Grandi mostre. 2
Georgia O'keeffe a Parigi

Il linguaggio
dei fiori

Icona del modernismo americano del secolo scorso, ha fatto dei dipinti di soggetto floreale il suo tratto distintivo dando vita a opere caratterizzate da un cromatismo pieno di grazia e sensualità.

Riccarda Mandrini

Il Centre Pompidou di Parigi presenta fino al 6 dicembre la prima grande retrospettiva europea dedicata all’artista americana Georgia O’Keeffe (già ospitata fino all’8 agosto al Thyssen- Bornemisza di Madrid). Oltre un centinaio le opere in mostra, tra dipinti, disegni e immagini fotografiche.

Figura emblematica, Georgia Totto O’Keeffe (1887-1986) ha vissuto nel fecondo periodo in cui l’America incontrava in ambito artistico la propria modernità. Nacque a Sun Prairie nel Wisconsin. Il padre era di origine irlandese, la madre, Ida Totto, proveniva da una famiglia ungherese, i cui discendenti erano giunti negli Stati Uniti, esiliati a seguito della loro partecipazione alla rivoluzione ungherese (ed europea) del 1848. Seconda di sette figli, Georgia ricevette, già a quel tempo, una buona istruzione. Frequentò la scuola primaria a Sun Prairie, quindi la Sacred Heart Academy a Madison (sempre nel Wisconsin) e la Chatham Episcopal Institute, in Virginia, dove si diplomò nel 1905. In seguito, si iscrisse alla scuola dell’Art Institute of Chicago, e poi all’Art Students League di New York dove seguì i corsi di William Merritt Chase, uno degli artisti più affermati del momento, che incoraggiava gli studenti a lavorare su un modello proprio sostenendo la loro individualità. A New York incontrò per la prima volta l’arte europea, alla galleria 291, fondata da Alfred Stieglitz, suo futuro marito, che esponeva i disegni di Auguste Rodin.

Era il 1908 e l’atmosfera di New York era determinata, in ambito artistico, dalle istanze di un cambiamento radicale. Raccolti attorno alla galleria 291, autori quali John Marin, Arthur Dove, Max Weber, Marsden Hartley proponevano un nuovo modo concettuale di fare arte, prendendo le distanze dalla tradizionale pittura di paesaggio. Erano affiancati da una generazione di fotografi quali Paul Strand e Alfred Sheeler, da uno sperimentatore di nuovi modelli naturalistici come Edward Weston, dallo stesso Stieglitz, tutti intenzionati ad affermare la fotografia come forma d’arte.

Nel proseguire la sua formazione, O’Keeffe si iscrive alla University of Virginia, dove è allieva di Arthur Wesley Dow, artista di fama, autodidatta, che poté frequentare la scuola d’arte solo dopo che un mecenate, riconoscendone il talento, gli pagò gli studi a Parigi. Esperto conoscitore dell’arte giapponese, Dow mostrava agli studenti i suoi fini modelli stilistici, naturalistici e ne faceva apprezzare la sua intrinseca spiritualità, elemento che O’Keeffe ritroverà, in modo diverso, in un brano tratto da Lo spirituale nell’arte (1910) di Vasilij Kandinskij, pubblicato sulla rivista “Camera Work”.

Il primo ventennio del Novecento vede l’artista lavorare per definire il proprio modo di fare arte. Nascevano i disegni a carboncino, dove le immagini prese dal mondo naturale confluivano verso una forma d’astrazione suggerita, ma ancora incompiuta. Intanto Giorgia viene chiamata per insegnare ad Amarillo (in Texas), una città giovane, fondata nel 1887, il suo stesso anno di nascita. Il Texas era una terra selvaggia, in cui la popolare figura del cowboy era intrinseca al paesaggio, dominato dal deserto e da un cielo infinito di «straordinaria bellezza». E come O’Keeffe riferiva: «Questo è ciò che l'arte significa per me».

Nell’inverno tra il 1912-1913 le viene proposto un viaggio a Parigi, rifiuta, rimane in Texas, non aveva bisogno dell’Europa per trovare il suo modello di modernità. Ma qualcosa stava cambiando anche in America. Il 15 febbraio 1913, nella sede del 69th Regiment Armory, inaugurava la prima edizione dell’Armory Show organizzata dall’Association of American Painters and Sculptors. Allora, nella grande mostra mercato, erano esposte per la prima volta, per un mese, opere di autori americani moderni insieme a quelle (oltre trecento) di artisti delle avanguardie europee quali Paul Cézanne, Fernand Léger, Henri Matisse, Picasso, Constantin Brâncuși, Picabia, Marcel Duchamp che espose la tela Nudo che scende le scale n. 2. L’Armory Show fu un autentico spartiacque, ormai era difficile tornare indietro. I collezionisti americani che avevano viaggiato in Europa, inseguendone la cultura e le differenti Esposizioni universali, avevano iniziato a sostenere gli artisti moderni americani.


IL FIORE, PARTE INTEGRANTE DEL FLUSSO DI COSCIENZA LEGATO AI RICORDI DELLA SUA INFANZIA A SUN PRAIRIE


Grigio, blu, nero - Cerchio rosa (1929), Dallas, Dallas Museum of Art.

Nascevano le grandi collezioni, come la Phillips Collection di Washington, fondata nel 1921. Mentre il Guggenheim di New York aprirà nel 1937.

Sempre in Texas, nel 1917 O’Keeffe inaugurava una nuova serie di lavori ad acquerello, Stelle della sera, determinati dall’uso del colore puro associato agli elementi naturali, e contemporaneamente Anita Pollitzer, amica di Georgia, mandava ad Alfred Stieglitz (che O’Keeffe all’epoca non conosceva) una serie di disegni a carboncino, che il fotografo espose all'insaputa dell'artista nella sua galleria 291.

L’incontro di Giorgia con Alfred Stieglitz (1864-1946), con il quale aveva da tempo avviato uno scambio epistolare, avverrà nel 1918 e cambierà ogni prospettiva alla sua vita. Si innamorarono, ma il loro rapporto non fu facile, Stieglitz era sposato e aveva ventitre anni più di Georgia. La coppia passava il tempo tra New York e Lake George, dove la famiglia Stieglitz aveva la casa di campagna. Ed è a Lake George che O’Keeffe realizza Serie I e Musica, cicli caratterizzati dall’uso del rosa e del blu cielo, rispetto ai quali l’artista dichiara: «Era la musica che prendeva forma sulla tela». Il colore diventa sempre di più un elemento primario per lei, lo associa all’immagine del fiore, un modello che le appartiene da sempre e che, come tale, diventa parte integrante del flusso di coscienza legato ai ricordi della sua infanzia a Sun Prairie. Stieglitz da principio non condivide la scelta cromatica della compagna - da fotografo amava il bianco e nero - ma a soli trent’anni O’Keeffe era talmente sicura di sé che non ammetteva intrusioni nel proprio lavoro.

Determinata riguardo alle sue scelte stilistiche, a partire degli anni Venti, inizia a dipingere le serie dei cosiddetti “enlarged flowers” (fiori ingranditi), Blu e verde musica, Rosso arancione, Canna rossa e quindi in seguito la vasta serie di Jimson Weed/Fiore bianco, quadri di grandi dimensioni in cui i fiori dipinti nelle più svariate e sensuali maniere riempiono interamente la tela. Stieglitz li scelse per Seven Americans (1925), una collettiva che organizzò alle Anderson Galleries di New York, in cui presentava le sue opere e quelle dei “must” della sua scuderia, John Marin, Arthur Dove, Charles Demuth, Marsden Hartley, Paul Strand. L’intrinseca sensualità degli “enlarged flowers” scatenò un acceso dibattito tra i critici di allora, che non mancarono di darne le più svariate interpretazioni freudiane. Perfino il saggista Edmund Wilson si espresse sui contenuti sessuali delle opere di O’Keeffe riferendone in The Twenty, il primo di una serie di notebook in cui raccontava con un piglio narrativo libero i personaggi e i fatti culturali del suo tempo. O’Keeffe non si curò delle critiche. Dopo Seven Americans, era una artista affermata.

Ma qualcosa stava cambiando dentro di lei. Amava New York, una città a cui doveva molto, ma non poteva fare a meno del senso di libertà insito nella natura. «Vado a Ovest», scriveva alla sorella.

Con Rebecca Strand decide di fare un viaggio in New Mexico ospiti nell’“art community” fondata a Taos dalla ereditiera Mabel Dodge Luhan. Ed è a Taos che O'Keeffe dipinge le prime serie dedicate al paesaggio locale, chiese, villaggi indigeni, case isolate. Immagini essenziali, ma intrise di una spiritualità profonda, che andava oltre l’idea di modernità che si stava affermando nel “milieu” artistico delle grandi città americane. Opere che Stieglitz esporrà nella sua nuova galleria di New York, An American Place.

Per O’Keeffe il richiamo dell’Ovest rimase sempre fortissimo. Ritornerà definitivamente in New Mexico nel 1940. «I miei dubbi si sono dissipati», scriveva l’artista alla sorella, «vado a Ovest. Il paese mi chiama esattamente come vorrei che lo facesse ». E aggiungerà: «Vorrei che tu vedessi quello che vedo dalla mia finestra». Quello che vedeva dalla finestra era il deserto con le alture rugose che cambiavano colore per effetto del sole e la quantità di fiori selvaggi, «dai cuori d’oro come Jimson Weed/Fiore bianco».

Georgia O’Keeffe

a cura di Didier Ottinger
Parigi, Centre Pompidou
fino al 6 dicembre
orario 11-21, giovedì 11-23, chiuso martedì
catalogo Centre Pompidou
www.centrepompidou.fr

ART E DOSSIER N. 392
ART E DOSSIER N. 392
NOVEMBRE 2021
In questo numero: SCOPERTE: Il Museo Atestino di Este; Palazzo Butera a Palermo. VISIONARI: Arturo Schwarz, intuito e anarchia; Paolo Gioli, alchimie su pellicola; I poster giocosi di Yokoo; l'ordinario fiabesco di Edita Broglio. IN MOSTRA: Miró a Mamiano di Traversetolo; O'Keeffe a Parigi; Dante e Napoleone a Brescia; Grand Tour a Milano; De Lonhy a Torino.Direttore: Claudio Pescio.