Negli ultimi anni, in sostituzione di capolavori artistici rubati o musealizzati, vengono esposte copie realizzate con scanner e plotter, con estrema disinvoltura, come se queste costose e raffinate “fotocopie” potessero sostituire l’opera d’arte, e vengono ormai largamente preferite alle copie realizzate da artisti, forse per la paura di produrre dei “falsi”, o forse per la strana idea che la “pittura” sia ormai morta, e quindi neanche più in grado di riprodurre se stessa. La questione è complessa, e pone in gioco le nozioni di originale e copia, di vero e falso. Per esempio, nel 2007, nel contesto di un grande restauro del complesso monastico benedettino dell’isola di San Giorgio a Venezia, è stato collocato nel grande spazio palladiano del refettorio un “facsimile” della grande tela delle Nozze di Cana – circa 10 metri di lunghezza per 6,7 di altezza – che Paolo Veronese fu incaricato di realizzare nel giugno del 1562 e che Napoleone trafugò nel 1797, portandola al museo del Louvre, a Parigi, dove è tuttora conservata: in pratica si è collocata un’immensa “fotocopia a colori” su stoffa al posto dell’originale.
Ancora più controversa è la vicenda dell’oratorio di San Lorenzo a Palermo dal quale, nella notte tra il 18 e il 19 ottobre del 1969, fu trafugato il dipinto di Caravaggio, La Natività con san Francesco e san Lorenzo. Per risarcire almeno in parte la grave perdita, un pittore del quartiere della Kalsa ne fece una copia - di non grandissima qualità - ridotta di un terzo nelle dimensioni, in osservanza delle regole contro i falsi emanate per la tutela del patrimonio artistico. Ultimamente, si è deciso di sostituire questa copia, “minore” in ogni senso, ancora con una “fotocopia a colori” su stoffa che ha usato come modello l’unica foto a colori esistente dell’opera trafugata, riproducendone anche i graffi, fraintesi come segni pittorici.
Una problematica analoga fu risolta in modo del tutto diverso quando la Deposizione di Caravaggio, appena tornata a Roma dopo le spoliazioni napoleoniche, fu collocata per sicurezza in una collezione pontificia. Al suo posto, nella chiesa di Santa Maria della Vallicella, fu collocata un’ottima copia di mano del pittore austriaco Michael Koch (1760-1825), che ancora riesce a farci gustare il progetto iconografico della chiesa nella sua pienezza(1).