTIVI: Copia: umana o fotografica?Direttore: Claudio Pescio