Grandi mostre. 1
Cattelan a Milano

I FANTASMI 
DELLA CATTEDRALE

Sono solo tre le opere della personale di Maurizio Cattelan alla Fondazione Pirelli HangarBicocca, paragonata dall'artista a un edificio religioso dove il suo intento è stato evocare più che mostrare.

Ludovico Pratesi

«L’architettura industriale dell’HangarBicocca mi ha ricordato un’enorme cattedrale abitata dai fantasmi del suo passato di fabbrica». Così Maurizio Cattelan racconta la genesi della sua mostra personale Breath Ghosts Blind, aperta fino al 20 febbraio 2022 negli immensi spazi della Fondazione Pirelli HangarBicocca, curata da Vicente Todolí e Roberta Tenconi. Erano dieci anni che Cattelan non esponeva a Milano, la città dove in passato ha presentato alcune delle sue opere più trasgressive. In quest’occasione «ha immaginato una narrazione molto essenziale, tutta giocata su tre capitoli, ognuno legato a un ciclo della vita», sottolineano i curatori. Siamo lontani anni luce da All, l’antologica del 2011 al Guggenheim di New York, quando l’artista appese al soffitto più di un centinaio di opere, con un effetto scenografico di grande suggestione. Questa volta Cattelan ha interpretato l’HangarBicocca attraverso una illuminazione ad hoc, progettata dal “light designer” Pasquale Mari, che esalta le linee architettoniche dello spazio espositivo, dominato dal vuoto, dove l’artista ha esposto soltanto le tre opere che danno il titolo alla mostra: Breath, Ghosts e Blind.

La parte del leone spetta senz’altro a Ghosts: centinaia di piccioni imbalsamati che punteggiano le Navate con la loro presenza silenziosa e inquietante. Sono volatili molto amati da Cattelan, che li espose a Venezia la prima volta con il titolo Tourists, insieme a opere di Enzo Cucchi ed Ettore Spalletti, alla 47. Biennale del 1997, curata da Germano Celant, e la seconda con il titolo Others alla 54. Biennale del 2011, curata da Bice Curiger. Qui all’HangarBicocca i piccioni sono diventati dei fantasmi: immagini che hanno a che fare con il concetto di sorveglianza e controllo, dominante nella società contemporanea, che ricordano anche Gli uccelli (1963), il film horror di Alfred Hitchcock .

Ma l’interesse dell’artista per questi pennuti va molto oltre: «I piccioni sono straordinari», spiega, «hanno un incredibile senso di orientamento, se liberati in un posto sconosciuto riescono sempre a ritrovare la via di casa, sono tra i pochi animali in grado di riconoscersi allo specchio e sono stati usati in svariate ricerche di laboratorio e sul campo, in diversi ambiti come la psicologia e l’ornitologia ». I loro sguardi accompagnano i visitatori dalla facciata esterna dell’HangarBicocca fino alla Piazza, lo spazio d’ingresso alla mostra che è occupato soltanto dall’opera Breath, composta dalle figure di un uomo sdraiato sul pavimento in posizione fetale e un cane acciambellato, entrambi scolpiti nel marmo bianco di Carrara. Si tratta di un’immagine simbolica molto forte, che richiama alla mente un mendicante o un “homeless”, già protagonisti di alcune opere dell’artista come Andreas e Mattia (1996) o Gerard (1999). Oppure può riferirsi più semplicemente alla solitudine dell’uomo contemporaneo, con qualche cenno alla storia dell’arte, e in particolare alla Santa Cecilia (1600), capolavoro di Stefano Maderno.

CENTINAIA DI PICCIONI IMBALSAMATI
PUNTEGGIANO LE NAVATE CON LA LORO
PRESENZA SILENZIOSA E INQUIETANTE

LA COLLOCAZIONE DELLE SCULTURE
ASSUME UN SIGNIFICATO PRECISO
E QUASI MISTICO PER L’ARTISTA


La collocazione delle sculture assume un significato preciso e quasi mistico per l’artista, che ha paragonato lo spazio della Fondazione milanese a un edificio religioso. «Hangar funziona esattamente come una chiesa», racconta, «perché il percorso è circolare. Dall’abside - dove di solito si trova la massima espressione spirituale - torni sui tuoi passi, e con occhi nuovi ripercorri all’indietro quello che il vecchio te ha già visto». La terza opera, Blind, è collocata nel Cubo, punto finale del percorso espositivo: un monolite in resina nera alto diciotto metri che imprigiona la sagoma di un aereo. Qui il riferimento riguarda una tragedia che ha cambiato la storia del mondo come l’attentato alle Torri Gemelle l’11 settembre 2001: quel giorno Maurizio era a New York e ha vissuto quel dramma in prima persona. Dopo vent’anni ha voluto non descriverlo ma evocarlo, innestando quel tremendo frame con le scene iniziali di 2001 Odissea nello spazio, il film di Kubrick girato nel 1968 che comincia con le scimmie in cerchio, intorno a un parallelepipedo nero. Senza dimenticare un terzo riferimento, sottolineato da Elio Grazioli: la copertina del “New Yorker” disegnata da Art Spiegelman con le torri nere, avvolte nell’oscurità. Un’opera tautologica nella sua funerea essenzialità, quasi un monito per un futuro ignoto e oscuro, che rimarca il messaggio contenuto nell’intera mostra, concepita come un viaggio attraverso temi universali come la fragilità della vita, il senso di perdita individuale e collettiva, la memoria della morte. Come spiega Maurizio: «L’arte affronta gli stessi temi dall’inizio della storia dell’uomo - creazione, vita, morte - che s’intrecciano con l’ambizione di ogni artista di divenire immortale attraverso il proprio lavoro. E per farlo deve confrontarsi con un senso di onnipotenza e con il suo contrario: il fallimento. È un saliscendi di altitudini inebrianti e discese impervie. Per quanto possa essere doloroso, la seconda parte è anche la più importante. Tutte le mie mostre sono un concentrato di questi elementi».

Per concludere, Breath Ghosts Blind possiede un timbro diverso rispetto al passato espositivo di Cattelan, quando le sue opere univano provocazione e ironia. In questo caso i toni sono pacati e silenziosi, e i tre interventi giocati su pochi e semplici elementi necessari per raggiungere un elevato grado di iconicità, in grado di produrre nel visitatore una tensione dominata dalla dimensione monumentale dell’architettura. È un crescendo di emozioni che raggiungono il culmine davanti al monolite nero, quasi un memento degli eventi catastrofici che hanno segnato finora la storia del XXI secolo. Più che una mostra si tratta di una drammaturgia in tre atti, «che mette insieme i grandi temi ma anche le ossessioni che hanno accompagnato la carriera trentennale di Cattelan», spiega la curatrice Roberta Tenconi. Una carriera artistica trascorsa tra risate e sberleffi, apparizioni e sparizioni, colpi di scena e visioni, che all’HangarBicocca raggiunge un livello di consapevolezza davvero sorprendente.


Veduta della mostra Breath Ghosts Blind (Milano, Pirelli HangarBicocca, fino al 20 febbraio 2022).


Un’altra immagine di Blind (2021).

Maurizio Cattelan. Breath Ghosts Blind

a cura di Vicente Todolí e Roberta Tenconi
Milano, Pirelli HangarBicocca
fino al 20 febbraio 2022
orario 10.30-20.30, chiuso lunedì, martedì e mercoledì
catalogo Marsilio Editori
www.pirellihangarbicocca.org

ART E DOSSIER N. 391
ART E DOSSIER N. 391
OTTOBRE 2021
In questo numero: INCONTRI RAVVICINATI: Gli eleganti alieni di Giger. Visitatori da altri mondi nell'arte medievale. MUSEI RITROVATI: L'archeologico di Cividate Camuno. La casa di Ensor a Ostenda. IN MOSTRA:Cattelan a Milano; La collezione Rota a Lucca; Soutine e De Kooning a Parigi; Il ritratto ad Amsterdam; Venere a Mantova.Direttore: Claudio Pescio