CATALOGHI E LIBRI

GENNAIO 2022

ITALIA E FIANDRA
NELLA PITTURA DEL ’400

Avendo frequentato l’università a Firenze, negli anni Settanta del secolo scorso, e seguito i corsi di Roberto Salvini sui rapporti fra arte fiamminga e arte italiana, ho sfogliato con una qualche nostalgia la ricca bibliografia in appendice a questa riedizione di un libro di Liana Castelfranchi Vegas, che negli anni Ottanta divenne un classico su questi temi. All’epoca, in Italia, non erano molti i corsi sulla pittura fiamminga e in genere nordica, anche se una splendida tradizione storico-critica ci aveva regalato gli studi e i diversi approcci di Roberto Longhi, Cesare Brandi, Roberto Salvini e, appunto, Liana Castelfranchi Vegas, che aveva pubblicato i suoi primi saggi nel 1966, sulla rivista “Paragone”. Qui vi ravvisava una corrente di scambi artistici e influssi reciproci fra Fiandre e Italia (anche grazie a committenti e mercanti italiani) che vedeva fra i primi punti fermi, dall’una e dall’altra sponda, Masaccio, Domenico Veneziano e Van Eyck, e poi Beato Angelico e Rogier van der Weyden. Bene ha fatto Jaca Book a ripubblicare questo “classico”, dotandolo stavolta di un apparato iconografico rinnovato e tutto a colori.

Liana Castelfranchi Vegas Jaca Book, Milano 2021 292 pp., 156 ill. colore e b.n. € 50

LE CORBUSIER
IN INDIA

Agli inizi degli anni Cinquanta del secolo scorso, quando Le Corbusier cominciava a realizzare uno dei suoi progetti indiani meno noti, quello della villa Sarabhai nei dintorni di Ahmedabad, a nord di Bombay (oggi Mumbai), il grande architetto, il cui studio era a Parigi, aveva in cantiere oltre trentacinque lavori in tutto il mondo, e si avvaleva di uno stuolo di collaboratori, come rievoca Alessandra Rampazza nel bel saggio che correda il libro di Maria Bonaiti. Dunque, fra questi progetti, vi era anche una villa privata in India, non lontana dall’ashram di Gandhi, che fu disegnata e costruita per un imprenditore locale, Manorama Sarabhai. La villa, illustrata in questo libro da molte fotografie a colori e da un ricco corredo di immagini in bianco e nero risalenti alle diverse fasi della sua costruzione (1951-1956), è immersa in una vegetazione lussureggiante, che incornicia i vari passaggi sia all’interno sia all’esterno, arricchito da un’affascinante piscina dalla forma originalissima. Come spiega Maria Bonaiti, Le Corbusier era giunto nel 1951 a Ahmedabad, città che dal XV secolo era «crocevia delle rotte commerciali che attraversano il continente indiano». L’architetto era stato ricevuto da una delegazione di imprenditori locali, che gli commissionarono diversi progetti, come il Museo Sanskar Kendra, il Mill Owner’s Association Building, che ospitava l’Associazione dei filatori, la villa privata Shodhan e, appunto, villa Sarabhai. Senza considerare che in India, proprio nel 1951, Le Corbusier stava principiando il geniale progetto di un’intera moderna città, Chandigarh, capitale del Punjab. Ma di quest’ultima molto è stato scritto, a differenza degli altri progetti meno conosciuti. A leggere questo nuovo libro su villa Sarabhai, viene voglia di volare in India a visitarla. Maria Bonaiti ne ricostruisce tutta la vicenda, con un’appendice dedicata alle fotografie scattate da Jean-Louis Véret, giovane collaboratore di Le Corbusier, che documentano anche gli altri progetti realizzati ad Ahmedabad dal prestigioso studio parigino. Il libro, che aggiunge un tassello alla vastissima bibliografia su Le Corbusier, esce grazie al finanziamento della Università IUAV di Venezia, con la collaborazione della Fondation Le Corbusier e dell’Institut français d’architecture. Anche i saggi di grande rigore scientifico, sembra dimostrare fra le altre cose questo libro, possono essere scritti in modo comprensibile anche da chi non sia avvezzo alla storia dell’architettura. Complimenti.


Maria Bonaiti, con un saggio di Alessandra Rampazza Electa, Milano 2021 120 pp., oltre 50 ill. colore e b.n. € 25

STORIA SPREGIUDICATA
DI VENEZIA

Un libro dedicato a Venezia, impostato con un metodo piuttosto imprevedibile, ovvero, citando dal sottotitolo, un’indagine (assai ben condotta, aggiungiamo) su «come la Serenissima pianificò il suo mito». È una storia spregiudicata, senza dubbio, come recita il titolo stesso del libro, ma piacevolmente spregiudicata, anche se qualche storico rigoroso o qualche purista della lingua italiana potranno infastidirsi per un linguaggio che trae ispirazione anche dall’eloquio pubblicitario e giornalistico, infarcito di vocaboli di origine anglosassone e non solo: “marketing”, “brand”, “claim”, “reminder”, “target”, ma anche strategia del contenuto, comunicazione, resilienza (termine, quest’ultimo, davvero abusato di questi tempi). L’autore ne è perfettamente consapevole, e non senza ironia spiega fin dall’introduzione di non aver scritto il primo libro sui miti di Venezia, ma certo di essere stato il primo ad attribuire nomi moderni, talvolta fin troppo ricchi di anglicismi, alla genesi e allo sviluppo di quei miti. Peraltro l’autore, Pieralvise Zorzi, viene dal mondo della pubblicità. Per quarant’anni ha fatto il “creativo”, e ha diretto prestigiose agenzie internazionali. Ma è anche figlio di tanto padre - Alvise Zorzi, fra i più eccellenti studiosi della storia di Venezia, scomparso nel 2016, cui questo libro piacerebbe senz’altro, e non solo perché l’ha scritto il figlio - e dunque può permettersi il lusso di usare il linguaggio che crede, perché ciò di cui parla lo conosce bene, e lo affronta con gli strumenti bibliografici dello storico “classico”. La sua interpretazione sociopolitica ed economica della storia millenaria della Serenissima fa riflettere, senza considerare che, grazie alla sua conoscenza capillare delle vicende veneziane offre ai non specialisti un’infinità di notizie poco note, e di grande interesse. Dunque questo corposo saggio non è solo innovativo per il linguaggio che si diceva, ma anche per l’assunto: Venezia è stata, fin dal Medioevo, una sorta di società per azioni. Ha adottato strategie di comunicazione da multinazionale e ha avuto, come azionisti e “testimonial”, patrizi, mercanti, aristocratici al servizio di un’impresa comune: la gloria e la ricchezza di un microcosmo di bellezza, di una città unica al mondo. Nel bene e nel male, sembra dirci Zorzi.

Pieralvise Zorzi Neri Pozza, Vicenza 2021 256 pp. € 18

VIAGGIO ARCHEOLOGICO
NELL’ANTICA ETRURIA

Firenze, 28 luglio 1827. Verso le undici di sera un erudito prussiano studioso di vasi etruschi sale su una carrozza diretta a Cortona. È Wilhelm Dorow (Königsberg 1790-1846), intenzionato ad approfondire i suoi interessi archeologici attraverso la conoscenza diretta dell’antica Etruria. Lo accompagnano un giovane pittore, Giuseppe Lucherini, oggi semisconosciuto, e uno studioso di fama, Francesco Inghirami (Volterra 1772 - San Domenico, Fiesole, Firenze 1846), autore di nove volumi sui Monumenti etruschi. Dorow, da parte sua, avrebbe pubblicato nel settembre del 1828, a Pesaro, Notizie intorno alcuni vasi etruschi che aveva scritto a Roma nel settembre del 1827, poco dopo questo suo breve ma intenso soggiorno in Etruria. Lo racconterà lui stesso, nel 1829, in questo diario di viaggio, scritto a Parigi, che adesso Johan & Levi, in collaborazione con la Fondazione Luigi Rovati, ripropone nella traduzione dal francese di Elena Balzano e con un documentato saggio introduttivo di Giulio Paolucci, curatore, fra le altre cose, del bellissimo Museo archeologico di Chianciano. Il libro è corredato da un inserto con alcune tavole che riproducono le incisioni del libro originale. Queste non illustrano paesaggi pittoreschi, come accade in altri libri del classico Grand Tour in Italia, ma bassorilievi, vasi, canopi, sarcofagi e uno specchio etrusco che Dorow acquistò nel corso del suo soggiorno a Chiusi, qualche giorno dopo il suo ritrovamento. Il diario riporta una puntigliosa descrizione delle collezioni archeologiche, pubbliche e private, visitate nell’arco di poco più di una settimana, dal 29 luglio al 9 agosto, con rientro a Firenze il 10, da Arezzo. La prosa garbata è quella di uno studioso che non disdegna di descrivere anche la pianta di una città medievale come Terra Novella (oggi Terranova Bracciolini), o chiese, dipinti e monumenti di epoche più recenti. E di chi apprezza, con vena poetica, il paesaggio di una terra accogliente, popolata da persone gentili: terra, come dichiara convinto, allora poco visitata rispetto ai luoghi già entrati a far parte delle tappe obbligate del Grand Tour. E amore e conoscenza traspaiono per gli etruschi, «uno dei popoli più affascinanti del passato».


Wilhelm Dorow a cura di Giulio Paolucci Johan & Levi, Milano 2021 164 pp., 43 ill. b.n. + 5 tavv. € 23

ART E DOSSIER N. 394
ART E DOSSIER N. 394
GENNAIO 2022
In questo numero: IN MOSTRA: Bruguera a Milano; Klimt a Roma; Julie Manet a Parigi; Van Gogh ad Amsterdam; Arte dell'Oceania a Venezia. PUNTI DI ROTTURA: Arte e bolle di sapone; Shore: il declino dell'industria americana; che fine hanno fatto gli Annigoni perduti?; Che fine farà Santa Maria della neve in Valnerina?Direttore: Claudio Pescio