XXI secolo. 2
Intervista a Peter Galassi

PARALLELISMI 
NATURALI

Negli anni novanta del secolo scorso, lo sguardo dei fotografi americani è attratto dall'intimità degli interni, della vita domestica.
Istanza colta al volo da Peter Galassi - all'epoca direttore del dipartimento di fotografia del Moma - che abbiamo intervistato per approfondire l'argomento.

Francesca Orsi

Il 26 settembre 1991 al MoMA di New York veniva inaugurata la mostra Pleasures and Terrors of Domestic Comfort, a cura di Peter Galassi, che al tempo era ancora direttore del dipartimento di fotografia del museo newyorchese. L’esposizione è stata un’importante vetrina per mostrare il cambio di approccio e di prospettiva della fotografia americana nel ritrarre l’uomo, puntando l’obiettivo all’interno delle case – e non più esclusivamente sulle strade – per documentare la vita domestica delle famiglie (spesso anche quella del fotografo stesso). Con questa mostra, inoltre, assunsero valenza di “opera d’arte” immagini che spesso erano riservate esclusivamente alle pagine degli album di famiglia, istantanee che prima erano classificate tali unicamente per la loro amatorialità.

È del 1976 la mostra Photographs by William Eggleston (il famoso William Eggleston’s Guide ne è il libro/catalogo) e a ospitarla era stato proprio il MoMA, a cura di John Szarkowski, predecessore di Galassi alla direzione del dipartimento di fotografia. Eggleston espone per la prima volta le immagini a colori che l’avrebbero elevato, a ragione, al gotha della fotografia mondiale. Il colore non sarebbe stata l’unica novità per il mondo della fotografia, che aveva come riferimenti i bianchi e neri dei contemporanei Robert Frank e Garry Winogrand. Al colore si sarebbe aggiunta la natura stessa dell’immagine e di ciò che andava a rappresentare. Il lavoro di Eggleston, infatti, può essere inteso come un innovativo diario per immagini, come sottolineava lo stesso Szarkowski, mentre ripercorreva le sue origini lungo il Mississippi. Il paesaggio che ne emerge non è esclusivamente quello di un territorio, o quello sociale, ma anche e soprattutto quello interiore dell’autore che fissa la sua presenza nelle fotografie anche con tracce del suo corpo (un ginocchio o i piedi) e che alterna il suo obiettivo al di là e al di qua della porta di casa. Da Photographs by William Eggleston a Pleasures and Terrors of Domestic Comfort il passaggio è stato breve, infatti molti sono gli scatti del fotografo di Memphis nella mostra al MoMA del 1991. Ne abbiamo parlato con Peter Galassi.

Spesso una fotografia nasce da un’esigenza, da un’urgenza, quella del fotografo di comunicare qualcosa, di porsi in relazione con il mondo e con il suo linguaggio, di raccontarne i cambiamenti e le evoluzioni (storiche, estetiche, sociali, anche intime e personali). Una mostra può assumere una simile urgenza?

Senza dubbio. Ritengo che l’obiettivo di un curatore d’arte contemporanea sia vedere e apprendere quanto più possibile, provare a identificare ciò che spicca per qualità e originalità, e impegnarsi a illustrare l’evoluzione dell’arte. All’origine di Pleasures and Terrors c’era la consapevolezza che il meglio dell’opera americana recente si concentrava in larga parte sulla vita domestica osservata dall’interno. In altre parole, il focus sulla vita domestica non è stato un’idea mia, era semplicemente una tendenza che ho osservato in molti dei nostri artisti più eccelsi. Il mio compito era provare a capire e chiarire quello che stavano facendo.


Con la mostra Pleasures and Terrors of Domestic Comfort, le immagini spesso riservate ad album di famiglia assunsero la valenza di "opere d'arte"


Maude Schuyler Clay, Sarah Cross (1980), New York, MoMA - Museum of Modern Art.

Pleasures and Terrors of Domestic Comfort si compone di istantanee che documentano le molteplici sfaccettature della vita domestica, ma in alcuni casi, come in Pictures from Home di Larry Sultan o in Domestic Rituals di Mary Frey, le immagini sono situazioni messe in scena, simboli di qualcos’altro, spesso della società e delle dinamiche insite in essa. Quanto di politico e sociale c’era in questa mostra? Cosa l’ha spinta a progettare e curare Pleasures and Terrors of Domestic Comfort nel 1991?

Immagino abbia usato la parola “istantanee” per indicare un’osservazione spontanea contrapposta a un allestimento fittizio, però eviterei questo termine perché fa pensare al gesto di un amatore. Tutte le fotografie in mostra erano opere d’arte, pensate e realizzate da artisti per essere apprezzate in quanto tali (sebbene molte traessero ispirazione da istantanee amatoriali, e anche per questo mi preme sottolineare la differenza). Ma ha perfettamente ragione nel dire che le opere in mostra spaziavano dalla descrizione tradizionale e diretta di situazioni che sarebbero state identiche in assenza del fotografo a immagini dichiaratamente inventate o architettate. Il mio intento era proprio dare risalto a questa gamma, e ora le spiego il perché. L’ascesa della cosiddetta fotografia “postmodernista” negli anni Ottanta ha creato una spaccatura che si è manifestata con particolare intensità a New York. Mentre gli “artisti che usavano la fotografia” delineavano una nuova identità per la loro disciplina, nel mondo dell’arte contemporanea si è evidenziata una profonda alienazione tra quel mondo e la comunità della fotografia tradizionale. Ero fortemente convinto che entrambi i mondi presentassero opere rilevanti, e mi sentivo in dovere di indagarli tutti e due con la massima attenzione. In questo senso, Pleasures and Terrors era senz’altro una mostra polemica.

Thomas Roma, Brooklyn, New York (1990). Pittsburgh, Carnegie Museum of Art.


Mary Kocol, Christmas Window, Somerville, Massachusetts (1989).

L'indagine sull'uomo inteso nella sua individualità e soggettiva


Nel 1955, Edward Steichen, direttore del dipartimento di fotografia del MoMa in quel momento, cura The Family of Man. Una mostra che, in un certo senso, cerca di rappresentare il carattere universale dell’umanità. Pleasures and Terrors of Domestic Comfort si pone, invece, agli antipodi, concentrando la sua indagine sull’uomo inteso nella sua individualità e soggettività. Cosa, fotograficamente parlando, ha portato a questo percorso di cambiamento di prospettiva sull’uomo? 


Steichen era un fotografo straordinario, e sapeva cogliere il talento di colleghi molto più giovani come Robert Frank e Harry Callahan (le prime opere di Robert Rauschenberg a entrare in una collezione museale sono state due fotografie acquistate proprio da Steichen.) Ma dal mio punto di vista, The Family of Man era una farsa: anziché trattare i fotografi da artisti indipendenti, Steichen ne ha sfruttato le opere come materie prime per la sua grandiosa creazione posta al servizio di un messaggio morale esecrabile. In Pleasures and Terrors non ci sono messaggi morali; quelli sono di pertinenza di ogni singolo artista. 


Anche i fotografi della Farm Security Administration (FSA) nel fotografare gli effetti della Grande depressione ritrassero gli interni delle case e chi ci abitava, ma l’approccio propagandistico e il focus erano evidentemente diversi rispetto all’intenzione delle opere dei fotografi esposte nel 1991 in Pleasures and Terrors of Domestic Comfort. Ne rimane comunque qualche traccia secondo lei? 


Ha ragione nel definire la FSA un ente propagandistico: il suo obiettivo principale era sensibilizzare gli abitanti delle città sulle difficoltà della popolazione rurale, sempre sottintendendo che vi fosse un problema da affrontare. E si trattava di questioni sociali ed economiche, non personali. Molti fotografi rappresentati in Pleasures and Terrors erano più interessati a esplorare la vita degli individui. È come la differenza tra Furore di Steinbeck e la serie del Coniglio di Updike.

E rispetto a Message from the Interior di Walker Evans, pubblicato nel 1966?

Evans era uno storico, non uno psicologo. Ha imparato da Eugène Atget che il comune e l’ordinario, ossia i residui della vita quotidiana, possono evocare aspirazioni ed esperienze condivise con maggiore efficacia rispetto a eventi o personalità importanti. Questo si riflette in Message from the Interior, il primo libro di Evans ad attingere alla sua intera carriera. Non è incentrato sugli individui ma sull’idea collettiva di chi sono gli americani.


Anne Turyn, Untitled, dalla serie Illustrated Memories (1983), New York, MoMA - Museum of Modern Art.


Sage Sohier, Gordon and Jim, with Gordon’s Mother Margot, San Diego, California (1987), New York, MoMA - Museum of Modern Art.


Mary E. Frey, Women and Children During Coffee Break, dalla serie Domestic Rituals (1979-1983), New York, MoMA - Museum of Modern Art.


Melissa Ann Pinney, Marcy’s Baby Shower, dalla serie Feminine Identity (1989).

ART E DOSSIER N. 390
ART E DOSSIER N. 390
SETTEMBRE 2021
In questo numero: SPERIMENTAZIONI: Gli smontaggi fotografici di Nino Migliori. NOVECENTO ITALIANO: Artiste e compagni. CONTRADDIZIONI MUSEALI: Humboldt Forum a Berlino. IN MOSTRA: Hirst a Roma; Impressionisti a Gallarate; Tempo barocco a Roma; Fede Galizia a Trento; Moroni ad Albino.Direttore: Claudio Pescio