Architettura per l'arte

IL RIFLESSO DI UNA
STRUTTURA SOSTENIBILE

Lo scorso novembre ha aperto i battenti l’enorme depot boijmans van beuningen di Rotterdam, progettato dallo studio olandese mvrdv nel rispetto della conservazione delle opere e della sostenibilità ambientale

Aldo Colonetti

Nasce una tipologia di museo completamente nuovo, nel panorama internazionale; nuovo non solo in relazione alla progettazione architettonica, ma soprattutto per quanto riguarda il contenuto.

Il nuovo museo di Rotterdam, disegnato dallo studio olandese MVRDV, Depot Boijmans Van Beuningen, è dedicato, come afferma lo stesso nome, al deposito di più di centocinquantunomila opere, che dallo scorso novembre è diventato visitabile dal pubblico, attraverso un percorso che non è solo fisico, perché entrandovi è come se per ciascuno di noi ci fosse la possibilità di costruire un proprio “museo” mentale.

L’ermeneutica rispetto all’opera d’arte, almeno sul piano dell’interpretazione teorica, ora diventa una realtà; ovviamente stiamo parlando di un’eccezione, in quanto l’idea progettuale nasce dalla necessità di riordinare l’immensa collezione in relazione allo spazio espositivo tradizionale, che è in grado di mettere in mostra solo l’otto per cento della collezione che va da Van Gogh fino a Warhol, compresi centinaia di prodotti di design di artisti quali Ettore Sottsass e lo studio italiano Perry King.

In un dialogo, trovato recentemente nelle carte di Gillo Dorfles, tra Renzo Piano e il sottoscritto, presso il suo studio genovese, a proposito della relazione tra museo e memoria, così si esprimeva il nostro grande critico (scomparso, centenario, pochi anni fa): «Il museo cerca di salvare l’arte del passato e anche quella del presente; oggi purtroppo più quella del presente che del passato anche recente. Anzi, è diffuso un certo abuso nella volontà di conservazione di un’opera prima ancora che questa sia, si potrebbe dire, “controllata e stagionata”».

Con questo progetto si rimette in discussione la relazione tra il passato e il presente perché il fatto di mostrare le potenzialità espositive di un’istituzione museale pone nuovi interrogativi sul ruolo e la funzione del concetto di conservazione. 


La collezione, raccolta in centosettant’anni di storia e di oscillazioni del gusto, da oggi è consegnata, così si potrebbe affermare, al gusto di ogni visitatore, che sceglie, accosta (ovviamente mentalmente), mette insieme ricerche tra loro lontane nel tempo per qualità e finalità. Il tutto all’interno di un grande spazio espositivo, dove è anche possibile osservare come nasce una mostra, come si conservano e si restaurano le opere. Un vero e proprio “backstage”, a cui ha dato una forma particolare, visibile a distanza, il team di architetti, guidato dal fondatore dello studio, Winy Maas, tra l’altro “guest editor” della rivista “Domus” nel 2019.

Un investimento di circa cinquanta milioni, quindicimila mila metri quadri su due piani per quaranta metri di altezza; la struttura, a forma di “scodella”, è rivestita da pannelli specchianti che attenuano l’impatto del volume nei riguardi del contesto urbano. Le opere non sono esposte per mostre o collezioni, ma nel rispetto della loro necessità di conservazione. Da qui le cinque diverse zone climatiche che corrispondono ad altrettanti spazi di lavoro e in questo caso anche di esposizione: metallo, plastica, organico/inorganico e fotografia. Gli spazi verticali sono comunicabili tra loro attraverso una serie di scale incrociate che consentono ai visitatori di accedere alle sale dedicate alle opere, ma anche agli studi dei curatori e ai laboratori. 


Una sorta di operazione “a cuore aperto” per vedere da vicino come funziona il sistema dell’arte: da dove nasce, come si sviluppano la conoscenza e la scoperta, dove si determina il valore, non solo culturale ma anche economico di un’opera. In sostanza, un’architettura al servizio dell’arte, svelando le regole che stanno dietro le quinte rispetto al comune visitatore e che determinano il nostro gusto.

Credo che il progetto dello studio olandese, guidato da Winy Maas, abbia indicato un ruolo nuovo rispetto alla funzione del museo contemporaneo, in particolare quello dedicato alle discipline artistiche: mettere in mostra l’arte per decifrare meglio il percorso che qualsiasi opera compie, dallo studio iniziale dell’artista fino al mercato.

L’ermeneutica dell’arte è infinita; sta a noi tentare di comprenderla, passo dopo passo, senza essere condizionati da un’ideologia estetica imperativa.

Da oggi forse sarebbe necessario, almeno una volta nella vita, passare da Rotterdam.


UN’ARCHITETTURA AL SERVIZIO DELL’ARTE, RIVESTITA DA PANNELLI SPECCHIANTI CHE ATTENUANO L’IMPATTO DEL VOLUME NEI RIGUARDI DEL CONTESTO URBANO


Immagine del Depot Boijmans Van Beuningen, esterno.

Immagine del Depot Boijmans Van Beuningen, esterno e interno.


Immagine del Depot Boijmans Van Beuningen, interno.

Depot Boijmans Van Beuningen

Rotterdam
www.boijmans.nl

ART E DOSSIER N. 395
ART E DOSSIER N. 395
FEBBRAIO 2022
In questo numero: INCROCI AL CINEMA: Beuys e Richter; Un museo per Fellini. PITTURE PALEOLITICHE: La grotta degli spiriti. IN MOSTRA: A Milano: Steinberg; Gnoli; Divisionismo. Haring a Pisa, Ghirri a Polignano a mare. DILEMMI RIPRODUTTIVI: Copia: umana o fotografica?Direttore: Claudio Pescio