Molto è stato scritto, e altrettanto si è visto negli ultimi decenni, di specifico o attinente al nostro divisionismo, tanto che da quasi misconosciuto dal grande pubblico e altrettanto ignorato dal mercato dell’arte all’epoca della fondamentale esposizione del 1970 alla Permanente di Milano, può oggi vantare oltre un centinaio di studi specifici tra cataloghi ragionati, monografie, cataloghi di mostre e saggi specialistici. Tornare sul tema imponeva dunque di sperimentare un altro sguardo, altri schemi. La chiave, come sempre dovrebbe essere, è stata fornita dalle opere.
La Galleria d’arte moderna di Milano e la Pinacoteca della Fondazione Cassa di risparmio di Tortona conservano un numero eccezionale di dipinti d’ambito divisionista tra cui alcuni dei capolavori di questa stagione, perlopiù noti e pubblicati. La collezione tortonese, in particolare, vanta il più ampio nucleo di opere di Giuseppe Pellizza presenti in una raccolta aperta alla fruizione pubblica. Analizzando le due collezioni e visitandone le sedi spiccano dipinti strettamente legati tra loro per autore, ambito tematico, storia collezionistica. Tali tangenze hanno creato le condizioni, potrei dire persino l’urgenza, di proporre per la prima volta, attraverso una selezione puntuale di entrambe le raccolte, un confronto diretto di autori e dipinti. È di particolare efficacia l’accostamento tra Paesaggio sul Maloja (Ritorno al paese natio) di Giovanni Segantini, eseguito nel 1895 a un anno dal suo trasferimento in Alta Engadina (cantone dei Grigioni, Svizzera), e il monumentale Pascolo di Carlo Fornara, uno dei capolavori del pittore eseguito in alta valle Vigezzo (Verbano-Cusio-Ossola), esposto a Venezia nel 1905. Se, come scriverà Umberto Boccioni nel 1916 in un lungo articolo dedicato a Fornara(1), l’influenza della pittura di Segantini sul più giovane allievo «è come il primo cerchio degli innumerevoli altri, più deboli ma sempre più ampi, che si formano in un vasto stagno nel quale è stato gettato un sasso», il confronto tra i due dipinti fornisce la chiave di lettura per intendere due differenti approcci al paesaggio naturale, pur all’interno di una struttura compositiva simile organizzata a fasce orizzontali, e con una pittura fortemente materica, nel segno del divisionismo. Segantini si distacca dal soggetto e già eleva il paesaggio d’alta montagna a simbolo; Fornara insiste su una rappresentazione verista, accesa dalla cromia brillante che resterà la sua cifra personale.
Grandi mostre. 5
Il divisionismo a Milano
UN ALTRO
SGUARDO
La Galleria d’arte moderna di Milano e la pinacoteca della fondazione cassa di risparmio di tortona, custodi di molte opere divisioniste, offrono nuove chiavi di lettura del movimento sviluppatosi in italia tra fine ottocento e inizio novecento. Approfondiamo l'argomento con la curatrice del progetto espositivo.
Giovanna Ginex
Nella stessa sala, dedicata appunto al paesaggio, arriva da Tortona Il ponte di Giuseppe Pellizza, anch’esso esposto a Venezia nel 1905. Opera da assoluta contemplazione, è inizialmente ideata dal pittore con esplicito intento sociale: «Il ponte, simbolo di benessere, a cui tendono i lavoratori che vogliono salire dal sottostante torrente mediante un lungo terrapieno gradatamente innalzando sul letto del torrente»(2), ma è poi portata a compimento con una perfetta astrazione ed essenzializzazione del tema e della tecnica divisa. Il dipinto accoglie il significato morale e ideale dello studio della natura entro la fede socialista, mettendo in secondo piano la necessità di un soggetto che rappresenti in modo esplicito l’impegno sociale.
Le rappresentazioni del lavoro e dell’emarginazione sociale, risolte con un’iconografia che ne esplora ogni piega, hanno ampio spazio nelle opere dei pittori divisionisti. In mostra, una sala dedicata ospita, tra altre opere, Piazza Caricamento a Genova di Nomellini che, esposto nel 1891 alla prima Triennale di Brera, segna il nuovo corso divisionista del pittore in una rappresentazione di forte verismo dei lavoratori del porto. Lo affiancano, a confronto, altri dipinti corali che descrivono brani di vita e lavoro del proletariato milanese. L’alba dell’operaio accostato al grande studio L’uscita delle operaie dallo stabilimento Pirelli, entrambi di Giovanni Sottocornola, le due versioni delle Cucine economiche di Attilio Pusterla, per la prima volta offerte al visitatore in un raffronto diretto, un folgorante “en plein air” di Emilio Longoni che in Ona staderada denuncia il lavoro minorile, e due interni del Pio albergo Trivulzio di Angelo Morbelli che fissano in crude istantanee l’emarginazione della vecchiaia. Anche in questa sala, si propone, inoltre, una riflessione aperta agli esiti coevi della scultura, qui con l’anziano contadino in preghiera del toccante bronzo di Giulio Branca L’Ave Maria, un soggetto del 1894 che documenta gli alti esiti della scultura verista a Milano.
La presenza degli scultori, anticipatori e compagni dei pittori divisionisti nella rivoluzione tecnica e formale dell’arte italiana lungo il percorso che dalla Scapigliatura arriva al futurismo, è un ulteriore segno forte della mostra, che si apre con uno straordinario, vibrante gesso originale di Giuseppe Grandi, di cui i visitatori più attenti godranno anche la rara presenza del supporto ligneo originale. L’intera sala gravita attorno alla sua Figura femminile giacente per il monumento funerario della famiglia Noseda, databile attorno al 1880, posta in dialogo con opere di Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni, Luigi Conconi e Gaetano Previati, autore quest’ultimo di Penombre, presentato a Milano nel 1889, non a caso l’anno in cui è ristampato l’omonimo volume di versi di Emilio Praga.
In entrambe le opere, la personale declinazione dell’uso del pastello ha in comune la tecnica di stesura del materiale pittorico: filamenti di colore puro accostati con massima sapienza, fino a raggiungere una potenza espressiva che pochi anni dopo infiammerà le opere su carta di Giacomo Balla, Gino Severini e Umberto Boccioni, quest’ultimo con due pastelli nella sala che chiude il percorso della mostra. Sono questi gli artisti che nel primo decennio del Novecento, da Roma, da Milano, dalla Toscana, applicano il divisionismo alle sperimentazioni di una nuova pittura d’avanguardia.
Divisionismo. 2 Collezioni
ART E DOSSIER N. 395
FEBBRAIO 2022
In questo numero: INCROCI AL CINEMA: Beuys e Richter; Un museo per Fellini. PITTURE PALEOLITICHE: La grotta degli spiriti. IN MOSTRA: A Milano: Steinberg; Gnoli; Divisionismo. Haring a Pisa, Ghirri a Polignano a mare. DILEMMI RIPRODUTTIVI: Copia: umana o fotografica?Direttore: Claudio Pescio