Camera con vista

nOTTURNO

di Luca Antoccia

C’è un limite alla bellezza estetica quando si mostra una guerra? C’è un limite nel raccontarne il dolore? In un’etica dell’immagine, necessaria e doverosa nell’epoca contemporanea, come riconoscerne i cedimenti? A questi e ad altri interrogativi conduce inevitabilmente più il documentario che il film di finzione, e in particolare l’ultimo docufilm di Gianfranco Rosi, Notturno (2020). 


Il regista si è installato tre anni nella zona di confine tra Siria, Iraq, Libano e nel Kurdistan liberato (nel film si parla di Raqqa e Kirkuk, ma non ci sono volutamente didascalie a orientare lo spettatore, forse per fargli sentire che ogni luogo è il centro del conflitto). E sempre tre anni Rosi ha impiegato per farsi riconoscere dalle persone e farsi accettare per esempio il diritto di filmare la sequenza iniziale, il dolore delle madri nella prigione dove hanno torturato i figli e dove li hanno persi. Rimettere in scena il dolore in questa prima sequenza ha sollevato forti resistenze da parte della critica. A nostro parere suscita perplessità anche la sequenza finale in cui i bambini, vittime di maltrattamenti, vengono interrogati a lungo davanti alla cinepresa da una maestra. In entrambe le sequenze lo spettatore è coinvolto in un dolore indicibile che forse tale deve restare o che deve essere mostrato non in modo diretto come avviene al termine della sequenza finale, quando le atrocità peggiori sono raccontate, per fortuna, inquadrando i disegni dei bambini. Ma ci sono anche le immagini della famiglia di yazidi (etnia curda non assimilata all’Islam), del ragazzo su cui si chiude il film che imbraccia il fucile per andare a caccia e sfamare i fratellini. Lì e nella sequenza che ritrae un uomo nella palude, di notte in canoa, il film raggiunge una bellezza appartata e onesta che è stata giustamente definita da Alejandro González Iñárritu una sorta di “haiku” cinematografico. Anche le immagini mute delle guerrigliere curde che ispezionano una casa, con gesti visti innumerevoli volte nei film di guerra, hanno una delicatezza femminile e un tocco rispettoso. Elementi che rivelano l’innovativa scommessa politica curda nel Rojava – la regione a maggioranza curda all’interno della Siria –, di cui giornali e libri ci hanno parlato senza poterci offrire questa sintesi di gentile forza delle ragazze che si sfilano gli anfibi, che guardano in uno schermo del telefono le immagini del conflitto dove si riflettono i loro volti, che scrutano, imbracciando le mitragliatrici, l’orizzonte.

ART E DOSSIER N. 389
ART E DOSSIER N. 389
LUGLIO-AGOSTO 2021
In questo numero: L'IBRIDO NEL LABIRINTO: Dalla parte del minotauro. NUOVI MUSEI : La Fondazione Biscozzi/Rimbaud a Lecce. SAVE ITALY: La rinascita di Pianosa. IN MOSTRA: Penone a Firenze. Leonor Fini a Trieste. Tina Modotti a Milano. Altara e Accornero a Nuoro. Il Ponte di Bassano.Direttore: Claudio Pescio