In precedenza, già nella pittura del Cinquecento italiano era comparsa la bolla quale referente di precarietà della dea Fortuna: Dosso Dossi, Allegoria della Fortuna ove il nudo femminile con la sua cornucopia ricca di frutti, fiori e grappoli d’uva e il suo drappo svolazzante rappresenta la dea degli antichi romani. Come la “vanitas” anche la Fortuna era avvicinata anticamente all’immagine della volubilità a cui farebbe riferimento il mantello fluttuante al vento spesso a lei associato; talora è rappresentata in piedi oppure seduta su una sfera, appoggio evidentemente molto instabile, a cui Dossi conferisce la forma di una grande bolla trasparente, deformata dal peso della dea e in atto di scoppiare. Antica divinità italica, la Fortuna poteva indicare un destino sia fausto sia infausto, presente nella vita degli uomini a distribuire in modo imprevedibile e irrazionale bene e male, gioie e dolori, un gioco impertinente con cui governa il mondo e regola la condizione umana: a tale riflessione il filosofo Seneca spesso ricorre per mettere in guardia l’uomo dai pericoli che possono derivare dai suoi attacchi. In particolare, nel Rinascimento se ne evidenziarono la casualità e l’inafferrabilità, raffigurandola sempre in pose precarie e, quando con la sfera, chiara è la derivazione dalla dea greca Τύχη, dea inafferrabile ma anche inevitabile come ben testimoniato dai numerosi riferimenti filosofici e letterari antichi. Una ripresa di questo tema si ha con Karel Dujardin, Ragazzo che soffia bolle di sapone. Allegoria della transitorietà e della brevità della vita umana: l’instabilità viene qui sottolineata dalla conchiglia (chiara allusione alla nascita di Venere) su cui poggia la sfera che a sua volta sostiene il fanciullo: la vita dell’uomo ha un equilibrio tanto instabile da poter essere infranto con la stessa facilità con cui il ragazzo può far scoppiare le bolle.
Il loro mondo variegato e i loro significati continueranno a essere presenti nell’arte, alternando la semplice raffigurazione di bambini che giocano con cannuccia e acqua saponata, quasi incantati da simili oggetti magici e fantastici, al riutilizzo di queste immagini in chiave ancora più “leggera” come nella satira politica, per evidenziare la “vanitas” del potere, o addirittura nel mondo della pubblicità (Gino Boccasile, Achille Banfi Milano).
La produzione artistica del Novecento non si sottrae al fascino e ai simboli delle bolle, come sembra proporre la rilettura del gioco infantile, non più solo divertimento, della Bolla di sapone di Natale Scarpa, in arte Cagnaccio di San Pietro: il ritratto della bambina intenta a giocare subisce una sorta di rielaborazione che si attiene alla linea interpretativa del “realismo magico”, a cui aderisce il pittore, e riconduce alla riflessione sulla transitorietà della vita attraverso la bolla, quasi cristallizzata, come la bambina, e quasi destinata a non scoppiare mai. Interessante anche l’approccio del fotografo Günter Zint, Il ragazzo che vive nei pressi del Muro in cui emerge il drammatico contrasto tra la leggerezza del gioco del bambino e la tragica presenza del filo spinato e del Muro di Berlino.
All’interno del movimento dei surrealisti emerge il richiamo all’immagine delle bolle da parte di Man Ray che ne recupera il valore simbolico applicandolo non più alla vita in generale bensì all’amore la cui sorte è mutevole, destinata a non durare e, come loro, è illusione, piacere effimero, inganno: era questo il messaggio contenuto in Rembrandt, Cupido che soffia una bolla di sapone, dove si fondevano appunto i due elementi, il gioco e la precarietà dell’amore. Nell’arco della complessa storia sentimentale con la modella e amante Lee Miller, segnata da passione e tradimenti, l’artista surrealista la ritrae nuda sul letto e intenta a soffiare bolle di sapone da una pipa, immagine allusiva alla bellezza nonché alla fragilità delle bolle che, come la stessa Lee Miller, ora ci sono e poi non più. Forse in polemica con la donna, che lasciò Parigi e Man Ray per tornare a New York, potremmo interpretare le Lacrime di vetro come bolle di sapone in miniatura. Bolle di sapone cristallizzate in lacrime, bolle di sapone che cristallizzano la vita: «Ma tu… tu sembra che devi vincerla, la vita, come se fosse una sfida…[…] È un po’ come fare tante bocce di cristallo… prima o poi te ne scoppia qualcuna […] e la vita vera magari è proprio quella che si spacca. […] e allora tu non smetterla mai di soffiare nelle tue sfere di cristallo… sono belle […] e se un giorno scoppieranno anche quella sarà vita, a modo suo… meravigliosa vita»
(4). Dalle parole di Alessandro Baricco l’ulteriore passo letterario per giungere a una riflessione finale sulla varietà e la ricchezza immaginifica delle bolle di sapone che riflettono il mondo fisico, certo, talora con rifrazione di bei colori, ma che interferiscono simbolicamente anche con la nostra vita, con le nostre fragilità, con i nostri sentimenti, ora felici ora traditi, laddove il caso e l’imprevedibile, come un battito d’ali di farfalla, possono cambiare tutto.
Il drammatico contrasto tra la leggerezza del gioco del bambino e la tragica presenza del filo spinato e del muro di Berlino