Save Italy
American Art 1961-2001 a Firenze

Un paese fantasma
sul mare

Enrica Crispino

Non più carcere da ventitre anni, giustamente trasformata in area protetta, l'isola di Pianosa, nell'arcipelago Toscano, rischia il totale abbandono del suo ricco e prezioso patrimonio immobiliare, nonostante alcuni progetti di recupero del contesto urbano ottocentesco e di valorizzazione museale.

Ieri prima colonia penale agricola italiana (dal 1858), poi supercarcere nel 1977, quindi carcere di massima sicurezza dal 1992, è oggi, infine, un parco naturale protetto. Pianosa, piccola isola (10,2 kmq) dell’Arcipelago toscano, di fronte all’Elba, è un concentrato di bellezze naturali: acque cristalline, cale e insenature spettacolari, chilometri di vegetazione e animali in libertà, come le molte lepri (che la sera scendono fino al porto) o le berte che nidificano sullo scoglio della Scola. Tanta bellezza non è però mai stata fruibile liberamente dal visitatore esterno, prima perché la presenza del carcere vietava lo sbarco sull’isola, attorno alla quale il generale Dalla Chiesa, negli anni Settanta, aveva fatto parzialmente costruire un muro (tuttora esistente) che mutava Pianosa in una vera e propria cittadella fortificata. Abitata dai detenuti, dal personale di custodia e dai loro familiari, faceva registrare ben duemiladuecento presenze nel momento di massimo popolamento. E semi-inaccessibile anche dopo la chiusura del carcere, nel 1998, perché la gestione dell’isola è passata dall’Amministrazione penitenziaria a quella del Parco nazionale arcipelago toscano, che ha posto dei vincoli. Il Parco infatti ha istituito un’area marina protetta di un miglio attorno a Pianosa e ha limitato la libera circolazione al solo paese, non consentendo di valicare il “muro Dalla Chiesa” se non per brevi visite guidate, e a pagamento, e “confinando” i turisti giornalieri, ammessi per la visita di poche ore, sulla spiaggia di cala Giovanna, nella parte orientale dell’isola, bagnata dall’unico tratto di mare in cui è consentito immergersi. Regole cui deve attenersi anche chi ha la fortuna di poter soggiornare sull’isola, nell’unica struttura ricettiva di Pianosa, un albergo con una decina di camere ricavato nell’ex residenza del  re del carcere (c’è anche un risvolto “noir”: qui, nel 1974, il  re di turno fu ucciso da un detenuto di cui la vittima si fidava e che teneva al suo servizio).

Immagine dello stato di degrado del forte Teglia, architettura simbolo dell’isola, concepita, nella sua fase iniziale, da Napoleone.


Immagine dello stato di degrado del forte Teglia, architettura simbolo dell’isola, concepita, nella sua fase iniziale, da Napoleone.

Lo spopolamento dell'isola ha avuto come conseguenza il progressivo degrado degli edifici


Il problema è che la chiusura del carcere (detenuto illustre per motivi politici, negli anni del fascismo - dal 1931 al 1935 - il futuro presidente Pertini) e la trasformazione in parco nazionale protetto dove non è permesso risiedere né acquistare un immobile - tutti o quasi gli edifici del paese appartengono al demanio - hanno finito col creare un paese fantasma. Ed è purtroppo mancato un progetto di riutilizzo e riconversione del patrimonio immobiliare che fosse capace di tutelarlo e valorizzarlo nel nuovo contesto del parco. Così, l’isola si è spopolata e tale è rimasta, con la conseguenza che quasi tutti gli edifici appaiono in uno stato di miserevole abbandono, cosa che, se da un lato ha il suo fascino, dall’altro fa crescere prepotente la voglia di vedere questo luogo tornare integro come in passato. Anche perché qui le costruzioni non sono banali, quello che resta in piedi ci mostra un insieme di strutture particolari, un tessuto urbano pressoché omogeno dallo stile eclettico ideato - in accordo con le tendenze neogotiche del tempo - dal primo direttore del carcere (fino al 1871) Giuseppe Oggero e dal suo successore (dal 1871 e per una dozzina d’anni), il reggiano Leopoldo Ponticelli, appassionato di architettura.

Ora, sarebbe bello e opportuno che questo patrimonio architettonico, che fa di Pianosa un unicum nel panorama delle isole dell’Arcipelago toscano, venisse valorizzato. Tra l’altro, gli edifici restaurati farebbero da pendant ad altri motivi di interesse storico-artistico, come i resti (visitabili) di una villa romana (la cosiddetta villa di Agrippa o Bagni di Agrippa), o le catacombe del III-IV secolo (proprietà dello Stato vaticano). Invece, forse perché gli interessi e le competenze in gioco sono più di uno - nell’amministrazione dell’isola hanno voce in capitolo il demanio, il Parco nazionale arcipelago toscano, il Comune di Campo nell’Elba e l’Amministrazione penitenziaria, che vigila su un gruppo di detenuti in semilibertà del carcere di Porto Azzurro (Elba) impiegati nell’accoglienza, nella ristorazione, nella coltivazione degli orti e in lavori di manutenzione, secondo un progetto di riabilitazione e reinserimento -, lo stato di abbandono e di degrado del paese permane. Tra le poche eccezioni che lasciano immaginare cosa potrebbe diventare l’isola, dopo aver riportato all’antico assetto i suoi edifici (alcuni meritevoli interventi sono stati fatti a cura dell’Associazione per la difesa dell’isola di Pianosa), una, affascinante, è la cosiddetta Casa dell’agronomo, fresca di restauro, con destinazione Ecomuseo del territorio, che il demanio aveva assegnato per la cura e il recupero al Parco nazionale arcipelago toscano.


Ancora un’immagine del forte Teglia, visibilmente rovinato.

Ma gli esempi da portare sarebbero tanti, a ogni angolo spunta un edificio merlato di notevole interesse. Uno su tutti, il forte Teglia, l’architettura che più di ogni altra caratterizza l’isola con la sua massiccia mole coronata da merli su buona parte del complesso. Struttura composita, concepita da Napoleone, nella sua fase iniziale, a fini eminentemente difensivi (l’isola era contesa all’epoca tra francesi e inglesi), presenta corpi di fabbrica addossati tra loro, che si articolano su piani sfalsati. La parte settentrionale, la più antica, a picco sul mare, termina con un parapetto su cui è collocata una statua della Madonna eretta nel 1986, in occasione della visita di madre Teresa di Calcutta al carcere di Pianosa. La parte centrale è anche questa ottocentesca, ma del periodo granducale post-Restaurazione, mentre il lato occidentale, sempre ottocentesco, risultava compiuto alla fine del secolo. Chiuso da una cortina muraria semicircolare che ospita una grande terrazza, ha alla base una fontana con vasca preceduta da una grande àncora in bronzo. 

Qualcosa, come si è detto, comincia a muoversi. L’interesse per questa bella isola è testimoniato anche dalla recentissima (agosto 2020) inaugurazione del Museo delle scienze geologiche e archeologiche ospitato nell’immobile dell’ex direzione del carcere. E c’è inoltre uno stanziamento ancora più recente (fine 2020) di 1,3 milioni di euro, varato dal ministro della Cultura Dario Franceschini, che riguarda il progetto di un esteso Parco archeologico, col corollario di opere di restauro e messa in sicurezza delle strutture di particolare interesse storico. 

Insomma, chissà se un giorno non troppo lontano si riuscirà a far diventare il paese fantasma un piccolo salotto con uso di mare. Ovviamente non aperto a un selvaggio turismo di massa ma nell’ottica di un turismo sostenibile. È quello che ci auguriamo di cuore.


Manca un progetto di riutilizzo e riconversione del patrimonio immobiliare capace di tutelarlo e valorizzarlo nel nuovo contesto del Parco nazionale Arcipelago Toscano

ART E DOSSIER N. 389
ART E DOSSIER N. 389
LUGLIO-AGOSTO 2021
In questo numero: L'IBRIDO NEL LABIRINTO: Dalla parte del minotauro. NUOVI MUSEI : La Fondazione Biscozzi/Rimbaud a Lecce. SAVE ITALY: La rinascita di Pianosa. IN MOSTRA: Penone a Firenze. Leonor Fini a Trieste. Tina Modotti a Milano. Altara e Accornero a Nuoro. Il Ponte di Bassano.Direttore: Claudio Pescio