Gusto dell'arte

La massima espressione
del sacro

Ludovica Sebregondi

Alla ricerca di preparazioni alimentari e prodotti che trovano nell’arte puntuali riferimenti, al di là di epoche, luoghi e tradizioni: il pane

C’è qualcosa di più sacro del pane? È il frutto della terra, emblema della capacità umana di elaborare i prodotti, elemento che si “spezza” per essere condiviso. È il cibo nella sua massima espressione, anche profana, filo di Arianna delle diverse culture che proprio nel pane si uniscono.

A lungo fu azzimo, e ottenuto cuocendo presso il fuoco un impasto di acqua e farine (di orzo, avena, miglio, fave, panìco, grano, ceci o altro, a seconda del contesto), e ha continuato a essere senza lievito nei festeggiamenti della Pasqua ebraica e nella preparazione delle ostie, simbolo del corpo di Cristo nell’eucarestia della religione cristiana.

Il pane, base della sussistenza per millenni, era in origine simile a una focaccia pesante e spessa, e, come ancora oggi in Toscana e Umbria, senza sale, ingrediente costoso e soggetto a forti imposizioni fiscali. L’uso del pane sciapo è ricordato con rimpianto da Dante quando gli viene profetizzato l’esilio da Firenze: «Tu proverai sì / come sa di sale lo pane altrui» (Paradiso, XVII, 58-59).

Nel mondo cristiano non manca mai nelle rappresentazioni dell’Ultima cena, irrinunciabile insieme al vino, ma anche in altri contesti religiosi, dove la frugalità dell’alimentazione doveva caratterizzare una scelta di vita. Francisco de Zurbarán (nato in Estremadura nel 1598 e morto a Madrid nel 1664) raffigura il miracolo avvenuto nel 1084 alla mensa dei primi certosini guidati da san Bruno. Avendo ricevuto in dono della carne prima della Quaresima, erano incerti sulla liceità di mangiare “di grasso”, ma caddero addormentati per quarantacinque giorni, risvegliandosi solo dopo il periodo penitenziale, alla presenza dell’arcivescovo Ugo di Grenoble. Nel lungo periodo la carne si era trasformata in cenere, mentre il pane si era mantenuto fresco: i certosini trassero dunque dal miracolo conferma che l’ordine doveva sempre attenersi a una dieta strettamente “di magro”. 


Un grande tavolo a L occupa lo spazio del refettorio: da un lato l’arcivescovo sant’Ugo, osservato da un inserviente, si china a indicare una scodella che accoglie la carne in parte già trasformata in cenere. Alla scena assistono i primi sette certosini: san Bruno, al centro, accompagnato dai compagni nelle loro vesti di lana bianca con il cappuccio attaccato alla cocolla. Candida è anche la tovaglia finemente pieghettata che riveste il tavolo, e bianche le ceramiche (di Talavera de la Reina o di Triana), con il galero arcivescovile alla sommità dello stemma dell’ordine certosino costituito dalle sette stelle che ricordano i fondatori. La scena riprende la composizione di un’Ultima cena, ma l’ambiente è quello del refettorio della certosa sivigliana di Santa María de las Cuevas per la cui sagrestia l’opera fu commissionata. Le diverse sfumature di bianco, per le quali è famosa la straordinaria tecnica di Zurbarán, contrastano con il colore bruno, caldo, delle grandi, e miracolosamente ancora fragranti, pagnotte.

Diverso il contesto illustrato da Pietro Gaudenzi (Genova 1880 - Anticoli Corrado, Roma 1955) nel grande trittico murale Il grano, con cui partecipò nel 1940, vincendolo, alla seconda edizione del Premio Cremona sul tema «La Battaglia del grano». Gaudenzi, con evidenti riferimenti formali alla pittura rinascimentale, non interpreta il lavoro dei campi utilizzando i toni celebrativi della retorica fascista, ma accentua e rende evidenti la fatica e lo sforzo che richiede. Insieme però – nel pannello destro – l’artista enfatizza la sacralità del pane, che di questo lavoro rappresenta il risultato. Così le donne incedono ieraticamente come in processione in un borgo del Sud Italia, portando issate sulla testa con massima attenzione e concentrazione le grandi pagnotte cotte nel forno pubblico, in un ulteriore momento di condivisione.

ART E DOSSIER N. 394
ART E DOSSIER N. 394
GENNAIO 2022
In questo numero: IN MOSTRA: Bruguera a Milano; Klimt a Roma; Julie Manet a Parigi; Van Gogh ad Amsterdam; Arte dell'Oceania a Venezia. PUNTI DI ROTTURA: Arte e bolle di sapone; Shore: il declino dell'industria americana; che fine hanno fatto gli Annigoni perduti?; Che fine farà Santa Maria della neve in Valnerina?Direttore: Claudio Pescio