C’erano molte frontiere da superare sbrigando noiose formalità di dogana, visto il numero di Stati in cui era frazionata la penisola. Il rischio di epidemie imponeva accurate precauzioni igieniche, anche se questo non bastava a impedire che, al loro arrivo nelle città, i viaggiatori venissero spesso isolati in lazzaretti per due settimane di quarantena. Un altro imprevisto, non così infrequente e che comunque doveva essere messo in calcolo, era quello dei banditi. Anche se questa esperienza sarà destinata, col favore anche di certa pittura e delle popolari illustrazioni di Bartolomeo Pinelli (1781-1835), a far parte della leggenda del viaggio.
La maggior parte dei viaggiatori arrivava in Italia dalla Francia, con due possibilità: attraversare le Alpi, trasportati da una portantina, attraverso il passo del Moncenisio, da cui si scendeva a Torino; o arrivare via mare, a bordo di una feluca, che faceva la spola tra Marsiglia e Genova. Più rara era la traversata che consentiva di raggiungere l’Italia direttamente dall’Inghilterra, per cui lo scalo preferito era Livorno, da cui ci si spostava a Firenze.
La durata e le modalità del Grand Tour variavano a seconda dell’itinerario prescelto e delle feste tradizionali cui si intendeva assistere, come il carnevale a Roma, Napoli e Venezia; le cerimonie della Settimana santa ancora a Roma o le regate e i fastosi riti del giorno dell’Ascensione a Venezia. Ma poi era il clima a determinare perlopiù le scelte. La maggior parte dei viaggiatori preferiva, per il caldo eccessivo, evitare il Meridione nei mesi estivi, per cui il loro tour iniziava in autunno, scendendo lentamente verso il Sud, sostando a Lucca, Firenze, Siena, Roma, e infine Napoli.
Sulla via del ritorno visitavano nuovamente Roma, per raggiungere quindi come meta finale Venezia, risalendo lungo la dorsale adriatica da Loreto, Ancona e Ravenna. Lasciavano infine la penisola visitando ancora Vicenza, Verona, Mantova, Bologna, Modena, Parma, Piacenza e Milano, per poi raggiungere Torino e valicare nuovamente le Alpi al Moncenisio.