Grandi mostre. 4
Il Grand Tour a Milano

DENTRO L’ESPERIENZA 
URBANA

Il viaggio compiuto in Italia da artisti e letterati di tutto il mondo, una pratica iniziata a fine seicento e proseguita nel sette e ottocento, è al centro di un'esposizione raccontata qui dal co-curatore. Per riaffermare e approfondire quanto la bellezza del nostro paese sia astata un'insostituibile fonte di attrazione e una preziosa occasione di formazione.

Fernando Mazzocca

A oltre vent’anni dalla imponente mostra Grand Tour. Il fascino dell’Italia nel XVIII secolo, allestita nel 1996 dalla Tate Gallery di Londra e transitata l’anno dopo a Roma nella prestigiosa sede del Palazzo delle esposizioni, l’attuale rassegna altrettanto impegnativa e ambiziosa affronta nuovamente, ma in un’ ottica diversa e allargando lo sguardo sino alla prima metà dell’Ottocento, questo straordinario fenomeno di carattere universale, per cui i viaggiatori provenienti non solo dall’Europa ma da tutto il mondo hanno contribuito a creare quella percezione dell’Italia, determinata dalla bellezza dell’ambiente e della sua arte. Il Grand Tour, come venne definito a partire dalla fine del Seicento il viaggio in Italia, è stato un momento di formazione fondamentale per le élite internazionali, raggiungendo il suo acme tra Sette e Ottocento, quando sovrani, aristocratici, uomini di chiesa, letterati e artisti rimasero affascinati dalla varietà del nostro paesaggio, dalla maestà delle nostre città, dei monumenti e delle opere d’ arte che facevano allora, come oggi, della nostra penisola una sorta di meraviglioso museo diffuso.

La mostra conferma nelle sue scelte come la meta principale del Grand Tour sia stata Roma, la città universale ed eterna, prima capitale dell’antichità e poi della cristianità, dove si venivano a studiare i canoni del bello, depositati non solo nei marmi antichi, ma anche nei capolavori del Rinascimento e del classicismo secentesco. Così nel Lazio si ripercorrevano e si facevano rappresentare dai pittori i luoghi celebrati dalla letteratura che, grazie ai versi di Orazio e Virgilio, erano entrati nel mito. Sempre i diari dei viaggiatori e i dipinti dei paesaggisti al loro seguito hanno celebrato la magnificenza del golfo di Napoli e della zona vesuviana, unita al fascino delle testimonianze dell’antichità soprattutto dopo la scoperta di Ercolano e Pompei sepolte dall’eruzione del 179 d.C. e la bonifica dell’area di Paestum, dove era possibile emozionarsi di fronte alla sublime apparizione dei magnifici templi dorici. Sempre le testimonianze della Magna Grecia spinsero i viaggiatori e gli artisti più ardimentosi – uno dei primi fu Goethe nel suo famoso viaggio in Italia (a seguito del quale il poeta e drammaturgo tedesco scrisse l’omonima opera in due volumi) – verso la più lontana e sconosciuta Sicilia, destinata a incantare con l’asprezza dei suoi paesaggi primordiali e la imponenza dei templi di Segesta, Selinunte e Agrigento, o del mitico teatro di Siracusa. Tra le altre mete del Grand Tour è stato dato il giusto rilievo a una città unica e piena di eventi come Venezia, o a Vicenza, dove si sostava per ammirare le architetture più belle di un genio universale come Palladio, imitato in tutto il mondo. Mentre Firenze, straordinaria per la sua posizione panoramica, le sue chiese e le sue collezioni, in particolare le Gallerie medicee, schiudeva agli occhi ammirati dei viaggiatori le meraviglie dell’antico e del Rinascimento.

Proprio la mania per l’antico ha fatto sì che il periodo d’oro del fenomeno sia stata soprattutto la seconda metà del Settecento, quando a Roma vennero creati, tra il Campidoglio e il Vaticano, i primi musei pubblici. Questa passione riprese quando, dopo un periodo di interruzione dovuto alle guerre napoleoniche, i viaggiatori ritornarono in Italia. Spesso erano collezionisti appassionati proprio della scultura antica, alimentando una moda di cui Winckelmann, che appare in mostra in due straordinari ritratti, è stato il massimo interprete. L’Italia è divenuta così per un lungo periodo il maggiore mercato non solo di antichità, ma anche di una raffinatissima produzione contemporanea ispirata alla memoria dell’antico. Il più originale interprete di questo gusto è stato il genio di Piranesi che, nelle sue incisioni visionarie come negli estrosi oggetti d’arredo, è riuscito a proporre a una esigente clientela internazionale una visione molto personale dell’immaginario classico. Sulla sua scia si registra, in particolare a Roma, una impressionante ripresa delle manifatture artistiche più prestigiose che, dalla bronzistica all’oreficeria al mosaico alla glittica, hanno raggiunto livelli pari a quelli del Rinascimento. Possiamo quindi ammirare i prestigiosi “assemblages” in metalli e pietre preziose di Valadier, le immagini delle più popolari sculture antiche diffuse nelle regge e nelle dimore aristocratiche dai bronzetti o dalle meravigliose riduzioni in biscuit di Volpato.

La mostra intende documentare come dalle richieste dei viaggiatori e collezionisti stranieri abbia tratto uno slancio decisivo anche la pittura, soprattutto un genere prima considerato minore come la veduta e il paesaggio. Anche in questo campo, grazie ad artisti della originalità e della grandezza di Van Wittel, Canaletto, Panini, Joli, Lusieri e degli stranieri venuti al seguito dei turisti come Hubert Robert, Jones, Wright of Derby, Hackert, Volaire, Ducros, Wutky, è stato raggiunto un livello prima impensabile, passando dalla razionalità scientifica dei vedutisti di formazione illuministica alla espressione degli stati d’animo di impronta ormai romantica. Anche se il genere più richiesto e amato dai viaggiatori è stato il ritratto che li immortalava per sempre in questa esperienza unica. Assoluto maestro in questo campo, e giustamente protagonista della mostra per i numerosi capolavori presentati, è stato Pompeo Batoni, uno dei maggiori ritrattisti di tutti i tempi. I suoi ritratti costituirono una “status symbol”, come quelli del suo rivale Mengs, delle due pittrici in competizione Élisabeth Vigée Le Brun e Angelica Kauffmann, o di Von Maron, Tischbein, Sablet, Zoffany, Fabre, Gérard, Ingres.

Il maggiore giro di affari ha riguardato la scultura, a partire dal commercio dei marmi antichi, il loro restauro e la produzione di copie. Ma a partire dalla fine del Settecento, grazie al genio di Canova e ai suoi validi seguaci, si è affiancata la produzione di una scultura originale che, pur ispirata all’antico, ha saputo interpretare la sensibilità moderna, assicurando a quest’arte, diventata l’orgoglio dell’Italia, una straordinaria fortuna nel corso del XIX secolo in tutto il mondo.


IL GENERE PIÙ RICHIESTO E AMATO DAI VIAGGIATORI È STATO IL RITRATTO CHE LI IMMORTALAVA PER SEMPRE IN QUESTA ESPERIENZA UNICA


Hubert Robert, Capriccio con il Pantheon davanti al porto di Ripetta (1739), Vienna, Liechtenstein. Princely Collection.


Anton von Maron, Ritrato di Johann Joachim Winckelmann (1768), Weimar, Klassik Stiftung Weimar.


Pompeo Batoni, Ritratto di Henry Peirse (1775), Roma, Gallerie nazionali di arte antica di palazzo Barberini.

Grand Tour.
Sogno d’Italia da Venezia a Pompei

a cura di Fernando Mazzocca,
Stefano Grandesso e Francesco Leone
Milano, Gallerie d’Italia - Piazza Scala
dal 18 novembre 2021 al 27 marzo 2022
orario 9.30-19.30, lunedì chiuso
catalogo Skira
www.gallerieditalia.com

ART E DOSSIER N. 392
ART E DOSSIER N. 392
NOVEMBRE 2021
In questo numero: SCOPERTE: Il Museo Atestino di Este; Palazzo Butera a Palermo. VISIONARI: Arturo Schwarz, intuito e anarchia; Paolo Gioli, alchimie su pellicola; I poster giocosi di Yokoo; l'ordinario fiabesco di Edita Broglio. IN MOSTRA: Miró a Mamiano di Traversetolo; O'Keeffe a Parigi; Dante e Napoleone a Brescia; Grand Tour a Milano; De Lonhy a Torino.Direttore: Claudio Pescio.