XX secolo. 2
Edita Broglio

il mondo NEL CANDORE
di un prisma

Artista lettone, di ascendenze russe, fondatrice col marito Mario Broglio di "valori plastici", si è cimentata nella pittura e nel disegno toccando più istanze creative ravvisabili, dopo un vigore cromatico fauve legato alle opere del primo periodo, in una trasparenza luminosa, fiabesca, imbevuta di natura e spiritualità.

Alessandra Quattordio

«Mi dette della “tolstojana”, attribuzione che mi stupì [...] dovendo però oggi – a cinquant’anni di distanza – convenire che egli aveva indovinato, sia per il mio tenor di vita vincolato alla terra sia perché desidero che, alla mia scomparsa, il ricavato del mio lavoro venga devoluto al servizio dell’arte». Così scriveva nel 1969 l’artista Edita Walterowna Broglio dal suo “buen retiro” di San Michele di Moriano, in Lucchesia, a proposito di Vincenzo Cardarelli conosciuto a Roma al caffè Aragno, dove si radunava l’“intellighenzia” d’inizio Novecento: i pittori de Chirico, Broglio, Ferrazzi, Francalancia, Trombadori e gli scrittori della rivista “La Ronda” Antonio Baldini, Emilio Cecchi.

Edita Walterowna von Zur-Mühlen – nata a Smiltene, Lettonia (l’antica Livonia) nel 1886 – poteva ben vantare ascendenze russe poiché la sua formazione aveva avuto come referenti artisti che facevano capo, fra naturalismo, simbolismo e spiritualismo, alla rivista pietroburghese “Mir Iskusstva” (Il mondo dell’arte): Konstantin Andreevič Somov e Nikolaj Konstantinovič Rerich, fra gli altri. Ma non fa stupore che Edita, appena diciannovenne, avesse seguito a Königsberg il padre che là si rifugiava per sfuggire alle rivolte contadine che infuriavano nel suo paese. L’inquietudine la divorava da tempo. Solo un anno prima, nel 1904, lei, discendente da una nobile famiglia di latifondisti baltici, si era schierata con i primi rivoluzionari russi. Nella città prussiana «fu assidua allieva dell’Accademia», come sottolineava Alberto Savinio nel 1922, quando Edita partecipò alla Fiorentina Primaverile.


LA VOLONTÀ DI IMPADRONIRSI DEI SEGRETI VALORI DELLA LUCE

Dalla Prussia orientale, il passo verso Parigi nel 1910 era stato breve. Tanti erano gli intellettuali russi là emigrati e lo zio Raimund von Zur-Mühlen, cantante alla corte dello zar, esule in Inghilterra, da tempo la esortava ad aprirsi all’internazionalità.

A Montmartre prese dimora accanto al Bateau-Lavoir; al Louvre trascorse giorni interi studiando la pittura antica, in particolare i primitivi italiani; al Théâtre du Châtelet vide gli esordi dei Balletti russi di Diaghilev. Nel 1912 eccola, stabilmente, a Roma.

Savinio ancora scriveva: «Nel primo periodo italiano cotesta giovine artista baltica si sentì come abbacinata dalla dorata sontuosità dell’ambiente». La pittrice, dall’espressionismo acceso di cromatismi fauve e di fiabesca visionarietà - ancora percepibile nelle prove presentate alla Secessione del 1913 -, sarebbe approdata, durante e dopo la guerra, a opere nutrite di una luce cristallina. In merito, Cecchi nel 1914 accennava già a un mondo «visto nel candore di un prisma». La produzione di Edita si faceva intanto rada, prima per il difficile periodo bellico poi per l’impegno profuso nella rivista “Valori Plastici”, fondata con Mario Broglio. E le testimonianze della sua pittura scivolano fino al discrimine del 1920. Nel 1917 presso Anton Giulio Bragaglia aveva infatti conosciuto Broglio, organizzatore culturale e pittore - l’avrebbe sposato dieci anni dopo - e con lui aveva iniziato nel novembre 1918 l’avventura di “Valori Plastici”, che molto l’assorbì nell’attività di redazione, coordinamento espositivo, sviluppo dei contatti esteri. Il temperamento di Edita si manifestava spesso in modo bizzarro. De Chirico raccontava nel 1973: «Edita era una donna strana ed enigmatica. Ricordo che una notte io con Broglio e alcuni nostri amici eravamo andati a passeggiare dalle parti di Valle Giulia [...] A un certo momento abbiamo sentito un canto misterioso che veniva da un albero vicino a noi [...], vedemmo Edita, a cavallo di un grosso ramo, che cantava un’aria strana, con gli occhi che guardavano le stelle». Attorno alla casa editrice dei Broglio si coagulava intanto il contributo di de Chirico stesso e, fra gli altri, Carrà, Morandi, Francalancia, Arturo Martini, Melli, Oppo, e scrittori come Louis Aragon, André Breton, Waldemar George, Matteo Marangoni. Il gruppo si presentò compatto alla Fiorentina Primaverile del 1922 dove Edita espose opere del 1920 fra cui Tramontana, Costa Sole, Montagne, e alcuni disegni dall’incanto di filastrocca: Il suo paese nativo, Il solitario, Dolce frutto, Ricchezza meridionale, denunciando apertamente il suo debito nei confronti dei maestri prerinascimentali e rinascimentali.

Giotto o Piero della Francesca? Certo entrambi. Nelle sue opere un umile sentimento della natura, intriso di spiritualità, si traduceva in concisione plastica.


Quattro ore del giorno: alba, mezzogiorno, tramonto, notte (1956).

La narrazione si articolava su più piani, grazie a una prospettiva scomposta, d’accento primitivista. L’atmosfera incantata, rintracciabile nei disegni sopra citati - pubblicati nel 1921 in “Valori Plastici” ed esposti nel 1971 sia a Firenze, a La Strozzina, che a Milano, alla Galleria del Levante -, la apparentava al realismo magico. Del marito, riguardo agli esordi di “Valori Plastici”, Edita dichiarava in “La Fiera Letteraria” nel 1973: «Broglio cercava di recuperare i valori della terza dimensione, il nitore della forma, il colore-corpo da cui si sprigionasse luminosità». Gli oli di Edita degli anni Venti e Trenta furono espressione di questi intenti, allineandosi al “rappel à l’ordre” del periodo e denotando anche la volontà di impadronirsi dei segreti valori della luce, ricerca che culminò anni dopo nelle opere del polittico Quattro ore del giorno (1956). Guardare con stupore alle cose ordinarie accomunava Edita al metafisico Carlo Carrà. I soggetti da lei raffigurati appartenevano infatti a un mondo arcaico, eppure contemporaneo, come se nella normalità del quotidiano si perpetuasse il miracolo di magie antiche: nelle delicatissime nature morte di soggetto casalingo (bottiglie, scarpe, gomitoli, pane, uova); nei paesaggi capresi degli anni Venti come nella campagna toscana dei Trenta, che si dispiegavano in una pacatezza invasa di sole; nelle figure femminili d’ispirazione purista dei Quaranta e Cinquanta, compatte nel modellato, inserite in opere di tema agreste o, in particolare, marino come Mediterraneo (1937), La figlia del mare (1937), Terrazza sul mare (1950), tema, quest’ultimo, già presente nei dipinti del marito. «Solo la forma è capace di dare vita al contenuto », precisava ancora Edita, applicando pervicacemente il colore in funzione plastica, con perizia artigiana.

Nel frattempo, molti fatti erano accaduti. Nel 1921 si era tenuta la mostra del gruppo “Valori Plastici” a Berlino, che aveva gettato un ponte verso la Nuova oggettività tedesca. Nel 1922 si era chiusa la rivista, con lo sviluppo delle collane monografiche di respiro internazionale - già in atto con “La civiltà artistica” e “Les artistes nouveaux” -, cui si aggiungeva la collezione “Antichi Maestri Italiani”: fra le firme eccellenti, Venturi, Longhi, Brandi, Berenson. All’intensificazione dell’attività pittorica dei Broglio fecero seguito gli appartati anni di guerra trascorsi a San Michele di Moriano e la morte di Mario, nel 1948. Da allora Edita, pur continuando a dipingere ed esporre, divenne la “sacerdotessa” di “Valori Plastici”. Un’imponente cassa in legno racchiuse fino alla sua scomparsa, nel 1977, contratti, lettere, fotografie, cataloghi, patrimonio che rese possibile nel 1991, trent’anni fa, l’ultima sua monografica, a Macerata.

IN MOSTRA
A Palazzo reale di Milano è in corso fino al 27 febbraio 2022 (www. palazzorealemilano.it, orario 9.30- 19.30, giovedì 9.30-22.30, lunedì chiuso) Realismo magico. Uno stile italiano, a cura di Gabriella Belli e Valerio Terraroli. Un progetto volto a fornire un approfondimento del movimento sorto nella prima metà del secolo scorso e che ha trovato il suo apice in particolare tra il 1920 e il 1935. Le ottanta opere in mostra, soprattutto di artisti italiani quali Antonio Donghi, Ubaldo Oppi, Achille Funi, Mario ed Edita Broglio, Cagnaccio di San Pietro (presente con il capolavoro Dopo l’orgia), provengono dalla collezione del grande gallerista e critico d’arte Emilio Bertonati (1934-1981), oltreché da altre importanti raccolte e musei. Interessanti confronti con alcuni pezzi della Nuova oggettività e con opere del Novecento italiano di Margherita Sarfatti offrono al percorso espositivo nuove chiavi di lettura. Presenti anche opere di Casorati, de Chirico, Carrà e Severini. Catalogo 24 Ore Cultura.

ART E DOSSIER N. 392
ART E DOSSIER N. 392
NOVEMBRE 2021
In questo numero: SCOPERTE: Il Museo Atestino di Este; Palazzo Butera a Palermo. VISIONARI: Arturo Schwarz, intuito e anarchia; Paolo Gioli, alchimie su pellicola; I poster giocosi di Yokoo; l'ordinario fiabesco di Edita Broglio. IN MOSTRA: Miró a Mamiano di Traversetolo; O'Keeffe a Parigi; Dante e Napoleone a Brescia; Grand Tour a Milano; De Lonhy a Torino.Direttore: Claudio Pescio.