Studi e riscoperte. 2
Gli esordi veneziani di Savoldo

FANTASIE DI NOTTE
E DI FUOCO

Le prime opere realizzate a Venezia dal bresciano Savoldo appaiono improntate a una particolare commistione di matrici fiamminghe e tradizioni lombardo-venete. In particolare due tavole degli anni 1515-1518, con scene di incendio che infiammano la notte, e che Vasari indica come tipiche dello stile del maestro.

Enrico De Pascale

La biografia di Giovanni Girolamo Savoldo – uno dei tre grandi maestri bresciani del Cinquecento, accanto a Moretto e Romanino – è tutt’ora in larga parte misteriosa. Molti sono i punti oscuri: dalla data di nascita (verosimilmente intorno al 1480-1485), alla formazione artistica, all’individuazione delle opere precedenti la prima commissione documentata (1521: pala per la chiesa domenicana di San Nicolò a Treviso). Incerta è anche la data del definitivo trasferimento del pittore a Venezia, collocabile nel 1515-1520 (ma il 2 febbraio 1515 l’artista è in documentati rapporti con la corte di Ferrara per il pagamento di «3 figure» non meglio specificate).

Tra le opere che su base stilistica vengono assegnate alla prima attività spiccano, per l’originalità delle soluzioni adottate, la Visione di san Girolamo (Mosca, Museo Puškin) e le Tentazioni di sant’Antonio abate (San Diego, Timken Art Gallery), entrambe databili al 1515-1518 circa e ricche di suggestioni della cultura figurativa fiamminga. D’altra parte la presenza di opere di pittori nordeuropei nelle collezioni veneziane è fatto noto e ampiamente documentato dalle fonti. Le Notizie d’opere di disegno di Marcantonio Michiel, per esempio, riferiscono che nella raccolta del cardinal Domenico Grimani c’erano opere di Joachim Patinir, e un Inferno e altri soggetti di Hieronymus Bosch.

DUE CELEBRI OPERE CHE MOSTRANO PUNTUALI TANGENZE
CON LE VEDUTE DEL NORDICO JOACHIM PATINIR


Le due tavole di Savoldo, realizzate per la devozione privata, sono accomunate, oltre che dal soggetto assai simile, da un ampio paesaggio che a sinistra presenta un fiammeggiante tramonto ricco di suggestioni tizianesche, e a destra un violento incendio. Nel dipinto moscovita il santo, riverso a terra al centro della scena, è aggredito da alcune creature demoniache dall’aspetto fantasmatico, eseguite con sottili e rapide pennellate; sulla destra, un uomo anziano seminudo porta sulle spalle un mostro con il teschio al posto della testa. Se quest’ultimo gruppo appare come una chiara citazione dall’affresco dell’Incendio di Borgo di Raffaello nelle Stanze vaticane (completato nel 1514), l’impressionante scena dell’incendio, con i suoi virtuosistici effetti di luce e colore, si ispira ad analoghe invenzioni del fiammingo Hieronymus Bosch. Viceversa il visionario squarcio paesistico sulla sinistra, minuziosamente descritto e ricco di dettagli, mostra puntuali tangenze con le vedute del nordico Joachim Patinir, il cui San Girolamo nel deserto oggi al Louvre (forse noto tramite stampe) presenta una montagna rocciosa simile a quella collocata da Savoldo alle spalle del santo, al centro della scena.


Joachim Patinir, San Girolamo nel deserto (1521), Parigi, Musée du Louvre.


Tentazioni di sant’ Antonio abate (1515-1518 circa), San Diego, Timken Art Gallery.

Nella tavola americana la medesima montagna funge da spartiacque tra la scena infernale a destra - che in alcune figure cita espressamente il Trittico del Giudizio universale (1500-1505) di Bosch oggi al Groeningemuseum di Bruges - e la figura del terrorizzato sant’Antonio sulla sinistra, messo in fuga dalle creature demoniache. I riferimenti al maestro fiammingo includono la stessa interpretazione del tema, che ambienta l’episodio nei pressi dell’Inferno, come nel Trittico delle tentazioni di sant’Antonio (1501 circa) del museo di Lisbona o nel pannello di sinistra del Trittico della martire crocifissa già in Palazzo ducale a Venezia (1497 circa, Venezia, Gallerie dell’Accademia) certamente noto al maestro bresciano. Per analogia di soluzioni compositive alcuni studiosi hanno associato la tavola di Savoldo all’Orfeo ed Euridice (1508 circa) del giovane Tiziano all’Accademia Carrara di Bergamo, che mostra a sinistra la terrorizzata fanciulla in fuga dal serpente, a destra l’ingresso dell’Ade come una città in fiamme. Nell’opera del maestro bresciano, Francesco Frangi ha rilevato un’interpretazione moralizzata del paesaggio, resa esplicita dal contrasto tra la spaventosa scena infernale e la placida veduta sulla sinistra (ove è visibile un monastero) verso cui sembra riparare il vecchio eremita.

Entrambe le tavole testimoniano la sofisticata e ricca cultura figurativa di Savoldo, che sul finire del secondo decennio del Cinquecento intreccia le suggestioni dalla pittura oltremontana con l’eredità della moderna pittura lombarda (Andrea Solario, Giovanni Antonio Boltraffio, Cesare da Sesto) e i fermenti più vivi del contemporaneo linguaggio veneziano (Giovanni Bellini, Tiziano).

Giorgio Vasari, che nomina il pittore bresciano nella seconda edizione delle sue Vite (1568), gli riferisce «quadri di notte e di fuoco, belli, e sono altre cose di simili fantasie, delle quali era maestro». L’interesse per questo particolare genere di invenzioni e per i violenti contrasti luce-ombra scandisce il suo percorso sino alla tarda maturità, trovando riscontri in opere celeberrime come il San Matteo e l’angelo (1535 circa) del Metropolitan di New York e l’Adorazione dei pastori (1535-1540 circa) di Washington, considerate da Roberto Longhi (1929) tra i più importanti “precedenti” lombardi delle invenzioni di Caravaggio.


LE TENTAZIONI DI SANT'ANTONIO ABATE, CONSERVATE A SAN DIEGO, HANNO CHIARI RIFERIMENTI AL TRITTICO DEL GIUDIZIO UNIVERSALE DI BOSCH

Hieronymus Bosch, Trittico della martire crocifissa (1497 circa), Venezia, Gallerie dell’Accademia.


Hieronymus Bosch, Trittico del Giudizio universale (1500-1505), Bruges, Groeningemuseum.

ART E DOSSIER N. 393
ART E DOSSIER N. 393
DICEMBRE 2021
In questo numero: INIZIATORI (COMPRESI E INCOMPRESI: Savoldo veneziano; Faruffini rivoluzionario dolente; La copertina che inventò il progressive rock. IN MOSTRA: Koons e Saville a Firenze; Parr a Torino e a Roma; Sironi a Milano; Goya a Basilea. NELLE MANI DELLA MAFIA: Capolavori scomparsi.Direttore: Claudio Pescio