Musei da conoscere
L'Humboldt Forum a Berlino

IL PALAZZO
DEL DUBBIO

L'apertura, lo scorso dicembre, dell'Humboldt Forum con l'ambizione europea di raccontale la complessità delle culture dalla prospettiva del vecchio mondo ha creato un acceso dibattito. Tanto più che l'edificio è una parziale ricostruzione dell'ex castello della dinastia degli Hohenzollern, simbolo dell'espansionismo imperialista prussiano.

Jonas Tinius

L’Europa si trova oggi in una fase più che mai delicata, costretta a confrontarsi con il compito scomodo di fare i conti con la sua difficile eredità. Come faro dell’“ex Occidente” , l’Europa ha tradito molte delle sue promesse di libertà, fraternità e uguaglianza. Il discorso pubblico europeo sembra essere segnato da profonde contraddizioni tra illuminismo e colonialità, transnazionalismo e nativismo.

Poche istituzioni incarnano le contraddittorie ambizioni moderne dell’universalismo europeo più dei suoi musei pubblici, in particolare dei musei di antropologia, spesso semplici vetrine di “Wanderlust” (letteralmente “voglia di viaggiare”) imperiale, gabinetti di curiosità e apparati di catalogazione. Forse l’esempio più pomposo, più costoso e più discusso di tali arroganti ambizioni degli ultimi decenni è l’Humboldt Forum, inaugurato lo scorso dicembre nell’ex palazzo reale della capitale della Germania, Berlino. Questo progetto nazionale è diventato un catalizzatore di dibattiti, una sorta di prisma per le tensioni e le ambiguità dell’immagine di cosmopolitismo e diversità che la Germania moderna, e l’Europa in particolare, vorrebbero proiettare di se stesse nel mondo. E racchiude tutta la goffaggine e le contraddizioni di quel processo nella sua forma più eclettica e balbettante.

L’Humboldt Forum è il nome dato alla parziale ricostruzione sontuosa dell’antica residenza della casata reale degli Hohenzollern, la cui gigantesca cripta si trova a due passi dal viale Unter den Linden, che porta all’Isola dei musei (Museumsinsel). Riunisce un certo numero di collezioni museali, tra cui il vasto Ethnologisches Museum e il Museum für Asiatische Kunst der Staatlichen Museen zu Berlin, in un collage architettonico anacronistico che sembra rendere omaggio alla nostalgia nazionale per una grandezza prussiana immaginata e passata, più che alle aspirazioni politiche della Germania di oggi. Allo stesso modo, con il diretto riferimento ai due più illustri statisti e scienziati tedeschi, i fratelli Alexander e Wilhelm von Humboldt, l’“Überbau” museologico (nel senso marxista di sovrastruttura) cerca di collegarsi alla portata transdisciplinare delle loro traiettorie intellettuali.

L’Humboldt Forum è come dicevamo una ricostruzione parziale del castello degli Hohenzollern, la residenza originale di famiglia, che dal XV secolo in poi si era lentamente estesa, fino a ospitare il più emblematico atto della brama di potere coloniale europeo, la conferenza di Berlino del 1884, momento storico in cui venne sancita la spartizione dell’Africa tra le diverse nazioni imperialiste dell’Occidente. Dopo un pesante bombardamento durante la seconda guerra mondiale, incluso nel territorio della futura e poi scomparsa Repubblica Democratica Tedesca socialista, il castello fu fatto saltare in aria dai governi al potere nel 1950. Simbolo di ambizioni imperialiste, le sue rovine lasciarono il posto a un altro emblema, questa volta di modernità socialista: il Palast der Republik, inaugurato nel 1976. Dopo la caduta del Muro, il palazzo, infestato dall’amianto e in piedi solo come un triste e disprezzato ricordo di una nazione tedesca ormai postsocialista, fu riadattato. E come molte altre cose dopo il 1989, divenne un simbolo di incertezza: sede di un governo caduto, di una visione modernista che non esisteva piu. Tanto che l’artista norvegese Lars Ø Ramberg decise di ribattezzarlo come Palazzo del dubbio ambientandovi la sua memorabile installazione del 2005 intitolata appunto Dubbio (Zweifel) .


Un gabinetto di curiosità e apparati di catalogazione


Sculture antiche esposte nella Sala delle sculture al piano terra dell’Humboldt Forum.


Un particolare della facciata.

Poco più di un decennio prima, nel 1993, l’aristocratico Wilhelm von Boddien voleva modellare la sua nostalgia prussiana su una visione idealizzata della Grecia. Seguendo un’influenza filoellenistica conservatrice, rispose al vuoto di potere proponendo una celebrazione megalomane del passato prussiano. Decise che Berlino avrebbe dovuto tornare all’ossessione prussiana di essere una “Atene sulla Sprea”.

Avvolgendo Palast der Republik (demolito poi nel 2008) con un mock-up dell’ex castello degli Hohenzollern, mise in scena quello che essenzialmente era un palazzo fantasma, progettato per riaccendere le passioni nostalgiche dei tedeschi che desideravano un ritorno alla sua antica grandezza. Dal 1993 è andata in scena una lotta politica e culturale tra la città di Berlino e il governo federale per trovare un nuovo progetto finalizzato a colmare il vuoto creatosi nell’area della Museumsinsel. La decisione di ricostruire il castello è stata presa nel 2002 e, in seguito a un concorso di progettazione vinto nel 2008 dall’italiano Franco Stella, la riedificazione è iniziata nel 2012. Il progetto, completato nel 2020, vede il ripristino di tre facciate storiche e di una moderna, quella che si affaccia verso Alexanderplatz a nord oltre la Sprea. I suoi stretti percorsi chiamati “Passagen”, che permettono uno sguardo verso i grandi musei tedeschi di arte europea dall’altra parte della Museumsinsel, sottolineano la separazione delle epistemologie: da una parte l’Occidente, dall’altra il resto. Ma ciò che è ironico è che la ricostruzione “storica” è in realtà così incompleta che alcune sezioni cruciali dell’edificio sembrano fare riferimento più alle navi pirata di un parco giochi per bambini che a un castello barocco.

Dal 2002, quando è stata presa la decisione di ricostruire il castello, il progetto che ha portato alla realizzazione dell’Humboldt Forum si è preoccupato di fornire un’immagine del luogo basata sul dialogo e l’integrazione. In realtà, però, lo stesso progetto non ha tenuto conto degli sforzi compiuti da curatori d’arte più progressisti, nella capitale e in tutto il paese, con lo scopo di non rendere esclusivo lo sguardo occidentale.

La visita virtuale al museo offre tra i contributi artistici più interessanti la bandiera nera recisa di Kang Sunkoo, struggentemente intitolata Statue of Limitations, una scultura in bronzo divisa in due pezzi: la parte inferiore è installata nell’Humboldt Forum, mentre la parte superiore nel “quartiere africano” di Wedding a nord di Berlino. Un’opera simbolica che rafforza l’impegno a confrontarsi con la violenza “legale” e le storie divise dell’imperialismo.

Ancora, l’artista multimediale nigeriano Emeka Ogboh collocherà nell’autunno di quest’anno sul tetto dell’Humboldt Forum quella che si potrebbe definire “un’interruzione polifonica”, un’opera intitolata Kosmos: una installazione sonora con dodici altoparlanti che riproduce una canzone popolare in igbo, la lingua dell’omonimo gruppo etnico africano.

Numerosissime continueranno a essere le conferenze contro-egemoniche sull’eredità coloniale prussiana e le “contro-mostre” volte a diffondere un pensiero critico non eurocentrico. Ma nessun evento cambierà o invertirà un corso che è stato inevitabile: i palazzi imperiali, i monumenti non possono essere abbattuti nella loro totalità. Molti restano in piedi, e forse adempiono a uno scopo. Rimangono come promemoria dei fantasmi e dei morti che non smettono di perseguitarci, sono creature liminali che continuano a trasudare sangue, quel sangue che macchia le mani della nostra difficile eredità.


La bandiera nera recisa di Kang Sunkoo è un'opera simbolica che rafforza l'impegno a confrontarsi con la violenza "legale" e le storie divise dell'imperialismo


Il foyer dell’Humboldt Forum.


Kang Sunkoo, Statue of Limitations (2020). La parte inferiore, qui riprodotta, si trova all’Humboldt Forum. La parte superiore nel “quartiere africano” di Wedding a nord di Berlino.

ART E DOSSIER N. 390
ART E DOSSIER N. 390
SETTEMBRE 2021
In questo numero: SPERIMENTAZIONI: Gli smontaggi fotografici di Nino Migliori. NOVECENTO ITALIANO: Artiste e compagni. CONTRADDIZIONI MUSEALI: Humboldt Forum a Berlino. IN MOSTRA: Hirst a Roma; Impressionisti a Gallarate; Tempo barocco a Roma; Fede Galizia a Trento; Moroni ad Albino.Direttore: Claudio Pescio