Studi e riscoperte. 1
L'ancella nera nelle raffigurazioni con Giuditta e Oloferne

GUSTO PER L’ESOTICO
O AFFERMAZIONE DI POTERE?

Nelle opere raffiguranti l'episodio biblico di Giuditta e Oloferne di artisti attivi in Veneto tra il 1490 e il 1575 circa troviamo una schiava nera. Quali sono le ragioni della sua presenza proprio in dipinti di quel periodo e con quel soggetto?

Sara Benaglia

Nell’episodio biblico di Giuditta la decapitazione del condottiero assiro avviene per mano della vedova giudea nella città palestinese di Betulia, messa sotto assedio dall’esercito di Oloferne(1). Nella Bibbia si dice che alla vedova Giuditta il marito «aveva lasciato oro e argento, schiavi e schiave».

Topica, in dipinti a soggetto Giuditta e Oloferne(2), è la presenza di una schiava nera al fianco della vedova. Tali esempi sono stati tutti prodotti da autori operanti in terra veneta tra il 1490 e il 1575 circa. Perché questa rappresentazione iconografica nasce proprio in quel periodo storico? Quali sono gli accadimenti politici o storici che hanno portato a realizzare simili raffigurazioni?

La National Gallery of Ireland, a Dublino, conserva una Giuditta con la testa di Oloferne dipinta da Andrea Mantegna nel 1495 circa. Negli ultimi anni della sua vita il pittore rientra a Mantova, dove stringe forti legami con la marchesa Isabella d’Este e dove già nel 1465-1474 aveva affrescato la Camera degli sposi, in cui sono presenti genietti e cinque serve, una delle quali è una donna nera in costume orientale. Isabella era già avvezza all’uso di schiavi dalla corte ferrarese(3). Nel maggio 1491, poco dopo il suo arrivo a Mantova, la duchessa chiese a Giorgio Brognolo, diplomatico presso i Gonzaga, di acquistare per lei a Venezia una moretta «che non habia più di quatro anni, né manco de uno e mezo» e che più «negra che possibile fosse»(4). Il fido Brognolo trovò una bambina con le caratteristiche richieste, ma asserì che non era in vendita, perché figlia di un barcaiolo. Eleonora d’Aragona, madre di Isabella, in circostanze simili aveva organizzato un trasferimento di tutta la famiglia – padre, madre incinta, figlio e figlia – a Ferrara come servi o schiavi. Isabella però non acquistava questi bambini affinché sbrigassero faccende domestiche, ma per farne una curiosità e un ornamento della corte e perché una moretta poteva divenire «la migliore buffona del mundo»(5).


L'ancella, una donna nera, è incaricata di nascondere la testa mozzata del generale assirobabilonese


La marchesa acquistava schiavi anche per il tramite di un altro servitore della corte gonzaghesca, Donato de’ Preti, mentre nel 1534 l’ammiraglio genovese Andrea Doria regalò al signore di Mantova «doi negri […] non per quel che vagliono, ma per segno di mia servitù» in cambio di condannati al remo inviati da Mantova a Genova(6).

Guardando all’opera di Mantegna, pochi anni dopo il muranese Girolamo Mocetto elaborò la sua migliore stampa nota: Giuditta con la testa di Oloferne (1500-1530). Anche qui l’ancella è una donna nera, incaricata di nascondere la testa mozzata del generale assirobabilonese. Le cortigiane veneziane e le più ragguardevoli dame del tempo avevano una predilezione per le cose esotiche e bizzarre e tenevano spesso schiave al loro servizio. Quando Isabella d’Aragona andò in sposa nel 1488 a Giangaleazzo Sforza, nella lista della compagnia che fu data al servizio della dama furono indicate «tre more bianche schiave, septe schiave nigre, tre schiavi negri»(7).

Girolamo Mocetto, Giuditta con la testa di Oloferne (1500-1530), New York, Metropolitan Museum of Art.


Andrea Mantegna, Camera degli sposi (1465-1474), oculo della volta, Mantova, Palazzo ducale, castello di San Giorgio.


Paolo Veronese, Giuditta con la testa di Oloferne (1570-1575 circa), Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Le cortigiane veneziane avevano una predilezione per le cose bizzarre e tenevano spesso schiave al loro servizio


Risale al 1570 circa la realizzazione di Giuditta con la testa di Oloferne da parte di Tiziano Vecellio, ora al Detroit Institute of Arts. Burton B. Fredericksen trovò menzione del quadro in una descrizione della collezione Gerini nel 1677, secondo cui, però, l’ancella di Giuditta sarebbe stata una vecchia, mentre in quest’opera è invece presente un paggio o una serva nera. Un’ancella mora compare anche nella Salomè con la testa di Giovanni Battista (1570 circa) nella collezione dell’arciduca Leopold Wilhelm nel 1660. In entrambe le opere di Tiziano, in basso a destra, quasi ai margini della composizione, è dunque ritratto un servo nero. La scelta di Tiziano di introdurre un soggetto dai tratti subsahariani vicino a Giuditta fu ripresa anche da Paolo Veronese in Giuditta con la testa di Oloferne (1570-1575 circa), ora al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Qui Giuditta guarda fuori dalla tela, mentre la sua ancella nera dà le spalle all’osservatore.

La relazione “vis-à-vis” delle due donne suggerisce l’inferiorità della seconda, ed è emblematica delle implicazioni esistenti tra cultura del gusto e schiavismo, tra soggetti colti del Cinquecento - le cui vite giungono a noi attraverso i dipinti, i monumenti e le istituzioni della civilizzazione europea - e subordinati, la cui nerezza pare un elemento essenziale per mettere ancor più in luce il potere bianco di chi stanno servendo(8).



Tiziano, Giuditta con la testa di Oloferne (1570 circa), Detroit, Detroit Institute of Arts.


Agostino Carracci, Ritratto di Olimpia Luna come Giuditta e Melchiorre Zoppio come Oloferne (1590-1595).


Paolo Veronese e collaboratori, Giuditta e Oloferne (1580 circa), particolare, Caen, Musée des Beaux-Arts de Caen.

ART E DOSSIER N. 389
ART E DOSSIER N. 389
LUGLIO-AGOSTO 2021
In questo numero: L'IBRIDO NEL LABIRINTO: Dalla parte del minotauro. NUOVI MUSEI : La Fondazione Biscozzi/Rimbaud a Lecce. SAVE ITALY: La rinascita di Pianosa. IN MOSTRA: Penone a Firenze. Leonor Fini a Trieste. Tina Modotti a Milano. Altara e Accornero a Nuoro. Il Ponte di Bassano.Direttore: Claudio Pescio