Grandi mostre. 1
Jeff Koons a Firenze

Splendido
splendente

Jeff Koons, uno degli artisti più influenti del nostro tempo, ha costruito il suo lavoro artistico più recente attorno al concetto di trasformazione della materia di cui sono fatti gli oggetti. Un passaggio di stato che approda soprattutto a una scelta - l'acciaio inossidabile - caratterizzata da "lucentezza", "shine", appunto, come recita il titolo della mostra a lui dedicata a Palazzo Strozzi. Ce ne parla qui il co-curatore.

Arturo Galansino

Un auspicato ritorno alla normalità: questo e molto altro rappresenta la mostra Jeff Koons. Shine, allestita a Palazzo Strozzi un anno dopo la data inizialmente preventivata, a causa delle restrizioni conseguenti alla pandemia. La mostra dà il segnale della ripresa, ed è particolarmente significativo farlo con l’artista che più di ogni altro con i suoi interrogativi, le sue contraddizioni, i suoi sogni, i suoi obiettivi, incarna l’arte contemporanea.

Koons è l’artista dei superlativi – il più caro, il più famoso, il più ricco, il più ambizioso, il più celebrato e insieme criticato, il re Mida dell’arte di oggi – e Shine un’esposizione dei record: trentatre opere per la più ampia rassegna dell’artista mai realizzata in Italia. Con i suoi lavori iconici Koons irrompe negli spazi rinascimentali di Palazzo Strozzi, confrontandosi con il rigore del Rinascimento austero e classico. Il dialogo inizia dal cortile, dove nel monumentale Balloon Monkey (Blue) si specchiano gli elementi architettonici, e insieme la vita, di questo centro di aggregazione cittadino.

La mostra non segue un percorso cronologico, ma si sviluppa in una sequenza sia tematica che emozionale attorno all’idea cardine di “shine” - “lucentezza” - principio chiave dei lavori di Koons, che mirano a mettere in discussione non solo il nostro rapporto con la realtà, ma anche il concetto stesso di opera d’arte. Dotate di proprietà riflettente, le sue creazioni esposte a Strozzi accrescono la nostra percezione del tempo e dello spazio, della superficie e della profondità, del materiale e dell’immateriale. Nel percorso sorprende la coerenza dei temi trattati e la ricerca formale, tecnica ed espressiva sviluppata in più di quarant’anni di carriera attorno a questioni quali la degerarchizzazione delle immagini, il dialogo con la storia culturale, l’accettazione di sé e di ogni punto di vista estetico con la conseguente rimozione del giudizio, il coinvolgimento dello spettatore, la spiritualità e la trascendenza.

Nato nel 1955 in Pennsylvania da una famiglia della middle class, Koons comincia a dipingere copiando opere famose esposte dal padre nel suo negozio di design di interni. Dopo gli studi a Baltimora e Chicago, nel 1977 si trasferisce a New York e si dedica ai primi ready-made che uniscono Duchamp e Warhol, utilizzando specchi e cianfrusaglie tipiche della società dei consumi americana. Predilige oggetti gonfiabili che lo attirano perché «sono antropomorfi» e noi «siamo macchine che respirano. Inspiriamo. Quando gonfiamo, un soffio d’aria riempie il corpo. Quando espiriamo, il nostro ultimo respiro è un simbolo di morte. Quindi i gonfiabili sono collegati al nostro essere, al nostro precario equilibrio tra conservazione e mortalità».

Dalla metà degli anni Ottanta, avvertendo la necessità di rendere meno effimeri questi oggetti, evolve all’uso dell’acciaio inossidabile, «un materiale proletario e duraturo» che riesce a rendere «riflettente al massimo». La ri-creazione in materiali diversi è infatti una costante della sua pratica: così dal coniglietto di plastica della prima serie Inflatables passa, con la serie Statuary, allo specchiante Rabbit (1986), idolo in acciaio inossidabile, materiale popolare, comune alla middle class. Un coniglietto da più di novantuno milioni di dollari - l’opera più cara mai venduta di un artista vivente - tra le sculture maggiormente iconiche del secondo Novecento, di cui incarna pulsioni e contraddizioni.


Balloon Monkey (Blue) (2006-2013) nel cortile di Palazzo Strozzi.


Inflatable Flowers (Four Tall Purple with Plastic Figures) (1978).

L’acciaio è «un materiale lucido molto seducente e lo spettatore lo guarda e si sente sicuro, a livello economico. È molto simile alle foglie d’oro e d’argento nelle chiese durante il periodo barocco e rococò. Il coniglietto funziona allo stesso modo». Sono innumerevoli le immagini e i rimandi alla storia dell’arte rinascimentale, moderna e contemporanea che si stagliano come riferimenti visivi, diretti o indiretti, all’interno del denso immaginario koonsiano, e ai molti artisti per lui fondamentali. Nel corpus delle sue opere si percepiscono infatti riferimenti a Masaccio, Leonardo, Michelangelo, ai francesi da lui amatissimi anche come collezionista, a Dalí, Picasso, Warhol e Lichtenstein, ai minimalisti come Flavin, e soprattutto a Duchamp di cui si dichiara nipote. Come afferma Koons: «Penso che la storia dell’arte sia percorsa da un sottile filo che tiene insieme le varie epoche. Ogni artista prende un pezzettino di quello che hanno fatto quelli prima di lui e va avanti». 

La serie Statuary mescola opere “alte” e colte ad altre “basse” e “cheap”, cui la superficie polita conferisce astrazione ed erotismo. Rifiutandosi di creare arte elitaria, Koons utilizza immagini rassicuranti e familiari per cancellare il giudizio negativo sul gusto popolare: una democratizzazione che passa anche attraverso l’acciaio.

Nella successiva serie Celebration, realizzata dal 1994, gigantesche sculture in acciaio inossidabile coloratissime, esplosive nelle forme e nei colori, racchiudono un mondo di esperienze gioiose, tipiche della società consumistica occidentale. È il materiale a trasfigurarle, ingannandoci, perché appaiono leggerissime come gli originali, se non fosse per le dimensioni, e, anzi, platonicamente più vere, perché ideali. Questa serie inaugura una fase caratterizzata da prodigi di resa tecnica come le pesantissime sculture metalliche che sublimano le forme di salvagenti gonfiabili, metafora dell’esistenza umana perché contengono il respiro, quali Dolphin e Lobster.

I riferimenti all’antichità, alla mitologia e alla cultura classica si fanno espliciti dalla serie Antiquity, con la quale Koons unisce il passato alla contemporaneità, e con la serie Gazing Ball che annovera “copie” di opere fondamentali per la storia dell’arte occidentale. La cura maniacale per le tecniche di esecuzione è dimostrata sia nella realizzazione delle sculture e dei dipinti, sia delle sfere di vetro soffiato blu, le “gazing balls” - un ornamento diffuso nei giardini delle periferie americane - che rifulgono in contrasto con il bianco dei gessi e i colori dei quadri; e includono lo spettatore, riflettendolo in una bolla di respiro umano, all’interno di una lunga storia culturale. Perfetto il loro inserimento, attentamente studiato da Koons stesso, nella grande sala di Palazzo Strozzi, resa di nuovo alla fruizione dei visitatori, con il grande camino in pietra serena.

La mostra si chiude su una riflessione di Koons che è un compendio del suo pensiero: «Penso che quando esci dalla sala, ne esca anche l’arte. L’arte riguarda le tue possibilità come essere umano. Riguarda la tua eccitazione, il tuo potenziale e ciò che puoi diventare. Afferma la tua esistenza».


Lobster (2007-2012);

Una veduta della mostra Jeff Koons. Shine e in primo piano Balloon Dog (Red) (1994-2000).


Un’altra veduta della mostra Jeff Koons. Shine con alcune opere della serie Gazing Ball.

Jeff Koons. Shine

a cura di Arturo Galansino e Joachim Pissarro
Firenze, Palazzo Strozzi,
fino al 30 gennaio 2022
orario 10-20, giovedì 10-23
catalogo Marsilio
www.palazzostrozzi.org

ART E DOSSIER N. 393
ART E DOSSIER N. 393
DICEMBRE 2021
In questo numero: INIZIATORI (COMPRESI E INCOMPRESI: Savoldo veneziano; Faruffini rivoluzionario dolente; La copertina che inventò il progressive rock. IN MOSTRA: Koons e Saville a Firenze; Parr a Torino e a Roma; Sironi a Milano; Goya a Basilea. NELLE MANI DELLA MAFIA: Capolavori scomparsi.Direttore: Claudio Pescio