XXI secolo. 1
Nino Migliori

DUBBI ED ESPERIMENTI 
DI UN VISIONARIO

Non è certo che le fotografie riproducano esattamente la realtà e ne conservino la memoria. Da queste premesse Nino Migliori, alla fine degli anni quaranta, esplora il campo del linguaggio fotografico con una serie di sperimentazioni dove protagonista è il gesto e non il mezzo

Mauro Zanchi

Alla fine degli anni Quaranta, Nino Migliori inizia una serie di sperimentazioni “off-camera”. Parallelamente alle indagini socio-antropologiche e ai reportage quali Gente dell’Emilia o Gente del Sud mette in pratica anche approcci metafotografici. Realizza Autoritratti, ossidazioni parallele (1949) senza lo “strumento macchina”: il processo di sviluppo avviene bagnandosi mento, labbra, naso e polpastrelli premuti poi direttamente sul supporto sensibile della lastra fotografica. Indaga ulteriori declinazioni dell’autoritratto, porta dentro l’opera il gesto, apre l’immagine a componenti tattili, al tempo e al calore. Riflette sul mezzo, lascia spazio ai dubbi e a continue domande, rompe gli schemi della pura fotografia: l’effetto ottenuto sembra pittorico, ma in realtà si rapporta concettualmente con le ricerche di alcuni artisti internazionali del dopoguerra.

Al di là delle differenze e delle relazioni fra fotografie figurative e astratte(1), nei Pirogrammi (1948) e nelle opere di questo periodo sono volutamente visibili gli effetti e le “sporcature” della sperimentazione, la componente emozionale del gesto, che esprime l’intensità di una azione e cerca di fissarsi in immagini più visionarie. In Cliché-verre (anni Cinquanta), Migliori parte da lastre fotografiche vergini e graffia lo strato d’argento fotosensibile che le ricopre per far emergere altre apparizioni(2). Gli interessano l’informe, lo sfaldamento, la sovrapposizione, il distacco, l’ottenimento di spessori diversi - che nella stampa avrebbero dato origine a gamme di grigi e a rappresentazioni astratte legate al gesto - ma soprattutto i risultati di un processo.

In Cancellazioni (anni Cinquanta), il punto di partenza sono lastre (negativi) di altri autori anonimi o dello studio Villani di Bologna, uno degli atelier fotografici storici d’Italia. Migliori sottrae parti dell’immagine. Oltre a indagare la materia, indirizzare il gesto significa anche spostare il punto di vista, evidenziare qualcos’altro, attirare l’attenzione e di conseguenza accendere un interesse, per mezzo dell’intervento praticato, che si diversifica in base al negativo di partenza. In alcuni casi si tratta di negativi scartati dove l’immagine presente è diafana, solo accennata. In altri esempi, invece, il gesto è più “controllato” e annulla un volto, una identità, per evidenziare un dettaglio grazie alle cancellature. Oppure ne esalta la forma e i chiaroscuri, accentuando la parte grafica. O ancora, diversamente, insiste su una piccola porzione dell’immagine per aumentarne l’ambiguità e il mistero, per entrare nella sfera del perturbante.

La serie Antimemoria (1968) è costituita da una quindicina di fotografie derivanti da lastre fotografiche deteriorate. In anticipo rispetto alle questioni legate alla Found Photography e agli approcci di rilettura e di reinvenzione del medium attuate dagli anni Ottanta, attraverso questo lavoro Migliori è intenzionato a sfatare alcuni capisaldi che costituiscono l’impalcatura ideologica che si era venuta formando rispetto alla fotografia fin dalla sua invenzione, cioè la fotografia come supporto di memoria. Mette in discussione anche la sua aderenza oggettiva alla realtà, la suddivisione in generi attraverso rigide griglie interpretative, in un certo senso includendo anche la negazione dell’autorialità: la fotografia non rappresenta una memoria assoluta, non può essere costretta dentro i paletti rigidi dei generi, non ha un significato univoco(3). Quello che le si può attribuire cambia non solo rispetto all’esperienza di ogni singola persona e di conseguenza al rapporto che intrattiene con l’immagine, ma anche rispetto al tempo in cui viene vista e interpretata.


Antimemoria (1968).


Antimemoria (1968).


Apre l'immagine a componenti tattili, al tempo, al calore. Lascia spazio a dubbi e a continue domande


Autoritratti, ossidazioni parallele (1949).


Cancellazione (1955).

Nel Tempo dilatato (1974-1976), l’artista parte dal suo volto presente in una fototessera, lo sovrappone a una radiografia del suo cranio, e per passaggi successivi giunge alla materializzazione di un “memento mori”: in questa progressione contempla contemporaneamente il fluire del tempo fino alla sua inesorabile conclusione.

Per passaggi successivi giunge alla materializzazione di un "memento mori"


Polifanie (1983), invece, è un confronto ironico e giocoso con il ritratto del gallerista Giorgio Marconi: alcune fotografie vengono passate in un tagliapasta a manovella Imperia e divise in molte strisce, poi ricombinate in varie versioni(4). In qualche modo Nino Migliori utilizza - prima di Cattelan, che nel 1999 attacca con il nastro adesivo il gallerista Massimo De Carlo alla parete della sua galleria (A Perfect Day) - un registro ironico nel rapporto fra artista e gallerista, fra opera e mercato, fra attività intellettuale e necessità di mangiare col frutto del proprio lavoro.

In Ieri/oggi (1993), l’artista bolognese frantuma una vecchia lastra fotografica che raffigura un ritratto di famiglia. Poi ri-fotografa le nuove ricomposizioni dei frammenti. In successivi interventi viene stampata un’immagine dopo ogni rottura. Così l’artista mette in dubbio un documento che dovrebbe lasciare memoria di un momento unico, di particolari individui, di un determinato istante della loro storia. I vari passaggi testimoniano sia il trascorrere del tempo e il dissolversi della memoria personale, sia la perdita di significato a cui l’immagine è sottoposta se viene vista e interpretata da persone estranee al gruppo fotografato, in un altro contesto. La dislocazione e la rilettura dei frammenti ricombinati, sempre diversa e modificabile, lascia trasparire un dubbio: la fotografia è veramente un documento attendibile per lasciare traccia della memoria?

Fotografia dalla serie Ieri/oggi (1993).


Fotografia dalla serie Ieri/oggi (1993).

ART E DOSSIER N. 390
ART E DOSSIER N. 390
SETTEMBRE 2021
In questo numero: SPERIMENTAZIONI: Gli smontaggi fotografici di Nino Migliori. NOVECENTO ITALIANO: Artiste e compagni. CONTRADDIZIONI MUSEALI: Humboldt Forum a Berlino. IN MOSTRA: Hirst a Roma; Impressionisti a Gallarate; Tempo barocco a Roma; Fede Galizia a Trento; Moroni ad Albino.Direttore: Claudio Pescio