Grandi mostre. 1
Tania Bruguera a Milano

ARTIVISTA
PER NECESSITÀ

Osa in prima persona, costi quel che costi. Con questo spirito Bruguera porta avanti la sua missione: l'arte come atto di protesta sociale e politica, come occasione per seminare condivisione e partecipazione. Ne abbiamo parlato con il curatore della prima personale italiana dedicata all'artista cubana.

Marcella Vanzo

Artista e performer, Tania Bruguera (1968, L’Avana) si definisce un’“artivista”. Si occupa principalmente di potere istituzionale, confini, migrazione. Il suo intento è quello di cambiare il mondo attraverso l’arte – approccio da lei chiamato «Arte Útil» (arte utile) – e di trasformare il pubblico in cittadinanza attiva. È ora a Milano con la sua prima personale italiana al PAC - Padiglione d’arte contemporanea, dopo aver ricevuto premi importanti e aver esposto in tutto il mondo, alla Tate di Londra, per esempio, e in occasione delle più importanti manifestazioni internazionali quali la Biennale di Venezia e Documenta a Kassel. Le sue opere si trovano nelle collezioni del Guggenheim Museum, del MoMA di New York, del Van Abbemuseum di Eindhoven, della Tate, del Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba. Dal 2021 insegna alla facoltà Theater, Dance & Media della Harvard University.

È Diego Sileo, milanese, classe 1977, curatore del PAC, a raccontarci la mostra di Tania Bruguera, in corso fino al 13 febbraio. Con forza e coerenza, da alcuni anni Diego porta avanti mostre in cui la performance e le poetiche corporee stanno al centro. Ha curato, tra le altre, le personali di Marina Abramović, Regina José Galindo, Teresa Margolles, Anna Maria Maiolino e Cesare Viel al PAC, Frida Kahlo al Mudec - Museo delle culture di Milano. L’arte femminile sudamericana (argentina in particolare) e nordamericana (messicana soprattutto) sono state a lungo al centro dei suoi studi.

Chi è Tania Bruguera?
È un’artista che abbraccia in modo assoluto l’istanza della verità, legandola alla dimensione vitale della necessità. Non però la necessità della logica, dei giudizi veri in quanto corretti, ma la necessità che coinvolge l’essere, la vita per intero. È solo la necessità che mette a contatto lo spirito con la verità, con la necessità delle costrizioni materiali. L’artista ha raccontato spesso della sua prigionia a Cuba e di come questa l’abbia tolta dalle illusioni, riportandola a percepire l’autentica condizione umana. Nell’esperienza concreta, corporea e materiale del mondo, delle relazioni umane, la necessità genera vera conoscenza. La verità per Tania è sempre sperimentale.

Com’è nata questa mostra al PAC?
L’idea della mostra nasce nel 2015. Incontrai Tania a Cuba mentre preparavo la collettiva di artisti cubani, realizzata al PAC l’estate seguente. Tania era in reclusione dopo il tentativo (fallito) di mettere in scena Yo También Exijo, una performance di protesta in piazza della Rivoluzione a L’Avana. La polizia le aveva sequestrato il passaporto, lei viveva in prigionia. Partecipare a una collettiva di artisti cubani era l’ultimo dei suoi desideri. In quell’occasione è iniziato tra me e lei uno scambio di opinioni anche molto accese, protrattosi nel tempo. Poco alla volta si è sviluppato il progetto di una sua mostra personale dove poter meglio raccontare la sua arte, la sua poetica, il suo impegno civile e politico, le sue battaglie e i suoi costanti sforzi di rivelare una verità, quella cubana, troppo spesso offuscata da luoghi comuni e immagini stereotipate.

Come si articola nello spazio una mostra di cui la performance è una parte importante? Cosa cambia nella curatela rispetto a una mostra fatta solo di opere?
Il rischio di scadere nell’effetto fiction è dietro l’angolo e può compromettere seriamente il valore dell’opera. Il linguaggio performativo ha un grande potere, quello dell’immediatezza, del momento in cui lo spettatore si trova davanti all’azione nel suo verificarsi, del vivere il qui e ora in simbiosi con l’artista. Quando questo linguaggio viene riproposto, bisogna fare molta attenzione a non presentare l’azione come una messa in scena teatrale. Occorre ben studiare quale azione può assumere un rinnovato valore pur in un contesto storico-temporale differente. D’altro canto però non si deve nemmeno, a mio parere, inserire la performance in un contesto esclusivamente archivistico che ne indebolisce la portata espressiva. Esporre l’oggetto, o l’abito usato dall’artista in teche, con fotografie o video che documentano l’azione ne preserva indiscutibilmente il valore artistico, ma la forza emotiva viene meno.

Cosa rimane delle performance di Tania Bruguera?
Rimane la cosa più importante: l’idea. Spesso gli elementi usati da lei si deteriorano, vengono gettati o distrutti. Che siano performance a breve o a lungo corso, non c’è in lei il desiderio di conservare e tramandare oggetti, conferendo loro la sacralità delle reliquie. Tutto può essere riproposto o riattualizzato, ovviamente seguendo precise istruzioni, ma ciò che conta è riuscire a ristabilire, anche a distanza di anni, la forza travolgente delle sue idee, a riproporre quella verità a lungo perseguita e attivata con tenacia e grande capacità.

Quali sono state le fasi di lavoro per l’opera pensata appositamente per il PAC?
Il titolo della mostra è una citazione di Hannah Arendt, riferimento imprescindibile della ricerca di Tania Bruguera. La mostra presenta una selezione delle azioni più significative dell’artista e alcuni nuovi lavori pensati per lo spazio milanese, tra cui un’opera realizzata in collaborazione con l’Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti (ANED). Si tratta di un’azione partecipativa che chiama in causa diretta il pubblico, in piena corrispondenza con il suo caposaldo di «Arte Útil», ossia l’arte come dispositivo capace di promuovere soluzioni sostenibili e ben mirate a suggerire trasformazioni sociali.

Quali sono gli aspetti più complessi?
Indubbiamente quelli tecnici e quelli legati alla sfera del rischio e del pericolo cui Tania ci ha abituati da sempre. Per gli aspetti tecnici, ricordiamo che molte attrezzature impiegate per creare situazioni specifiche nelle sue azioni non sono certo brevettate e sono il frutto di strani, fantasiosi accoppiamenti tecnologici, difficili da riproporre dopo anni o semplicemente da presentare in una mostra di lunga durata. Gli altri aspetti cui facevo riferimento sono quelli che hanno anche contribuito a costruire la sua fama: fino a che punto l’artista può spingersi per dare voce alla sua opera? La vita stessa dell’artista ne rappresenta un limite? Come si può pensare di ripresentare una performance in cui l’artista ha messo a repentaglio la sua vita con una pistola carica? [Sileo parla di Self-Sabotage, una lezione-performance dell’artista che, nelle pause della lettura di un suo testo sul ruolo dell’arte politica alla Biennale di Venezia del 2009, mette in atto una vera e propria roulette russa, a cui, fortunatamente, è sopravvissuta].

Qual è il ruolo del museo nel portare avanti l’attivismo, le sfide allo status quo proposte dagli artisti?
Con la creazione di una ben definita tipologia di mostre, con la promozione di iniziative specifiche fortemente connotate da un pensiero critico e con i contenuti generati anche con i visitatori delle mostre, il PAC sta sviluppando nuovi metodi e formazioni sociali per affrontare questioni che un tempo erano costantemente tenute fuori dai musei. Lo testimoniano gli artisti con i quali stiamo lavorando e attraverso i quali si può constatare che tutte le nostre attività non sono episodi isolati, bensì parte di una più ampia traiettoria storica che sta plasmando il mondo contemporaneo.


Self-Sabotage (2009), lecture-performance alla 53. Biennale di Venezia.


Untitled (Havana) (2000).


Where Your Ideas Become Civic Actions (100 Hours Reading The Origin of Totalitarianism) (2015), performance, installazione sonora, XII Havana Biennial (22 maggio - 22 giugno 2015).

Tania Bruguera. La verità anche a scapito del mondo

a cura di Diego Sileo
Milano, PAC - Padiglione d’arte contemporanea
fino al 13 febbraio
orario 10-19.30, giovedì 12-22.30, chiuso lunedì
catalogo Silvana Editoriale
www.pacmilano.it

ART E DOSSIER N. 394
ART E DOSSIER N. 394
GENNAIO 2022
In questo numero: IN MOSTRA: Bruguera a Milano; Klimt a Roma; Julie Manet a Parigi; Van Gogh ad Amsterdam; Arte dell'Oceania a Venezia. PUNTI DI ROTTURA: Arte e bolle di sapone; Shore: il declino dell'industria americana; che fine hanno fatto gli Annigoni perduti?; Che fine farà Santa Maria della neve in Valnerina?Direttore: Claudio Pescio