Ieri prima colonia penale agricola italiana (dal 1858), poi supercarcere nel 1977, quindi carcere di massima sicurezza dal 1992, è oggi, infine, un parco naturale protetto. Pianosa, piccola isola (10,2 kmq) dell’Arcipelago toscano, di fronte all’Elba, è un concentrato di bellezze naturali: acque cristalline, cale e insenature spettacolari, chilometri di vegetazione e animali in libertà, come le molte lepri (che la sera scendono fino al porto) o le berte che nidificano sullo scoglio della Scola. Tanta bellezza non è però mai stata fruibile liberamente dal visitatore esterno, prima perché la presenza del carcere vietava lo sbarco sull’isola, attorno alla quale il generale Dalla Chiesa, negli anni Settanta, aveva fatto parzialmente costruire un muro (tuttora esistente) che mutava Pianosa in una vera e propria cittadella fortificata. Abitata dai detenuti, dal personale di custodia e dai loro familiari, faceva registrare ben duemiladuecento presenze nel momento di massimo popolamento. E semi-inaccessibile anche dopo la chiusura del carcere, nel 1998, perché la gestione dell’isola è passata dall’Amministrazione penitenziaria a quella del Parco nazionale arcipelago toscano, che ha posto dei vincoli. Il Parco infatti ha istituito un’area marina protetta di un miglio attorno a Pianosa e ha limitato la libera circolazione al solo paese, non consentendo di valicare il “muro Dalla Chiesa” se non per brevi visite guidate, e a pagamento, e “confinando” i turisti giornalieri, ammessi per la visita di poche ore, sulla spiaggia di cala Giovanna, nella parte orientale dell’isola, bagnata dall’unico tratto di mare in cui è consentito immergersi. Regole cui deve attenersi anche chi ha la fortuna di poter soggiornare sull’isola, nell’unica struttura ricettiva di Pianosa, un albergo con una decina di camere ricavato nell’ex residenza del re del carcere (c’è anche un risvolto “noir”: qui, nel 1974, il re di turno fu ucciso da un detenuto di cui la vittima si fidava e che teneva al suo servizio).
Save Italy
American Art 1961-2001 a Firenze
Un paese fantasma
sul mare
Enrica Crispino
Lo spopolamento dell'isola ha avuto come conseguenza il progressivo degrado degli edifici
Il problema è che la chiusura del carcere (detenuto illustre per motivi politici, negli anni del fascismo - dal 1931 al 1935 - il futuro presidente Pertini) e la trasformazione in parco nazionale protetto dove non è permesso risiedere né acquistare un immobile - tutti o quasi gli edifici del paese appartengono al demanio - hanno finito col creare un paese fantasma. Ed è purtroppo mancato un progetto di riutilizzo e riconversione del patrimonio immobiliare che fosse capace di tutelarlo e valorizzarlo nel nuovo contesto del parco. Così, l’isola si è spopolata e tale è rimasta, con la conseguenza che quasi tutti gli edifici appaiono in uno stato di miserevole abbandono, cosa che, se da un lato ha il suo fascino, dall’altro fa crescere prepotente la voglia di vedere questo luogo tornare integro come in passato. Anche perché qui le costruzioni non sono banali, quello che resta in piedi ci mostra un insieme di strutture particolari, un tessuto urbano pressoché omogeno dallo stile eclettico ideato - in accordo con le tendenze neogotiche del tempo - dal primo direttore del carcere (fino al 1871) Giuseppe Oggero e dal suo successore (dal 1871 e per una dozzina d’anni), il reggiano Leopoldo Ponticelli, appassionato di architettura.
Ora, sarebbe bello e opportuno che questo patrimonio architettonico, che fa di Pianosa un unicum nel panorama delle isole dell’Arcipelago toscano, venisse valorizzato. Tra l’altro, gli edifici restaurati farebbero da pendant ad altri motivi di interesse storico-artistico, come i resti (visitabili) di una villa romana (la cosiddetta villa di Agrippa o Bagni di Agrippa), o le catacombe del III-IV secolo (proprietà dello Stato vaticano). Invece, forse perché gli interessi e le competenze in gioco sono più di uno - nell’amministrazione dell’isola hanno voce in capitolo il demanio, il Parco nazionale arcipelago toscano, il Comune di Campo nell’Elba e l’Amministrazione penitenziaria, che vigila su un gruppo di detenuti in semilibertà del carcere di Porto Azzurro (Elba) impiegati nell’accoglienza, nella ristorazione, nella coltivazione degli orti e in lavori di manutenzione, secondo un progetto di riabilitazione e reinserimento -, lo stato di abbandono e di degrado del paese permane. Tra le poche eccezioni che lasciano immaginare cosa potrebbe diventare l’isola, dopo aver riportato all’antico assetto i suoi edifici (alcuni meritevoli interventi sono stati fatti a cura dell’Associazione per la difesa dell’isola di Pianosa), una, affascinante, è la cosiddetta Casa dell’agronomo, fresca di restauro, con destinazione Ecomuseo del territorio, che il demanio aveva assegnato per la cura e il recupero al Parco nazionale arcipelago toscano.
Manca un progetto di riutilizzo e riconversione del patrimonio immobiliare capace di tutelarlo e valorizzarlo nel nuovo contesto del Parco nazionale Arcipelago Toscano
ART E DOSSIER N. 389
LUGLIO-AGOSTO 2021
In questo numero: L'IBRIDO NEL LABIRINTO: Dalla parte del minotauro. NUOVI MUSEI : La Fondazione Biscozzi/Rimbaud a Lecce. SAVE ITALY: La rinascita di Pianosa. IN MOSTRA: Penone a Firenze. Leonor Fini a Trieste. Tina Modotti a Milano. Altara e Accornero a Nuoro. Il Ponte di Bassano.Direttore: Claudio Pescio