Blow up

FOTO/INDUSTRIA
2021

Giovanna Ferri

Parlare di cibo, come ben sappiamo, solleva non pochi interrogativi e pone questioni urgenti dal punto di vista ambientale, politico, economico, sociale, etico, filosofico e culturale. È evidente come il cruciale cambiamento avvenuto con la rivoluzione industriale e l’innovazione tecnologica, per esempio, abbia generato nel sistema moderno di produzione alimentare effetti cari al business ma spesso deleteri per gli ecosistemi, sottoposti a uno sfruttamento smodato. Il cibo è “merce” che si può produrre, vendere e distribuire su larga scala abbattendo i costi e massimizzando i profitti. Un processo inarrestabile volto ad accrescere l’insaziabile fame di competitività sul mercato globale, secondo una logica lontana da un approccio di sviluppo sostenibile. Una situazione complessa che impone scelte, consapevolezza, senso di responsabilità, che divide l’opinione pubblica, crea opposti schieramenti e continua a essere oggetto di dibattiti, studi interdisciplinari, ricerche, pratiche alternative impegnate a valorizzare terre e risorse locali.

In questo spazio tematico si muove Food, quinta edizione di Foto/Industria, biennale organizzata dalla Fondazione MAST di Bologna fino al 28 novembre (www.fotoindustria. it) e curata da Francesco Zanot. Protagoniste undici mostre (dieci in sedi storiche della città e una alla Fondazione MAST) di altrettanti fotografi internazionali. Tra questi troviamo Herbert List (1903-1975), inventore della “fotografia metafisica” e vicino al surrealismo, al Bauhaus e ad artisti quali Max Enrst, Jean Cocteau, de Chirico e Morandi. Il fotografo tedesco entra a far parte della agenzia Magnum nel 1951, anno in cui arriva a Favignana (isole Egadi), dove realizza un ciclo di immagini sulle diverse fasi di lavorazione del tonno, dalla pesca alla mattanza, tipica consuetudine del tessuto imprenditoriale dell’isola. Il risultato è un resoconto visivo impeccabile con valore documentario ma anche dotato di un forte potere evocativo: «Violenza e sacralità si mescolano come nella antiche tauromachie», scrive Zanot nel catalogo della biennale.

Di altro genere sono gli scatti di Jan Groover (1943-2012), presente con l’esposizione Laboratory of Forms. Qui sono le nature morte a occupare la scena sia con i tipici elementi come fiori e frutta sia con utensili da cucina (Kitchen Still Lives). Lo sguardo dell’americana Groover, che ha iniziato il suo percorso come pittrice, è esplicitamente rivolto a Cézanne, Caravaggio, Morandi. Mentre in ambito fotografico appare lampante il richiamo a Edward Weston per la ricerca minuziosa del dettaglio e a Paul Outebridge per l’esplorazione raffinata del colore.

C’è poi Takashi Homma (1962), interessato a scoprire la dimensione dell’abitare e la relazione uomo-territorio. Con il progetto espositivo M + Trails, l’artista giapponese ci accompagna in un duplice sentiero. M è l’iniziale di McDonald’s, il fast food per eccellenza, il gigante americano con ristoranti presenti in tutto il mondo, nelle aree geografiche più disparate. Simbolo di standardizzazione del cibo proposto, di applicazione del taylorismo, di massificazione del gusto, il modello definito da McDonald’s appare, ovunque, uguale a se stesso nell’arredamento, nella forma, nel contenuto. Un totale azzeramento quindi di caratteristiche identitarie del luogo in nome e per conto di un «nonluogo», secondo la definizione data in più occasioni da Marc Augé.

Trails rimanda, invece, alle tracce di cervi uccisi dai cacciatori sulle montagne innevate di Hokkaido nel parco naturale di Shiretoko. Scie di sangue che nella loro feroce “eleganza” ricordano la tradizionale calligrafia del paese nipponico.

Sono solo alcuni esempi dell’ampia offerta espositiva messa a disposizione da questa biennale dove, come sottolinea il curatore nel saggio introduttivo del catalogo, «Ogni lavoro è un caso-studio. Non si mangia soltanto con la bocca e con lo stomaco. Si mangia anche con il cervello e con tutti i sensi».

ART E DOSSIER N. 392
ART E DOSSIER N. 392
NOVEMBRE 2021
In questo numero: SCOPERTE: Il Museo Atestino di Este; Palazzo Butera a Palermo. VISIONARI: Arturo Schwarz, intuito e anarchia; Paolo Gioli, alchimie su pellicola; I poster giocosi di Yokoo; l'ordinario fiabesco di Edita Broglio. IN MOSTRA: Miró a Mamiano di Traversetolo; O'Keeffe a Parigi; Dante e Napoleone a Brescia; Grand Tour a Milano; De Lonhy a Torino.Direttore: Claudio Pescio.