Grandi mostre. 4
Van Gogh ad Amsterdam

Il realismo,
all’estremo

Contestato dalla critica dell'epoca, I mangiatori di patate è ora al centro di un'esposizione che ne ripercorre la genesi, la storia e il processo creativo. Un dipinto che l'artista olandese considerava il suo capolavoro.

Paola Testoni De Beaufort

De aardappeleters: misser of meesterwerk? (I mangiatori di patate: errore o capolavoro?). Questo il titolo di una delle mostre più importanti della stagione 2021-2022 del Van Gogh Museum di Amsterdam (in corso fino al 13 febbraio).

Il punto interrogativo leggermente provocatorio (chi oserebbe mettere in dubbio oggi l’eccellenza del quadro?) ha invece una ragione d’essere se inserito nel contesto in cui è stato realizzato. L’esposizione verte infatti sulla storia del quadro, fornendo informazioni sia sul processo creativo dell’artista olandese – fortemente determinato dalle ambizioni che Van Gogh (1853-1890) nutriva e dai traguardi che, tramite questo dipinto, sperava di raggiungere, sia sulla gelida accoglienza dell’opera da parte di critica e pubblico e infine sulla caparbia convinzione dell’artista che per tutta la vita considererà quest’opera la migliore mai dipinta.

Vincent torna a Nuenen (Brabante settentrionale, Paesi Bassi) nel 1883 dopo il periodo passato a evangelizzare i minatori del Borinage (regione mineraria e industriale belga) e soprattutto a condividere la loro misera vita. Questa esperienza empatica si trasformerà poi in un momento fondamentale della sua maturazione professionale che rimase sempre segnata dal desiderio di dare dignità artistica all’austerità della vita e del lavoro dei più poveri. Van Gogh nella provincia del Brabante si prepara a creare un’opera che, obbedendo alle poetiche del realismo, lo aiuti a sfondare nel mercato artistico parigino.


ABBANDONA OGNI VALENZA SENTIMENTALE,
POTENZIA L'ESASPERAZIONE ESPRESSIVA DEI VOLTI

Lettera di Vincent van Gogh al fratello Theo con uno schizzo di una testa di donna (Gordina de Groot) (28 maggio 1885 circa), recto, Amsterdam, Van Gogh Museum, dove sono conservate tutte le opere pubblicate in questo articolo, se non diversamente indicato.


I mangiatori di patate (aprile - maggio 1885).


Interno con cinque figure intorno a un tavolo (marzo - aprile 1890).

Si dedica a questo lavoro con grande zelo, prima creando innumerevoli schizzi di teste, o ancor meglio di “tipi”, poi passando ai ritratti a olio dei paesani di Nuenen («Devo dipingere cinquanta teste solo per farmi un’esperienza, perché proprio ora sto entrando in carreggiata», scrive a Theo nel 1884), e infine a sperimentare colori contrastanti e complementari. Tale meticolosità preparatoria viene ben documentata nella mostra che inizia con le opere brabantine: Il vecchio campanile di Nuenen (Il cimitero dei contadini), La capanna (dove viveva la famiglia De Groot-Van Rooij, protagonista dei Mangiatori di patate) e poi Testa di donna: le tre opere vengono mostrate insieme alla lettera con lo schizzo dei Raccoglitori di patate del 1883 e al quadro La preghiera di ringraziamento del suo contemporaneo Charles Degroux (1825-1870) a conferma di quanto il tema dei pasti dei contadini fosse effettivamente molto in auge in quel tempo.

I quadri Natura morta con frutta e verdura (1884) e Donna che cuce (1885) ci accompagnano invece verso il periodo della sperimentazione sugli effetti della luce e dei colori complementari. Da Bruxelles arriva il Ritratto di contadino.

Questo e il ritratto di Gordina de Groot rappresentano gli studi di due dei personaggi dei Mangiatori di patate. Un ultimo passo nel cammino preparatorio, Van Gogh lo compie quando inizia a ritrarre contadini occupati nei lavori domestici per creare infine lo Studio per i mangiatori di patate, uno schizzo a olio del 1885 che lo portò diverse volte nella capanna dei De Groot-Van Rooij per affinare la composizione e i dettagli. Questo gran numero di studi preliminari (compresi schizzi compositivi e bozzetti raffiguranti, per esempio, mani callose), rappresenta qualcosa di non comune per Van Gogh e testimonia le ambizioni che l’artista aveva riposto in quest’opera che si staccava però radicalmente dalle idealizzazioni romantiche di suoi contemporanei come Millet e Jozef Israëls.

Vincent porta infatti all’estremo la poetica del realismo abbandonando ogni valenza sentimentale e cercando di esprimere il dato sociale in maniera impietosa, addirittura potenziandolo tramite l’esasperazione espressiva dei volti dei protagonisti. Il quadro verrà però accolto freddamente, a Theo non piacerà e anche amici e colleghi lo criticheranno aspramente. Tra questi il suo mentore Anthon van Rappard che in una lettera sbotta contro Vincent: «L’arte è per me troppo importante per essere trattata in una maniera così nonchalant». Davanti alle critiche, Van Gogh risponde sottolineando il messaggio che vuole comunicare mediante il suo quadro: «Ho voluto, lavorando, far capire che questa povera gente, che alla luce di una lampada mangia patate servendosi dal piatto con le mani, ha zappato essa stessa la terra dove quelle patate sono cresciute; il quadro, dunque, evoca il lavoro manuale e lascia intendere che quei contadini hanno onestamente meritato di mangiare ciò che mangiano. Non vorrei assolutamente che tutti si limitassero a trovarlo bello o pregevole».

E infatti, nonostante le critiche, Van Gogh resterà convinto della validità della sua opera che, anche nel tempo, continuò a considerare la migliore di tutta la sua produzione. Non è un caso che qualche anno dopo, ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy-de-Provence, Vincent valutasse ancora l’idea di dipingere una nuova versione dei Mangiatori di patate e nella primavera del 1890, ripensando al Brabante, ricominciasse a fare schizzi di pasti di contadini. Un certo numero di disegni del periodo di Saint-Rémyde- Provence, raramente esposti, come Interno con cinque figure intorno a un tavolo, mostrano quanto, dopo cinque anni, fosse ancora importante per lui questo soggetto.

La mostra prosegue poi al primo piano del museo con la ricostruzione in 3D della capanna dei Mangiatori di patate e la presentazione di un’interessante “route” nei luoghi vangoghiani-brabantini che si dipana tra trentanove monumenti, tre luoghi di “heritage” culturale e la collezione del Noordbrabants Museum a ‘s-Hertogenbosch. Il visitatore viene invitato a percorrere le località toccate da Van Gogh: Zundert, durante l’infanzia, Etten, all’inizio della carriera, Tilburg, per le lezioni di disegno, fino ad arrivare a Nuenen dove ha realizzato il suo primo capolavoro e il cui territorio è in gran parte in relazione con le opere e la vita dell’artista.


Ritratto di un contadino (1885), Bruxelles, Koninklijke Musea voor Schone Kunsten van België.


Interno della ricostruzione della Capanna visibile nella mostra in corso al Van Gogh Museum di Amsterdam.


Lettera di Vincent van Gogh al fratello Theo con uno schizzo dei Raccoglitori di patate (27 giugno 1883 circa).

De aardappeleters: misser of meesterwerk?
(I mangiatori di patate: errore o capolavoro?)

a cura di Bregje Gerritse
Amsterdam, Van Gogh Museum
fino al 13 febbraio
La mostra è accompagnata dal volume The Potato Eaters.
Van Gogh’s First Masterpiece, edito dal Van Gogh Museum
in collaborazione con Tijdsbeeld
www.vangoghmuseum.nl

ART E DOSSIER N. 394
ART E DOSSIER N. 394
GENNAIO 2022
In questo numero: IN MOSTRA: Bruguera a Milano; Klimt a Roma; Julie Manet a Parigi; Van Gogh ad Amsterdam; Arte dell'Oceania a Venezia. PUNTI DI ROTTURA: Arte e bolle di sapone; Shore: il declino dell'industria americana; che fine hanno fatto gli Annigoni perduti?; Che fine farà Santa Maria della neve in Valnerina?Direttore: Claudio Pescio