Outsiders

LA VITA È UN’ORMA
SULLA NEVE

Alfredo Accatino

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla scoperta di grandi artisti, opere e storie spesso dimenticate: Andrzej Wróblewski

Cammina lentamente, un passo dopo l’altro, cadenzato, da escursionista esperto, zaino in spalla, da solo, lungo la strada bianca Droga Oswalda Balzera (nella città di Zakopane, in Polonia). Ma il pietrisco non si vede. C’è solo neve, l’ultima neve dell’anno, bianchissima e soffice, che ricopre le vette dei monti Tatra che svettano oltre una distesa di abeti che si perde all’infinito. È il 23 marzo del 1957, da due giorni è primavera. Fra due giorni, con il Trattato di Roma, nascerà la Comunità economica europea (CEE). Andrzej è solo.

Si deve essere sentito libero, felice. Il taccuino sempre con sé nella tasca, per bloccare un’idea, se mai venisse.

Ama camminare, mancheranno un paio d’ore. Ma si accorge che ha il fiato rotto da un affanno che non immaginava, e avverte il sudore che gli attacca la maglia sulla schiena. L’attrezzatura tecnica è solo un giaccone più pesante. Ed è adesso che lo colpisce un attacco di cuore. Un cuore malato, forse per una tara di famiglia. E sa bene cosa significhi, perché la stessa cosa successe a suo padre, davanti ai suoi occhi, quando il 26 agosto del 1941 al termine di una perquisizione nella casa di famiglia da parte dei soldati tedeschi morì d’infarto, di schianto.

Non c’è nessuno. Passano in pochi tra Toporowa Cyrhla e Zazadnia (incrocio che si trova sulla stessa Droga Oswalda Balzera) a quell’ora, in quella stagione di mezzo. Andrzej deve aver provato ad accelerare il passo, poi si deve essere seduto a terra, impotente. Forse, come hanno ipotizzato alcuni, collassa per una crisi epilettica e rimane vittima dell’ipotermia.

Così lo ritroveranno, sdraiato al bordo della strada, coperto da un velo di neve. Non aveva ancora compiuto trent’anni.

Lo so. Un inizio a effetto, e un po’ me ne vergogno.

Non è sollecitando gli aspetti morbosi che si fa cultura, sono il primo a pensarlo, e non basta avere la biografia breve per diventare geni o eroi. Ma, come sempre, la riflessione sulla morte, sistematicamente rimossa, permette, secondo me, di rileggere il flusso della vita e della creatività, immaginando la traiettoria di una parabola che si spezza, come farebbe un esperto di balistica. E questa è la storia di un giovane artista, uno dei più amati oggi in Polonia, tra i più straordinari dal secondo dopoguerra, anche se quasi sconosciuto dalle nostre parti. Un ragazzo con gli occhiali che, rispetto all’astrattismo di quegli anni verso il quale tutti sono attratti come spinti da una forza centripeta, riscopre il figurativo. Ma Wróblewski va oltre, scardina la retorica del realismo socialista al quale aveva creduto da studente, diventando un punto di riferimento per generazioni di artisti venuti dopo di lui.

Andrzej nasce il 15 giugno del 1926 a Vilnius, oggi capitale della Lituania e all’epoca polacca (Wilno), figlio di Bronisław Wróblewski professore di diritto e magnifico rettore dell’Università della stessa città, e di Krystyna Hirschberg, pittrice e docente. È un privilegiato e la sua casa ospita artisti e intellettuali. La figura della madre avrà grande influenza su di lui. Lei è la sua prima insegnante d’arte, da lei apprende la tecnica della xilografia. Durante il liceo questo mondo perfetto si rompe. Allo scoppio della guerra, la città viene con quistata dai sovietici, poi dai lituani e infine dai tedeschi che, allertati da filonazisti locali, compiono (come abbiamo già accennato) una brutale perquisizione in casa Wróblewski, dando seguito al tragico evento che coinvolse il padre.

All’inizio del 1945, Andrzej lascia Vilnius e si trasferisce a Cracovia insieme al fratello e alla madre, che torna a insegnare arte. Consegue il diploma di maturità e si iscrive contemporaneamente a due corsi di laurea: Storia dell’arte all’Università Jagellonica e Tecniche pittoriche all’Accademia di belle arti. Grazie a una borsa di studio, nel 1947 si reca per alcuni mesi nei Paesi Bassi e visita Germania, Danimarca, Svezia e Cecoslovacchia. Carico di esperienze, torna a Cracovia dove si laurea in Storia dell’arte (nel 1952 terminerà anche il corso in Tecniche pittoriche) e debutta nel 1948 alla Prima mostra di arte moderna.

Questo il testo patriottico che scrive, utilizzato per guidare i gruppi di lavoratori durante la visita all’esposizione: «Vogliamo che i nostri quadri, appesi nelle sale comuni o nei padiglioni delle fabbriche, risollevino gli animi con la loro lucidità, aiutino nella fatica quotidiana con la loro pienezza. Vogliamo che forniscano un riposo davvero rigenerante. Vogliamo dipingere un quadro che aiuti a distinguere tra bene e male». Si vede come emerga qui l’adesione agli stereotipi di una retorica che abbandonerà poco dopo, per creare uno stile assolutamente personale, vorrei dire contemporaneo a noi che abbiamo scavalcato il millennio. Non è un caso che il successo internazionale verrà sancito dalla mostra Andrzej Wróblewski Recto / Verso (Madrid, Palacio de Velázquez, 17 novembre 2015 - 28 febbraio 2016), promossa dal Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía. Il titolo fa riferimento ai dipinti realizzati dall’artista su entrambi i lati, caratterizzati da messaggi diversi ma complementari l’uno all’altro. Le fasi del suo lavoro sanciscono infatti, in un duplice specchio, i due volti di un linguaggio pittorico che abbandona il realismo stalinista e riparte da zero (1956-1957), lanciandosi in una sperimentazione artistica che verrà, purtroppo, bruscamente interrotta dalla morte.


Esecuzione con un ragazzo (1949), Poznán Muzeum Narodowe w Poznaniu.


Bambino con la madre morta (1949), Cracovia, Muzeum Narodowe w Krakowie.

Per compiere questo percorso, un passo alla volta, lavora come assistente all’Accademia di belle arti di Cracovia e fonda il Club di autoapprendimento. Propone di distaccarsi dal “colorismo” imperante e rompere con la tradizione. Tra quelli che aderiscono al progetto ci sarà anche il futuro regista Andrzej Wajda, come lui rimasto orfano di padre durante la guerra. La ferita comune fa nascere un’amicizia profonda, e sarà proprio Wajda ad aiutarlo a realizzare la sua prima mostra personale, quando il matrimonio con Teresę Walerię Reutt e la nascita di tre figli (Kitek, Marta e Krystyna) lo portano, tra il 1954 e il 1955, a una grave crisi economica.

Con l’arrivo dei figli, colore e soggetti delle sue opere cambiano ancora. Aveva affrontato, quasi per esorcizzare il dolore della memoria, temi come quelli presenti nella serie delle Esecuzioni, successivamente inserisce nelle sue opere elementi onirici e surrealisti. Deforma il ritratto verista, rendendolo essenziale, e lo trasforma in un racconto di segni da decodificare, così da rendere carica di significati una composizione apparentemente elementare.

Come scrive Malgorzata Kitowska-Łysiak: «Wróblewski ha ideato un proprio linguaggio formale, la cui fonte era l’osservazione meticolosa della realtà. Il pittore sembra sottoporre queste osservazioni a un’interpretazione artistica, aspirando a una maggiore espressività, e raggiungendola deformando le figure e utilizzando piani sintetizzati e piatti di colore intenso che sembrano portare un significato metaforico».

Un viaggio effettuato nella ex Jugoslavia, che per lui, uomo del Nord, rappresenta il sole del Mediterraneo, quello che aveva colpito in Provenza ben altri maestri, e l’incontro con giovani artisti di cultura slava, gli apre nuovi stimoli. Scrive di questa esperienza, riempiendo il suo taccuino di ricordi.

Ma il destino pone fine ai sogni. Nella sua breve carriera ha tuttavia lavorato moltissimo, centocinquanta oli, millequattrocento disegni, svolgendo al contempo un’intensa attività di critica d’arte raccontata da oltre ottanta articoli, raccolti dalla fondazione (Fundacja Andrzeja Wróblewskiego) che oggi valorizza la memoria dell’artista.

ART E DOSSIER N. 390
ART E DOSSIER N. 390
SETTEMBRE 2021
In questo numero: SPERIMENTAZIONI: Gli smontaggi fotografici di Nino Migliori. NOVECENTO ITALIANO: Artiste e compagni. CONTRADDIZIONI MUSEALI: Humboldt Forum a Berlino. IN MOSTRA: Hirst a Roma; Impressionisti a Gallarate; Tempo barocco a Roma; Fede Galizia a Trento; Moroni ad Albino.Direttore: Claudio Pescio